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Ed Sheeran a Fanpage.it: “Mi preoccupavo troppo delle canzoni, ora la paura è non esserci per Lyra”

Fanpage.it ha intervistato Ed Sheeran sul suo ultimo album “Equals”, parlando con lui di amore e morte, ma anche di sua figlia Lyra, dell’essere padre, delle pressioni dell’industria musicale e, infine, della sua voglia di smettere scrivendo ballads e di come ha imparato a non preoccuparsi di essere sempre migliore.
A cura di Francesco Raiola
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Dopo Thinking e Perfect Ed Sheeran aveva deciso di non scrivere più ballads, di smettere di vivere nell’obbligo di fare sempre meglio di quanto fatto prima, come gli chiedevano i critici e il pubblico. Via da quel gioco enorme per il ragazzo che fin dalla pre adolescenza amava girare con una chitarra al collo, suonare quanto più possibile e dormire nelle case degli amici e nelle condutture londinesi. Poi, però, un giorno, dopo aver chiuso Bad Habits ha cominciato a mettere giù quella che sarebbe stata The Joker and the Queen. In 20 minuti, una delle migliori ballads – contenuta in "= (Equals)", il nuovo album del cantautore uscito oggi – era pronta. Sheeran lo racconta a Fanpage.it direttamente dalla sua casa nel Suffolk dove è obbligato, assieme alla figlia, a passare l’isolamento a cui è costretto dopo essere risultato positivo al Covid. È da lì che il cantautore ci parla di questo nuovo disco. Sorridente, disponibile, dispiaciuto per l'inconveniente, ma anche con tanta voglia di parlare di un lavoro che arriva dopo un periodo di enormi cambiamenti e dopo il successo di "÷ (Divide)", l’album di un artista maschile che ha venduto il maggior numero di copie nel minor tempo di sempre in Inghilterra. Sheeran, ormai lo sanno anche le pietre, si è sposato con Cherry Seaborn, ha avuto una figlia, Lyra, e ha smesso i suoi Bad Habits per intraprendere una strada nuova.

Ha anche dovuto fare i conti, come spiega nell'intervista esclusiva per Fanpage.it, che col tempo ha imparato anche a far pace con l'idea che nella vita non fosse, per forza, obbligato a fare sempre meglio della volta precedente, allontanarsi dall'obbligo di dimostrare perennemente qualcosa e tornare a fare musica come aveva sempre fatto, ovvero con la voglia di scrivere belle canzoni. Per questo, forse, rifiuta l'appellativo di businessman, quando gli chiediamo come fosse cambiata la sua vita da quando era un semplice cantautore a oggi che ha un impero sotto di sé. E, in effetti, a un primissimo impatto, Sheeran dà proprio l'impressione di essere ancora quel ragazzo che si portava la chitarra ovunque andasse, dormendo nelle case degli amici e qualche volta anche nelle condutture londinesi, creandosi una fanbase a furia di centinaia di concerti all'anno.

Ma soprattutto, e lo capirete quando ascolterete tutto "=" – da cui sono state tratte "Bad Habits", "Visiting Hours", "Shivers" e "Overpass Graffiti" -, la più grande popstar mondiale, in grado di creare melodie uniche, di raccontare la sua vita rendendo il racconto universale. Sì, forse è quello a cui aspira ogni artista, ma non è scontato che riesca, quindi, per esempio, provate ad ascoltare "Leave your life" e capirete che quelle parole potrebbero essere dedicate a una compagna, a una figlia, a una donna amata o alla figlia (e non è un caso che un verso sia "I could never tell you a Ly", giocando proprio con il doppio senso della pronuncia di Ly che è anche "lie", bugia) a cui è dedicato l'inizio e la fine di quest'album.

In Equals, quindi, troverete: parole d'amore per la figlia, parole d'amore per la compagna, un po' di prime volte, tanto amore, ma anche l'incontro con la perdita. E nelle sue risposte troverete un trentenne a cui la vita è cambiata, che non ha ancora imparato a gestire le pressioni, ma ci sta provando, un'anticipazione dell'album acustico, la voglia di poter mandare a quel Paese le cose brutte attorno alla musica, alcuni suoi amori come Eminem e Damien Rice e anche i Maneskin. E no, Ed Sheeran non ha mai pensato neanche lontanamente di smettere di fare musica. Anzi, per usare le sue parole parlando di "=": "Avevo solo bisogno di tornare a creare canzoni per amore e non per interesse".

