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Il ritorno del rap old school: la fine dell’ondata 2016 e la rinascita dei pionieri

La bolla del 2016 sembra completamente scoppiata e il pubblico si sta di nuovo avvicinando a un tipo di linguaggio rap più consapevole, attraverso i pionieri.
A cura di Vincenzo Nasto
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Marracash, Fabri Fibra, Luché, Gué Pequeno
Marracash, Fabri Fibra, Luché, Gué Pequeno

Siamo al punto di rottura. E non lo suggerisce solo il mercato, negli ascolti del pubblico e nella nuova attenzione dell'industria ai veterani della scena rap italiana. Il successo di progetti come "Noi, loro e gli altri", "Gvesvs", "Flop", "Virus", ma anche "Dove volano le aquile", "Caos", "Exuvia" e "Black Pulcinella", ha lanciato campanelli d'allarme alla generazione 2016 del rap italiano, ormai con destini diversi da ciò che in molti avevano previsto. All'appello sembrano rispondere solo il trio Rkomi – Sfera Ebbasta – Lazza, uno con il disco più venduto del 2021, "Taxi Driver", l'altro in partenza verso lidi sudamericani con l'Ep "Italiano", in collaborazione con il producer giamaicano Rvssian e infine il figlio di Milano con "Sirio". Discorso diverso per le opere di Ernia, che ha visto in "Gemelli" un continuum rap che accarezza il pop, senza lasciarsi troppo andare alla faciloneria.

La nuova wave

Nel frattempo, la nuova generazione sembra aver molta più difficoltà nell'imporsi nel panorama, tranne per i ragazzi di San Siro e Lecco, come Rondodasosa e Baby Gang, parte di una narrazione mediatica che osserva più il loro background personale che la qualità della musica pubblicata. Per una scena che sembra immobile, si impongono alcuni riferimenti che fanno parlare di sé: da Geolier a J Lord, a Paky e Rhove, senza dimenticare la SLF e Bresh. Una questione tutta al maschile? Non questa volta, visto l'uragano Madame che si è abbattuto nella discografia italiana: da tenere d'occhio c'è sicuramente Big Mama, ma non solo.

Ciò che salta all'occhio anche a un pubblico distante dalla scena è l'evoluzione dei codici linguistici, qualcosa che era avvenuto già nel 2016, e che aveva allontanato una larga porzione di fan, per raccoglierne di più giovani. Un processo che aveva abbassato notevolmente l'età del pubblico target, partecipando anche alla creazione di un immaginario diverso, che si è poi espanso a valanga anche attraverso l'unione delle piattaforme di streaming e i social, contenitori di numeri utilizzati per raccontare il successo del rap italiano. Un messaggio che pian piano si è unificato, perdendo d'interesse e raccogliendo sempre meno favore del pubblico. Tra i punti più alti anche a livello artistico, toccati dalla generazione 2016, c'è sicuramente l'album d'esordio di tha Supreme, una cifra stilistica e musicale unica, che ha conquistato il mercato discografico anche con un evidente mancanza di contesto linguistico per un pubblico più adulto. Poi l'arrivo della pandemia, la riflessione e l'alienazione che hanno violato in maniera rapida quella bolla di semplificazione dei temi, riportando il pubblico a uno stato più consapevole dei messaggi di cui usufruiva.

A raccogliere per primo il testimone, non poteva che essere Marracash. L'uomo del rap italiano solo pochi mesi prima aveva analizzato sé stesso, come Ingmar Bergman, in "Persona". Un successo assoluto, che risaliva nelle posizioni della classifica Fimi parallelamente alla riscoperta del pubblico di metriche e rime. Non un rimpasto di ciò che avveniva in passato, ma una nuova formula letteraria che desse ossigeno al racconto, non più monostrato. Anche se con qualche episodio dalle origini discografiche più che autoriali, "Persona" ha rappresentato la ripartenza di un certo modo di fare rap. A questa lista non si può che aggiungere anche "Potere" di Luché, uno dei progetti più iconici del rapper di Marianella, ex Co'Sang, un racconto musicale e autobiografico che ha aperto le braccia alla sua visione, regalando qualche anno prima le sensazioni avute nei primi passi di "Dove Volano le aquile".

Da lì un continuo crescendo: "Solo tutto" di Massimo Pericolo, "Madame" della cantante vicentina, ma anche "Flop" di Salmo, "Gvesvs" di Guè, "Noi loro e gli altri" di Marracash e "Medioego" di Inoki. Le parole ritornano al centro del villaggio del rap italiano, le riflessioni e le analisi diventano il racconto di un disagio generazionale, e i "martellanti dubbi" su ciò che ne sarà della cultura rap italiana cominciano a schiarirsi, con il sole che sembra uscire dietro alle nuvole. In questo scenario, oltre all'exploit di dischi come "Obe" di Mace e "Blu celeste" di Blanco che regalano nuove sfumature all'urban italiano, escono dischi come "Emanuele" di Geolier, "Salvatore" di Paky, ma anche "We the squad vol.1" del collettivo campano SLF, "Oro blu" di Bresh e "No money, more love" di J Lord. Ma se ci dovesse essere un disco a dimostra il cambio di passo rispetto al passato, anche per l'attesa e il riscontro del pubblico, i titoli non possono che essere per Fabri Fibra e il suo "Caos". Un album che musicalmente non presta l'orecchio alle musicalità drill Uk e francesi che per lo più stanno muovendo il mercato degli streaming, ma che riequilibra il rapporto tra il rhyming e l'apporto musicale al progetto. Ritorna dopo anni la dimensione del live e incominciano, in maniera quasi naturale, a cadere alcuni palazzi di sabbia che avevano stazionato nelle classifiche Fimi.

Come già affermato dai Sottotono, ritornati con un progetto come "Originali" a 20 anni dall'ultima uscita, il pubblico sta ritornando a scoprire la musica hip hop, non il suo effetto osmosi nell'industria musicale. L'urban e la sua declinazione rap ritornano a essere un resoconto di ciò che il pubblico più giovane sta affrontando, un percorso in cui l'egotrip è forma del messaggio, ma non il suo contenuto finale. Sembra di essere arrivati alla riscoperta dell'arte, un processo che ha tardato ad arrivare anche perché non si è udito lo scoppio della bolla 2016, che grande lustro ha dato alla scena, lasciandosi poi corrompere dalla monodimensionalità dei contenuti. L'hip hop non è precipitato ma attenti a scorgersi, una sua mancata evoluzione potrebbe far ritornare tutto ai tempi bui pre-2010. Una sconfitta inaccettabile dopo gli incredibili passi in avanti degli ultimi 12 anni.

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