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La guida a Gvesvs di Guè, il contrasto tra FastLife e solitudine: potrebbe essere l’ultimo disco?

A sei mesi di distanza da “FastLife vol.4” e a un anno da “Mr.Fini”, Gué ritorna con il suo nuovo progetto “Gvesvs”: potrebbe essere l’ultimo?
A cura di Vincenzo Nasto
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"La felicità è la bugia del secolo, fai finta di essere contento e dei tristi ti seguono". Dobbiamo arrivare alla settima traccia per conoscere la verità, per comprendere (se ancora ce ne fosse bisogno) il mood di "Gvesvs", il nuovo disco di Guè Pequeno pubblicato venerdì10 dicembre. Dopo aver affisso per Milano la sua immagine incoronata lo scorso 28 novembre, il rapper milanese che solo pochi mesi fa aveva pubblicato la quarta edizione del suo "FastLife", annuncia "Gvesvs". Troppi i riferimenti alla figura di Gesù lungo tutta la sua carriera per Guè, dalla data di nascita del 25 dicembre, a intere strofe in brani in cui il cantante ha metaforicamente parlato della sua vita come una versione più urban del profeta. Una scelta che stilisticamente ha sempre posto il rapper come faro di un racconto, con brani come "Figlio di Dio" e "Il ragazzo d'oro" o come la più recente collaborazione con Salmo in "Flop" nel brano "YHWH". "Gvesvs" rappresenta anche il saggio della maturità per Gué Pequeno, un lavoro che chiude un 2021 in cui ha annunciato il suo nuovo ruolo da padre e in cui ha tolto la formula "Pequeno" dal suo nome d'arte.

Per raccontare meglio la nascita del progetto, Guè ha lasciato alcuni indizi in giro: il primo non poteva che essere "Too old to die Young". Il brano, il primo singolo che ha anticipato il disco, parte della colonna sonora della serie tv Netflix "Zero", è stato prodotto da Shablo e rappresenta l'outro del disco. Un brano significativo anche perché annuncia la nuova isola urban del rapper milanese, una dimensione in cui Guè incomincia a guardare al passato, alla strada, con un occhio diverso. È quasi rassegnato al dualismo tra la fama e la solitudine, tra ciò che ha creato e la morte, che diventa un nemico sempre più presente nelle sue strofe. La citazione a "Nella luce delle 6″ di Neffa simboleggia anche i primi brani con cui il cantante si è dovuto confrontare nel suo contatto con l'hip hop italiano, una terra di mezzo conquistata, con un linguaggio diventato anche parte del manuale per i nuovi adepti del genere. Un personaggio di una serie tv crime tra i quartieri di Milano: è la sua FastLife, è la sua vita. Le produzioni sono di Shablo, Night Skinny, 2nd Roof, dj Shocca e 6ixpm.

Il secondo indizio su ciò che sarebbe stato "Gvesvs" ci arriva direttamente dal rapper milanese, che a pochi giorni dalla sua pubblicazione, ha mostrato al mondo il making of del progetto. Un viaggio in Grecia con Andrea Ferrara, il vero nome del producer 6ixPm, parte del collettivo 2nd Roof, ma non solo. Al suo fianco anche Shablo, direttore artistico e uomo ovunque del progetto, come si vede nelle scene filmate. Dalla scelta della intro che capita sulla produzione di Dj Shocca, a "Piango sulla Lambo" con Rose Villain, il tocco di 6ixPm al progetto è evidente e non si limita solo alle produzioni. Negli otto mini episodi da tre minuti circa, Guè apre a una nuova stagione della sua vita artistica: ancora più vicino alla perfezione stilistica, le sue citazioni e il suo stile sono un manuale da cui apprendere a piene mani. E arrivati a "Gvesvs", stiamo toccando forse le vette più alte, liricamente parlando: come mostrato anche in "Mr Fini", il tema della fine si avvicina sempre di più e la sensazione di quiete prima della tempesta, dona un'aria malinconica a più di una metà del progetto. Leggendo i featuring, non possiamo avere dubbi: si passa dalla leggenda rap di Miami, the "Big Boss" Rick Ross, a Geolier, Marracash e Salmo. Tutt'altro mood si raggiunge nei brani con Rose Villain, Ernia, Coez, Elisa, Ketama e Franco 126: due esperimenti interessanti, che si rifanno più alla voglia di confrontarsi con le nuove influenze musicali sono il brano "Sponsor" con Dutchavelli e "Nicolas Cage" con la leggenda newyorkese Jadakiss.

