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I Pinguini Tattici Nucleari a San Siro: “La nostra musica unisce, non abbiamo bisogno di dissing”

I Pinguini Tattici Nucleari, dopo la data zero di Mestre, esordiscono allo stadio San Siro di Milano, in un tour negli stadi da oltre 500mila biglietti. Qui l’intervista al frontman Riccardo Zanotti.
A cura di Vincenzo Nasto
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Pinguini Tattici Nucleari, foto di Francesco Prandoni
Pinguini Tattici Nucleari, foto di Francesco Prandoni

I Pinguini Tattici Nucleari hanno appena esordito allo stadio San Siro di Milano, in una delle date più importanti della loro decennale carriera. Non un salto nel vuoto, ma una costruzione piramidale di una carriera che ha attraversato i club di tutta Italia, prima di salire sul palco del Festival di Sanremo. Poi, la scorsa estate, un tour nei palazzetti da oltre 600mila biglietti e numeri bissati per gli 11 appuntamenti negli stadi nel 2023, con protagonista anche il nuovo album Fake News. Secondi in Italia dietro al solo Tiziano Ferro con 14 appuntamenti, i Pinguini Tattici Nucleari hanno raggiunto lo status per suonare in arene del genere, anche se professano ancora il leitmotiv: "Siamo nani sulle spalle dei giganti". L'intervista a Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari qui.

Cosa si prova a esser passati da 150 concerti all'anno nei club al palco di Sanremo, dai palazzetti fino agli stadi?

Dal punto di vista professionale credo sia un grande passo in avanti. Ma noi facciamo arte ed è incredibile pensare che fino a pochi anni fa eravamo stipati in un furgoncino: ne abbiamo parlato anche in una canzone. Se penso ai primi alberghi in cui uscivano gli scarafaggi dalle prese elettriche: questo non è una critica o una lamentela. Penso solo che ci siano dei passaggi necessari per arrivare ad essere quello che siamo oggi.

Avete avuto la percezione che ci sia un brano della vostra discografia che unisse particolarmente voi e il pubblico? Un brano che vi identificasse?

La canzone che ci unisce di più, almeno da ciò che abbiamo visto e vissuto, è Pastello Bianco (ha appena superato i 100 milioni di stream su Spotify, ndr). C'è il colore bianco della pulizia, dell'innocenza, anche se non siamo stati proprio innocenti nelle nostre vite. Ne abbiamo fatte di bravate.

Per questo avete deciso di chiudere la scaletta così?

Sì, è una canzone che parla di crescita, di una relazione e di come, a volte, ci si dice addio senza brutti pensieri da lasciarci alle spalle, senza malcontenti. Durante quella canzone tutto si illumina, gli archi fanno la loro parte e c'è un tripudio di fuochi d'artificio alla fine. Per noi è fondamentale che un concerto debba unire, anche se non tutti la pensano così.

In che senso?

Ci sono artisti che preferiscono disunire ai loro concerti, magari perché appartenendo a una sottocultura, devono denigrare gli altri. Si parla di dissing in questi giorni, ma noi facciamo parte di un'altra scuola. Per noi la musica deve unire il più possibile e noi artisti in qualche modo dobbiamo dare il buon esempio.

Avete mai pensato a chi non immaginava che i Pinguini Tattici Nucleari potessero mai suonare in arene del genere? 

In uno degli interminabili viaggi in furgone, stavo guardando alcuni commenti su Twitter – che per noi rimane uno dei social più diretti e satirici – e c'era questo ragazzo che scriveva che nel 2017 aveva visto la nostra band e gli faceva schifo, perché non andavamo a tempo l'uno con l'altro. Poi vede sul giornale che abbiamo fatto più di 60mila persone a Mestre e si chiedeva se 60mila persone più sei sarebbero riuscite ad andare a tempo (ride n.d.r). Devo ammettere che mi ha fatto ridere molto.

Come si ragiona per far arrivare questo spettacolo a un pubblico così grande?

Sappiamo che il concerto non è solo ciò che accade sul palco, ma anche intorno. E se ci fregiamo di essere una grande famiglia, dobbiamo ascoltare le esigenze del pubblico. Anche nella scaletta, abbiamo cercato di essere più compiacenti possibili. È tutta una questione di equilibrio, per questo apriamo con Zen.

Cosa rappresenta lo stadio San Siro, suonare a 50 chilometri di casa, in uno dei concerti più importanti della vostra vita?

Innanzitutto, anche se parli 50 chilometri da Bergamo, non posso essere ipocrita e devo ammettere che ormai Milano è la mia seconda casa. Gran parte del mio lavoro e del mio team è qui e per questo sento San Siro come fosse casa.

Cosa rappresenterebbe per voi invece suonare nel nuovo stadio di Bergamo?

È un posto estremamente interessante, infatti vorremmo valutare con dei tecnici se fosse possibile fare un concerto, sai per una questione di affidabilità acustica. È normale che vorremmo suonare lì, anche perché siamo estremamente legati al posto da dove veniamo e in cui abbiamo le nostre origini.

Tra gli altri stradi si nota la mancanza del Diego Armando Maradona.

Napoli ha uno stadio sacro, anche perché è enorme: abbiamo ragionato molto se inserirlo in questo tour, ma alla fine abbiamo deciso di farlo in futuro. Anche perché, come per Roma, Napoli ha un pubblico molto particolare. È una città che non segue le linee altrui, e di conseguenza è difficile fare breccia nel loro cuore: sono un popolo a parte. È normale che vogliamo ritornarci, anche perché la scorsa estate la pioggia ha distrutto il nostro impianto e abbiamo dovuto fermarci a metà concerto.

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