Fabri Fibra torna con Caos e fa pace con il suo passato: la guida al nuovo album
"Ma c’hai 45 anni e ancora rappi?". Potrebbe essere partito tutto da una provocazione del genere, da un incontro di luoghi comuni che idealizzano la distanza tra ciò che è stato Fabri Fibra, nome d'arte di Fabrizio Tarducci, per la scena rap italiana, e ciò che è diventata la stessa scena negli ultimi sei anni. "Quando droppi il disco? Sono cinque anni che ti aspettiamo". L'attesa, come per ogni artista, ha un valore, soprattutto per Fibra che arrivato al decimo disco della sua carriera con "Caos", non ha avuto dubbi su quanto si dovesse aspettare per un progetto del genere. Non sorprende allora la lettura che ha voluto dare all'album, un "caos" interiore da catalogare: solito processo di scrittura distribuito in tre anni. Forse mai come questa volta, Fibra ha lasciato a sé stesso il tempo di prendere le decisioni per un album personale, il primo in Sony: "Quando il disco piace a me, so che piacerà anche a chi mi segue. Molti mi hanno fatto notare che non esce un mio disco da cinque anni. Io ringrazio ogni singolo giorno di questi cinque anni perché sono serviti a darmi gli stimoli e le idee per scrivere nuovi testi".
E se il riassunto di tutto il Fibra-pensiero si potesse trarre già dalla copertina? Un uomo con le sue insicurezze, che cammina da solo nella propria direzione. A bagnare i suoi passi la spiaggia e il mare di Grado a Trieste, un'immagine che evoca anche un'altra lettura del disco: potrebbe essere questa la via dell'abbandono? Arrivato al decimo disco nella sua carriera discografica Fibra non ha più il bisogno di confermare la sua posizione nella scena, ritagliatasi negli anni, e un disco così personale potrebbe preannunciare anche un addio. "Caos" diventerebbe l'ultimo pezzo di puzzle per completare un mosaico, che piaccia o meno, ha imperversato nella discografia italiana dal 2002 con "Turbe giovanili", aprendo la strada del mainstream a un genere che con la tradizione melodica del pubblico italiana strideva tantissimo. Altri tempi, altre epoche, altri vissuti che hanno portato nel 2006 il rap in prima posizione in classifica con "Tradimento". Fibra ha fatto 16 anni prima ciò che oggi ci sembra così ovvio.
Uno dei più grandi rimpianti di Fibra è non aver colto l'occasione, alcune volte, di essere maggiormente compreso. Le sue doti, già nel 2007 alle "Invasioni Barbariche" di Daria Bignardi, erano ampiamente visibili al pubblico ma anche a Umberto Galimberti, che riconobbe la riflessione sul disagio giovanile che Fibra raccontava, una dimostrazione di lettura del proprio pubblico e dei propri tempi. Con tre anni di scrittura e preparazione, Fibra ha voluto che "Caos" venisse recepito in una sola direzione: la sua. E anche per questo, la scelta di un enhanced album in collaborazione con Spotify, in cui il rapper spiega ognuna delle 17 tracce del disco. Altra chicca nella fase di promozione del disco, ormai ampiamente utilizzata è la comunicazione inesistente sulle collaborazioni del progetto: solo attraverso l'ascolto dell'album scopriamo la presenza di Ketama126, Salmo, Guè, Marracash, Maurizio Carucci degli Ex Otago, Rose Villain, Neffa, Lazza, Madame, Francesca Michielin, Colapesce e Dimartino.
Il 10° album di Fabri Fibra non potrebbe che partire con un amarcord del passato, un viaggio all'interno della sua musica, il salto dalla provincia a Milano e la strada tortuosa nell'industria discografica: "Intro", prodotta da Zef, che campiona "Il cielo nella stanza" di Gino Paoli, è la tribute track del disco. L'avessimo trovata alla fine del disco, sarebbe stata il capolinea perfetto di una carriera vissuta da "paziente zero" del rap italiano. Dalla citazione alla sua prima formazione Uomini di Mare con DJ Lato alla vita di provincia che nel 2002 gli regala la possibilità di registrare "Turbe Giovanili" con il suo idolo Neffa, Fibra viaggia nel tempio dei suoi ricordi. Dal 1° posto di "Tradimento" alle differenze di vedute tra "Squallor" e "Fenomeno", una giostra di immagini che ricorda ai fan e al rapper stesso il suo amore per questa musica: "Ti giuro, non saprei che fare senza lei, se l'hip hop fosse una donna, le direi, quando sei qui vicino a me, questo soffitto viola, no, non esiste più. Io vedo il cielo sopra noi".