Gvesvs in copertina, con le immagini firmate da Giorgio Di Salvo, Guè in una delle sue migliori versioni nel disco. Il confronto sulla maturità lirica dell'artista, anche in freestyle come "La G, La U, La E pt.2", è possibile osservarla già saltando indietro nel tempo a "Il ragazzo d'oro" del 2011, dove è contenuta la parte 1 del singolo. Una connessione tra le due canzoni è possibile solo attraverso la Unlimited Struggle, una delle crew hip hop italiane più importanti della nostra storia urban, che nel 2011 aveva visto Zonta produrre la traccia, mentre 10 anni dopo arriva il leggendario DJ Shocca. Avanti e indietro nel tempo, Gué ritorna nel brano anche a "Vero" con la citazione a "Fuso Orario" quando canta: "Leggendario in ogni fuso orario, un sicario, la voce in ogni stereo, ogni barrio". È il ritornello a imporsi sul progetto, e direttamente su tutta la scena rap italiana: "Chi è il primo italiano coi Rollie veri ad avere un conto a sei zeri? Chi ha ispirato generazioni e i rapper di ’sti quartieri? La street più ben disegnata, la bitch più desiderata. Il cinema di strada, la meglio droga cantata, Gué".

Poi finalmente "Gangstar of Love" con Rick Ross, una delle tracce più attese del disco. Su un beat con vibe californiana, i due artisti raccontano la "bella vita": l'ideale del pesce crudo e la cocaina, le unghie striscianti sul cellulare e l'azzurro del mediterraneo. Guè fotografa una giornata in costa e il lusso in ogni suo dettaglio più kitsch, passando poi la palla a Rick Ross: la south vibe scorre come acqua dalla fonte tra i suoi incastri. Risalta la citazione a "Push it to the limit" prodotta da Giorgio Moroder e alla Ferrari Testarossa, simbolo di un'egemonia dello stile italiano nella cultura americana dagli anni '80 in poi. Arriva forse uno dei brani più radiofonici del disco: stiamo parlando di "Piango sulla lambo". A un anno dal successo di "Chico", Guè e Rose Villain ritornano insieme sulla traccia: la voce della cantante richiama quella di Imogean Heap e della sua "Hide and Seek". Ritorna il dilemma della fama che fagocita il resto, anche le emozioni e i rapporti: il contrasto tra la ricchezza e la solitudine diventa la figura attorno a cui ruota buona parte del disco, un'espressione sempre più contraddittoria man mano che si alternano le tracce.

Servivano i pezzi banger? Eccoveli serviti. Di "Blitz" con Geolier e "Daytona" con Marracash si può dire una cosa: preparate i club, preparate le discoteche, perché questi cinque minuti di musica sono per voi. L'immagine della donna in vetrina, la fascinazione della conquista e del possesso si raccolgono nella strofa: "Lei vende il fisico come prima dello streaming, costume in squame di squalo, degli scostumati la lumano è squallido". Poi il ritorno della strada, con le sue immagini violente, con le sue armi a comporre il mosaico: prima la calibro 9, poi la strofa di Geolier. Il modo così reale e intuitivo, le immagini così vivide e cruente della criminalità, lo slang e il "pensiero di strada" dell'artista campano raccolgono una sfida estremamente ardua: riuscire a far risultare credibile qualcosa, dopo anni in cui la scena ha descritto una criminalità videoludica. Lo storytelling è selvaggio e il messaggio finale diventa iconico nella proiezione della criminalità descritta da Geolier: "A maggior parte d"e vote ca se fa ‘e 7 ‘a matina, traseno, irrompono ‘int"a casa. Puntano ‘e pistole, alluccano e tu te pienze ca te vonno accidere, no? E ‘a frase cchiù bella ca può sentì è: Polizia". Dopo il successo di "Love" in "Noi, Loro e Gli Altri", la coppia Marracash-Guè torna in "Daytona" e lo fa con uno tra i migliori ritornelli dell'anno. Appena termina la canzone, è normale chiedersi quando avverrà la magia: riusciremo ad assistere a un "Santeria pt.2"?

Si arriva a "Veleno", in cui compaiono anche le voci di Rose Villain e Marracash, in un brano in cui il rapper cita anche Kanye West e la sua "Diamonds from Sierra Leone": "Ah, baby, non sei nel business, no, baby, tu sei il business, ah". Il brano è un concentrato di tecnica dove appare la citazione a "Lost in translation" di Sofia Coppola, un must dei lavori di Guè, dove la sua incredibile cultura cinematografica viene utilizzata come tappeto narrativo per le avventure raccontate. Come accaduto in "Mr Fini", arriva il momento della consapevolezza del rapper milanese, che in "Nessuno" con Coez, registra l'ennesimo capolavoro di storytelling: una confessione a cuore aperto in cui l'immagine della FastLife si ribalta, si sgretola come la pellicola di una fotocamera sotto la luce della verità. A cadere non è il velo di finzione, ma la mera consapevolezza che le rinunce d'affetto e di una vita stabile stanno incominciando a pesare nella sua vita. In sottofondo potrebbe partire benissimo "Dubbi" del collega Marracash, che con un altro sguardo e un altro linguaggio, ha saputo raccontare l'instabilità della vita d'artista.

