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La forza di Ariete è il coraggio di guardarsi fiera nel suo Specchio: “Ora mi vedo soddisfatta”

Da poche ore è uscito il primo disco ufficiale di Ariete, nome d’arte di Arianna Del Giaccio, “Specchio”. L’intervista alla giovane cantante romana qui.
A cura di Vincenzo Nasto
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Ariete, foto di "Specchio" 2022
Ariete, foto di "Specchio" 2022

Ariete, nome d'arte di Arianna Del Giaccio, è una delle artiste più promettenti del new-pop italiano, ma leggersi incatenata a una definizione la allontana, quasi la stranisce. Il motivo è nel suo atteggiamento nella vita, riflesso incondizionatamente negli ultimi due anni di musica, in cui il suo nome spesso legato a quello degli Psicologi, ha trovato poi una propria dimensione con l'Ep "18 anni". Ma anche con brani come "Tatuaggi" e "L'ultima notte", colonna sonora televisiva da oltre 38 milioni di stream su Spotify. Un'artista pluridimensionale che ha appena pubblicato il suo primo disco "Specchio", convinta della propria musica e del proprio messaggio, ancora di più quando si parla di esibizioni dal vivo e tour. 8 date nei palazzetti, di cui già sei sold-out. Nel suo disco Madame e Franco 126, mentre tre anni fa era sotto al palco del secondo: "A marzo 2019 ero sotto il palco all'Atlantico e adesso sono qui, è assurdo come funzionino le cose ogni tanto". L'intervista ad Ariete qui.

Mi ha colpito molto nell’interlude: "Io penso che ogni volta che mi guardo allo specchio non mi sento nient’altro che un’ombra". Mi puoi raccontare questa sensazione?

Allo specchio vediamo il nostro riflesso con tante sfaccettature, in questo caso un'ombra che mi sta un po' stretta. È un tête-à-tête tra quello che voglio vederci e non dentro, tutto ciò che vorrei evitare. L'uno non esiste senza l'altro.

Perché Specchio e cosa ci vedi tu in questo momento in quello specchio?

Specchio come titolo per due motivi: la prima è una sfida a me stessa. Chiamando il disco "Specchio", sto accettando quello che provo e quello che scritto. Sono fiera di ciò che sta uscendo fuori. La seconda è un reminder per le persone e per me stessa: tra cinque anni voglio vedermi indietro e osservare il coraggio con cui ho scritto queste cose in "Specchio". Il titolo mi dà un senso di forza, di sicurezza, anche nella fragilità. Per le altre persone invece, è un discorso molto tenero e riguarda tutti i fan che mi hanno accompagnato in questo viaggio. Già da quando avevo pochi follower, ricordo un sacco di persone che mi scrivevano: "Io mi rivedo un sacco nelle tue canzoni, come se stessi vivendo la mia vita".

Che sensazioni ti dà questo tipo di messaggio e il rapporto coi fan?

So che non è superficiale, penso che quando me lo dicono lo provano veramente. Per me è come dire: siamo stati due anni assieme e adesso questo specchio è di tutti. A prescindere dalla vostra etnia, da chi amate e che storia avete, questo specchio è di tutti.

C’è qualcosa che non sei riuscita a dire di te ancora con la musica, e qual è la cosa che ti ha spinto di più a raccontare quest’album?

Sono stata sempre molto trasparente e ho sempre raccontato tutto nelle mie canzoni. La mia vita, la mia adolescenza, le mie esperienze. Quando arriverà qualcos'altro non credo mi farò problemi, anche nei pezzi un po' più intimi e "anti-sgamo" (ride, ndr), ovvero dei pezzi che sono dichiaratamente per alcune persone. Magari alcune volte ho pensato se voler o poter scrivere una cosa, ma non ho mai avuto l'impressione di dover omettere qualcosa e questo può essere uno dei miei punti di forza. Non voglio menarmela, penso sia ciò che è passato e che continuerà a passare.

Qual è il primo brano che hai scritto dell’album?

Il primo brano è stato Cicatrici, registrato a fine estate 2020. Stavamo a Napoli a registrare le batterie per il mio pezzo "18 anni". Mi ricordo che oltre alla tastiera c'era anche la batteria. "18 anni" parlava della mia storia d'amore più importante, insieme a "Pillole" e "Spifferi". Mi ricordo che c'eravamo appena lasciati in quel periodo e mi venne da scrivere di getto: in un minuto l'ho scritta.

E Madame?

È arrivata molto dopo. Dicevamo da tempo di voler fare qualcosa assieme, ma non avevo pensato a quel pezzo per lei. Solo l'estate dopo gliel'ho inviata.

Qual è stato il brano più difficile da scrivere?