"Goodfellas" è la celebrazione di un immaginario cinematografico forte, quello di Rose Villain, che firma il ritornello del brano. Fibra non è tornato per ricordare solo ciò che ha fatto, ma per mostrare ancora quante "fame" abbia nel fare questa musica. Il brano prodotto da 6ixpm è il tappeto per alcuni chiarimenti che Fibra avrebbe voluto fare da anni: si potrebbe cominciare da quello relativo al suo status da rapper fan del rap, come dimostra con la rima dei Colle der Fomento: "Volevano problemi e ora problemi avranno", contenuta in "Elfo scuro" nell'album "Odio pieno". Ma è una denuncia anche a una parte del pubblico e della stessa scena rap, che per episodi dance nella sua discografia, hanno più volte descritto Fibra come un pastore lontano dal suo gregge. Come la nuova scuola cerchi di allontanare il ricordo di chi ha vissuto i primi anni come Fibra, lo stesso rapper entra in competizione con i primi in classifica adesso, cresciuti con le sue rime, bravi a mostrare solo in privato il proprio affetto, dimenticando il suo nome nelle interviste.
Poi arriva "Brutto figlio di", che prende spunto da "Ghetto Cowboys" del rapper americano Yelawolf, che termina ogni rima del suo brano con "Motherfucker". Fibra utilizza la tecnica dell'epifora, ripetendo alla fine di ogni frase "brutto figlio di putt***". Il sound cupo accentua la violenza del singolo, una probabile hit da club per un tour che inizierà questa estate il 9 luglio all'Arezzo Mengo Music Fest. Si sente il giro di basso di Neffa, che dà il la al quarto brano del disco: "Sulla giostra". L'artista di origine campana va avanti e indietro nella sua musica, riprendendo il flow della "ballotta" con una pulizia della voce che aveva portato "AmarAmmore" a essere uno dei dischi più importanti del 2021. Siamo di fronte a chi il rap l'ha portato in Italia, e l'ammirazione di Fibra per quello che è stato la sua guida e la sua strada maestra, soprattutto nella pubblicazione di "Turbe giovanili", lo si nota dalla cifra stilistica delle sue strofe. Contro gli stylist, i selfie e l'immagine del rapper in pubblico, Fibra rimane il rapper in tuta nera di "Tradimento".
Arriva il primo feticcio del progetto: sulla traccia di "Stelle" compare la voce di Maurizio Carucci, ormai ex volto e voce degli Ex Otago: il brano dance prodotto da Dardust e Dario Faini si candida a essere una delle hit radiofoniche del disco. In un episodio musicale che ricorda"Pamplona" con Tommaso Paradiso per indirizzo, "Stelle" gioca sull'effetto leggerezza-denuncia dello star system, un dualismo che il rapper ha proposto per larghi tratti della sua carriera, come l'aspetto della solitudine. Da un'idea di Davide Petrella, nasce invece "Propaganda", singolo con un video ufficiale girato da Cosimo Alemà: il gancio perfetto dopo "Stelle" che raccoglie le voci nel ritornello di Colapesce e Dimartino. Uno dei pregi nella carriera di Fibra è aver denunciato più volte il sistema italiano, attraverso uno strategico equilibrio tra satira e immaginari disarmonici: un esempio, "In Italia" con Gianna Nannini.
L'atto delle elezioni è al centro di "Propaganda" che disegna un mondo in cui vige il concetto di "locura" di Borisiana memoria: la bugia di chi ti fa credere di essere avanti quando in realtà è indietro anni luce, di chi si mostra vicino apposta per tenerti a debita distanza. Il tutto attraverso la tecnica dell'affiliazione tramite la condivisione pubblica di messaggi brevi: "Finalmente qualcuno che pensa alla gente e che mi dà un lavoro, che promette di farmi dormire tranquillo in tutte queste notti. Finalmente qualcuno che mi sembra onesto in mezzo a tanti corrotti". C'è un intero sistema politico sotto attacco, anche se a soffrire il Fabrizio Tarducci cittadino, rappresentante di una generazione affranta e indebolita nella propria autostima.