Cosa manca, se non l'amore? Arriva "Futura Ex" con Ernia e subito si capisce perché i due sembrano essere usciti dallo stesso posto, con lo stesso smoking. Guè canta: "Dio è sordo, Dio è il soldo, io stavolta non risorgo, anche se sono nato nel suo stesso giorno. C'è l'inferno nel soggiorno: ipnosi, vodka liscia e porno, psicosi da capricorno, non spengo il cervello manco quando dormo". Anche nella solitudine, Dio varia la sua forma come una matrioska nella vita di Guè, mentre Ernia sottolinea i tre momenti della relazione, tutti indirizzati alla noia, prerogativa principale per non legarsi a nessuno. Ritorna il conflitto genitoriale, come in altre tracce del disco: la figura del padre è descritta sempre con una grande enfasi da parte del rapper, una morte che ha lasciato desideri contrastanti, ma che soprattutto lo ha lasciato solo.

Saltato lo skit di "Cose non sane" si arriva a uno dei momenti più alti del progetto: senza ombra di dubbio, la collaborazione con Elisa in "Senza sogni" lascia aperta una nuova dimensione musicale per il cantante. L'altezza della lirica, la voce di Elisa che riesce a contrastare il ritmo lento del rapper, una melodia di soffi e archi che rendono iconico il brano. La pacatezza mentale del rapper comincia a traballare, con una discesa agli inferi, liricamente parlando, in grado di essere risollevata solo attraverso il ritornello della cantante triestina: "Chi realizza i sogni a volte, no, non sogna più, e chi si sente solo a volte no non piange più. Se ti dicessi che io non sono quel che vedi e se tu mi credessi, te lo direi perché non ho freni. Perché non ho freni, non ho freni". Il mood cala ancora di più, vertiginosamente si ritorna al boom bap con "Lunedì Blu" in collaborazione con Salmo: sembra di essere ritornati all'esordio urban di Salmo con "The Island Chainsaw Massacre". Il brano è apertamente un attacco alle mode attuali, alle divisioni sociali e alla loro declinazione social, dal teorema della rana bollita di Noam Chomsky a quello del politicamente corretto: "Sogno che vi svegliate senza soldi, la rana bollita di Noam Chomsky, ignoranti abituati ad obbedire ad altri stronzi. La dittatura del tutto corretto a tutti i costi, solo per risonanza difendi una minoranza, ma sei un minorato rinomato, bitch, arigato".

Si arriva alle ultime quattro tracce del brano: se la doppietta "Sponsor" e "Nicolas Cage" entrano di diritto nella top 10 dei brani di rapper italiani con artisti stranieri, il merito è anche delle produzioni di 6ixPm. Soprattutto in "Sponsor", Guè si impone con autorità su un beat drill costruito su misura dal producer campano: le tendenze cambiano, ma equilibrato e pronto come nessuno, riesce a intercettarle, aumentando il proprio bagaglio anche melodico. Di melodie e vocals bisogna per forza parlare quando osserviamo "Domai" con Ketama 126, ma soprattutto "Fredda, Triste, Pericolosa" con Franco 126. Impressiona il cantato di entrambi gli ospiti del disco, con una maggior attenzione su quello di Franco 126, che attraverso il suo ritornello, cerca di tirare le somme alle esperienze raccontate da Gué. Un brano "alla Califano", un tentativo di riportare quel tipo di racconto musicale, accompagnata dalla chitarra di 6ixPm. Come raccontato anche da Franco 126 su Esse Magazine: "Il giro, molto scuro e malinconico, aveva un'atmosfera simile a quella delle ballad metal degli anni ‘90, mentre la melodia mi riportava ad alcuni pezzi della tradizione cantautorale italiana. La prima versione del testo che ho scritto parlava di amore, ma Guè aveva in mente di spostare il tiro su temi più esistenziali, e il brano ha preso quindi un'altra forma. La parte di Guè mi ha ricordato, per certi versi, alcuni suoi pezzi iconici come Ti ricordi? e Fuori orario e ha quella inconfondibile vena conscious e introspettiva che è uno dei suoi lati artistici che preferisco".

In definitiva "Gvesvs" allarga ancora di più i riferimenti culturali raccontati attraverso la musica di Gué, una libreria cinematografica e musicale che salta dall'abito gessato dei gangster prima dell'esecuzione alla camicia larga, estiva, con in visto una collana d'oro sulle spiagge di Miami. Un contorno così ampio, così dettagliato nei suoi fotogrammi e nelle sue immagini mentali, che riescono a trasportarti in un mondo parallelo, come i film di Quentin Tarantino e Wes Anderson. Con loro condivide una scelta maniacale dei colori e delle brutalità visive, uno stile così personale da essere unico, anche in un paese che sopravvive nel genere con un'appropriazione culturale di massa. "Gvesus" è una citazione alla sua vita passata, ma impone una riflessione su ciò che accadrà nella sua musica futura: raggiunto questo livello di maturità, personale prima che musicale, quanto di tutto questo potrà ritornare in un futuro progetto? Bisogna seriamente pensare all'eredità artistica enorme lasciataci da Cosimo Fini, e "Gvesvs", se possibile, riesce a fare anche meglio dei suoi predecessori. Potrebbe essere "Gvesvs" l'ultimo album di Guè?

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