Se la giocano "Castelli di lenzuola" per una scelta dettagliata delle melodie e di come volevo scrivere. Devo dire grazie anche a Michelangelo (producer anche di Blanco) che è un visionario da questo punto di vista: riesce a trovare le melodie che hanno aperto il pezzo. Dall'altra parte anche "Spifferi" e "Fragili", soprattutto la seconda. Franchino (Franco 126) è uno che sta molto attento a come mettere le cose assieme e le parole. Avevamo provato con due pezzi prima di "Fragili", ma non mi piacevano: poi abbiamo scelto "Fragili", ma ci abbiamo dovuto lavorare sopra.

Che tipo di lavoro è stato?

Io scrivo molto più di getto rispetto a lui: Franco, sarà per l'età, sarà per la carriera che ha condotto fino a questo momento, è a un altro livello del suo flusso di scrittura. Non è stato difficile confrontarci, però per trovare la parola che andasse a tutti e due bene, ci abbiamo messo un po'.

Un elemento che ha contraddistinto i primi due Ep era la presenza degli Psicologi. Mi ha sorpreso molti non trovarli, perché questa scelta?

Marco e Alessio (Drast e Lil Kuneki) sono i primi in tutto. Abbiamo fatto "Tatuaggi", abbiamo fatto canzoni assieme o solo con uno dei due che usciranno in altri progetti, però comunque gli Psicologi mi hanno accompagnato fino ad adesso nella mia vita. Sono due persone super amiche e sono tutto per me e non volevo fare una cosa scontata: dopo "Tatuaggi" non volevo che le persone pensassero che per vincere facile avrei fatto un altro pezzo con gli Psicologi. In questo disco volevo sperimentare, anche perché non sono abituata a pensare ai pezzi già con un feat. In questi pezzi qua non c'era la possibilità di trovare una quadra tra tutti e tre e i nostri impegni e forse l'altro motivo è che stiamo sempre in studio assieme.

Quindi ci sono altri brani già pronti?

Io con gli Psicologi ho 20 pezzi volendo e sono cose che rimangono in amicizia: magari un giorno usciranno. Sentivo che nel mio primo grande progetto la gente non doveva associare gli Psicologi al mio nome solo per una hit. Vorrei che pensassero a noi come a due realtà di ragazzi giovani che fanno bella musica. Ma chissà, potrebbero uscire altri 10 pezzi con loro.

Hai già pensato al luogo e alla scaletta migliore per i tuoi concerti? Che tipo di energia vorresti portare sul palco?

Sotto questo punto di vista sono pazza. Ho la scaletta un po' in mente e non posso spoilerare nulla. Nella mia breve vita ho assistito a tantissimi concerti e ho sempre preso da altri ciò che mi piaceva. Durante lo scorso tour estivo, quando cantavo "Pillole", iniziavo solo con chitarre e voce fino al ritornello. Poi posavo la chitarra e cominciavo tutto da capo. Era un'idea che avevo preso da Shawn Mendes, anche per gasare il pubblico. I posti in cui suono poi sono rispettabili: soprattutto l'Atlantico a Roma è un luogo dove ho vissuto quasi tutti i miei concerti. Ovvio che due sold-out lì è qualcosa di assurdo. Mi fa pensare anche che tre anni fa ero sotto quel palco ad ascoltare Franco.

E adesso è nel tuo disco.

Sto qui a Milano a firmare i vinili per le collaborazioni che ho avuto nel disco e stavo firmando adesso il vinile per Franco. Ho scritto: "Nel 2019 ero sotto il palco a cantare le tue canzoni, la stima è sempre la stessa, se non di più". A marzo 2019 ero sotto il palco all'Atlantico e adesso sono qui, è assurdo come funzionino le cose ogni tanto.

Un progetto che ti ha teletrasportato da Spazio, registrato in cameretta, a Specchio con un’aspettativa molto alta. Come hai vissuto questo momento?

A livello di attenzione al suono e alle melodie, dopo aver registrato "Spazio" con le cuffiette nella mia camera, non ho preteso studi magnifici. Ci siamo fatti un culo in quarantena e le cose non sono cambiate: infatti nove pezzi su 11 di questo disco sono stati prodotti comunque dallo stesso di "Spazio". Sono rimaste le stesse persone e gli stessi luoghi: se "Spazio" è stata registrata a casa mia, "18 anni" e "Specchio" sono stati registrati in una camera a casa di uno dei producer. Il mega recording budget è una cosa lontana dalla mia comfort zone.

La paura più grande prima dell'uscita di questo progetto?

Non sono molto legata al game delle certificazioni, delle radio, sia come persona, sia come etichetta discografica indipendente. Nello specchio vedo una me soddisfatta, una me contenta. Una me che vuole andare in tour e vedere la gente cantare, piangere e ridere per i pezzi nuovi.

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