Legato indissolubilmente a "Il mio amico", episodio musicale contenuto nell'omonimo progetto d'esordio di Madame, arriva la titletrack del disco, che vede anche il ritornello di Lazza. Il brano racconta il dolore vissuto dai protagonisti quando non si riescono a trovare le coordinate della propria musica. Il filone denuncia si chiude con "Pronti al peggio" con Ketama prodotta da Big Fish: la produzione è elettrica, come la chitarra nei primi secondi del brano. L'anima grunge di Ketama126 convince per sonorità, meno per la fluidità testuale del brano, che non convince fino in fondo. Arriva poi "Fumo erba": più volte Fibra ha parlato in passato del suo utilizzo, riuscendo a inquadrare un messaggio per il pubblico. Un segnale che qualcosa è cambiato lo si avverte già nelle interviste rilasciate a ridosso del disco, con l'artista di Senigallia che fa decisamente un passo indietro, affermando di non voler più fumare erba dopo esser stato condizionato per buona parte della sua vita dalla sostanza. Dopo aver rivelato di aver smesso da sei mesi, il rapper traduce in immagini gli aspetti negativi dell'utilizzo e quanti problemi gli abbia causato anche nel rapporto con la propria creatività. Dalla confessione di domande mal recepite durante le risposte, agli incubi e l'ansia, fino alla citazione del suo 64Bars, preludio di ciò che sarebbe avvenuto in "Caos".
Da Zef agli scratch di DoubleS, arriviamo a "Demo nello stereo". Una punchline dopo l'altra raccontano il successo insperato di Fibra nell'industria discografica italiana, cogliendo anche l'occasione di celebrare il disco di platino di "Mr.Simpatia" a 16 anni dalla sua uscita. Il brano mostra anche l'abilità di Fibra di nascondersi dal pubblico, affermando nei pezzi precedenti il suo ruolo nell'evoluzione dell'hip hop italiano, per poi nascondersi nella rima: "Ho fatto i soldi, ma rimango me stesso. Riempio ‘sti fogli, quanto tempo ci ho perso, metà Milano rappa come Guè, l'altra come Marracash e al pubblico va bene lo stesso". Citazione anche a Sapobully della FSK, che in "DON’T TOUCH MY STICK" affermava: "Vendo la merce a Fabri Fibra". La risposta del rapper di Senigallia è una risata: "Tu non puoi capire quanto cazzo si fanno ‘sti rapper, si addormentano e sognano che mi vendono la merce, Ahah, però lo trovo divertente, per adesso la musica è l'unico stupefacente". Segue la denuncia materialistica in "El Diablo", un brano che ripropone anche il tributo di Fibra a Bassi Maestro e alla sua "$$$" del 2016. Nel ritornello infatti Fibra canta: "Ma tu davvero sapresti come portare questo mondo alla rivoluzione. Non dirmi che l'odio è più forte dell'amore, in fondo tutto ciò che nasce poi muore" che riprende il ritornello di Bassi "E tu davvero sapresti come rifiutare una mazzetta da mezzo milione, per truccare qualche conto di qualche coglione. Fatti due domande e leggi le risposte a colazione".
Come sottolineato nella newsletter PaperBoi da Tommaso Naccari, il brano "Amici o Nemici" rompe una dicotomia tra i personaggi positivi o negativi nei rapporti d'amicizia. È il dualismo di Fibra a prendere il sopravvento nel brano, con l'amico che diventa solo parte di una consecutio delle sue azioni. Se nella prima strofa, l'anima vivace e ricca di voglia di condividere il proprio successo di Fibra si lega anche al momento in cui il successo scompare e rimane da solo, è la seconda strofa a mostrare il significato del brano. Il disincanto del rapper, il suo "essere nemico di sé stesso", lo allontana dall'avere rapporti con qualsiasi essere umano che non sia sé stesso. Si ritorna sempre all'effetto "matrioska" di Fibra citato in "Demo nello stereo": Fibra si mostra e si nasconde, in un movimento a fisarmonica difficile da comprendere per il pubblico, in cui è complicato recepire dove sia il confine tra il personaggio Fibra e Fabrizio Tarducci.
"Quanto succеsso devo fare per sentirmi amato? Tanto lo so che poi alla fine rimango fregato". La rima che chiude la strofa di Fabri Fibra in "Cocaine" mostra una delle collaborazioni più appetibili del disco: insieme al rapper, anche Salmo e Guè. Un freestyle che diventa un brano, in cui a risplendere di luce propria è l'immaginario di Gué, che cita dj Tiesto e solo qualche barra prima Tetsuò, personaggio dell'anime "Akira", prodotto dell'universo narrativo del fumettista Katsuhiro Ōtomo. Fibra vola in "Noi, Loro e Gli Altri" di Marracash, ne richiede la sensibilità del rapper milanese in "Noi": il brano sembra uscire da quell'immaginario, un chiaro riferimento a "Dubbi" e alla sua timeline narrativa. Il tappeto musicale sembra quello giusto, con un sample campionato da "Blue in Green" di Miles Davis, prodotto da Ketama126: un singolo senza ritornello sulla noia e sull'universo emotivo che la avvolge. I due racconti stigmatizzano anche la fama che diventa un modo solo per "farsi e chiavare" per Marracash, con Fibra che cita ancheCharles Bukowski e la traduzione dell'intervista di Silvia Bizio a Los Angeles: "Lascia chе si preoccupino della tua anima e continua a scrivere bene, gli elogi ti rammolliscono, la fama tende a indebolirti, la fama è una forma di elogio".
Per chi aveva negato l'esistenza del lavoro autoriale nei grandi progetti rap italiani, ecco "Nessuno", scritto a quattro mani da Davide Petrella e Fabri Fibra. Il brano è un tributo a Johnny Cash, come racconta Fibra, e vede le chitarre di D-Ross a scandire il tempo nella base del producer napoletano. La canzone che denuncia la violenza sulle donne e lo stalking, pone Fibra in prima persona nel racconto dello stesso atto di dominazione. Due strofe in cui il rapper prova a raccontare l'aspetto mentale della violenza del predatore, del soggetto alla deriva della propria stabilità, una narrazione che approfondisce gli aspetti più inquietanti della cronaca nera. Siamo alle fasi finali del disco e Francesca Michielin entra con forza nel progetto, occupandosi della produzione di "Liberi", ma anche del ritornello: il racconto si concentra sul rapporto tra libertà e consapevolezza nella società moderna. Il dilemma di Fibra sulla possibilità di scelta rispetto ai modelli sociali proposti si riflette in molti brani di "Caos", ma trova la sua autodefinizione in "Liberi" dove il rapper canta: "L'immagine del rapper duro con il portafoglio gonfio, anch'io l'ho fatto e, giuro, ancora un po' me ne vergogno. Forse volevo solo seguire un cliché, perché la gente poi magari non capisce. Questi social che ci dicono come devi vestire, con chi dovresti uscire, che cosa dovresti dire. Anche se non si vede poi ci mettono pressione, con tanta leggerezza ma hanno un peso le parole".
Come in ogni classico racconto rap, arriva l'outro e Fibra rispetta la tradizione dei grandi dischi del passato: la traccia diventa non solo l'epilogo finale del disco, ma anche l'opportunità di ringraziare tutti gli artisti che hanno lasciato il loro tocco in questo progetto. Questa tecnica di racconto potrebbe ancora una volta suggerire un "addio" del rapper di Senigallia, che si lascia andare a un tributo anche ai fan e al rapper americano Mac Miller: "Spesso la fama ti fa vivere brutti momenti, il mio rapper preferito è morto per il fentanyl, mi chiedo chissà che ha pensato prima di morire e se magari anch'io dovessi far la stessa fine". "Caos" si chiude con il parlato di Fibra, che ringrazia tutti, ma anche sé stesso per essere ancora qui: "Questa è l'outro e lo so che non va più di moda fare l'outro perché nessuno ascolta più i dischi dall'inizio alla fine, ma vaffanculo questa è l'outro. E qui voglio fare i ringraziamenti: a tutti gli artisti che mi hanno aiutato a creare questo progetto, questo disco. A tutto il mio team, a tutti voi che state ascoltando e soprattutto a me stesso. Grazie a me stesso, se sono ancora qui, vaffanculo".
Siamo davanti all'ennesima nota di questo progetto in cui sembra chiudersi il cerchio, in cui ormai Fibra ha fatto pace con il suo passato ed è riuscito con "Caos" a dare voce al suo "avatar 45enne". 17 tracce per quasi un'ora di musica potrebbero rappresentare l'ultimo masterpiece della sua carriera, una linea che traccia una netta distanza tra il mercato musicale attuale e la sua evoluzione. Ma "Caos" è Fabri Fibra nella sua interezza, nella sua tecnica come nelle sue insicurezze sul futuro: un album personale che racconta un personaggio che dal 1999 si nasconde agli occhi del pubblico, creando infinite matrioske in cui rilascia suoi alter ego. Il disco potrebbe aver risposto finalmente a quella sete di curiosità su Fibra, prima che sulla sua musica: al 10° disco, potremmo dire di aver finalmente conosciuto (almeno in parte) il rapper che ha portato il rap primo in classifica in Italia, e l'uomo che ha vissuto l'evoluzione di quel personaggio.