Ciao Ed, innanzitutto, come stai? Come va col Covid?

Sto bene, mi ha preso abbastanza forte, anche mia figlia l’ha presa così, stiamo bevendo tanta acqua e ci stiamo riposando.

Iniziamo dal principio, l'album comincia così: "Sono cresciuto, sono un padre ora, tutto è cambiato ma sono ancora lo stesso, dopotutto”. Ci parli di Tides, che introduce l’intero album, di quel “dopotutto” e di come la nascita di Lyra ha cambiato la tua vita e il tuo modo di essere un artista?

Sai, la canzone di per sé è divisa tra caos e calma. Le strofe sono come uno schiaffo in piena faccia, rock da stadio, esattamente come quello che sta succedendo nella mia vita, mentre il ritornello è completamente a cappella, “e il tempo si ferma quando sei tra le mie braccia”. È praticamente ciò che è successo: la mia carriera stava andando a un ritmo velocissimo, poi tutto si è fermato e mi sono rilassato per un po’. Ma quando dico “sono ancora lo stesso, dopotutto” intendo dire che si tende a pensare che nel momento in cui si ha un bambino il cambiamento sia repentino, che nel momento in cui il bambino ti viene dato tu pensi “Certo, sono un papà!”. Ricordo che quando mi hanno dato in braccio Lyra ho pensato: "Mi sento ancora lo stesso, quando inizierò a sentirmi un papà?". Adesso posso dire di sentirmi un papà, dopo quattordici mesi, ed è successo gradualmente. Direi che è successo dopo circa un mese. Ho rallentato il mio ritmo, ero un musicista di 29 anni in tour quando Lyra è nata, e quando lei aveva quattro mesi ero un papà che non era in tour e che stava compiendo 30 anni.

Tutti sappiamo che una delle tue principali capacità è l'abilita di scrivere delle grandi ballad che già sappiamo diventeranno dei classici, come "Thinking out loud" o "Perfect". Probabilmente avverrà anche con “The Joker and the Queen”, ce ne parli?

Sai, "Thinking out loud" era così grande che non volevo più fare altre ballad. Pensavo “questa è la mia ballad”. Poi ci sono state delle critiche a "Thinking out loud" che mettevano in discussione le mie abilità di autore, così volevo tornare e provare, con “Perfect”, che avrei potuto scrivere la più grande canzone d’amore del mondo tutto da solo, più grande di "Thinking out loud". Così sono tornato e l’ho fatto e in un certo senso ha avuto vita propria. Mentre stavo preparando quest'album c’era molta pressione per scrivere una canzone che fosse più grande sia di Thinking out loud che di Perfect. Quindi l’ho semplicemente evitato.

In che senso?

Ho pensato che non volevo scrivere una ballad per questo disco. Poi ho scritto "Bad Habits" e nello stesso giorno mi hanno suonato una melodia al piano, che poi è diventata quella di The Joker and the Queen, e ho velocemente scritto qualcosa, la melodia, e sono partito con metafore, carte da gioco, metti le tue carte sul tavolo, quando faccio fold, Joker, Regine, diamanti, cuori, ok fatto! E ci sono voluti circa 25 minuti, forse 20, è stato tutto così veloce. Mi sono sentito come se avessi imbrogliato, è stata così semplice da scrivere, ma l’ho messa da parte, senza ricordarmi che anche con Thinking out loud e Perfect è andata esattamente così. Sono state entrambe molto molto veloci. Poi mio fratello, che ha fatto tutti gli archi per Perfect, ha creato questi arrangiamenti d'archi anche per The Joker and the Queen, ed è improvvisamente diventata una bellissima canzone d’amore. Tutti quelli a cui faccio sentire l’album mi dicono che è la migliore canzone d’amore che mi hanno sentito fare, quindi spero che al mondo piaccia tanto quanto sono piaciute Perfect e Thinking out loud.

C’è molto amore, ma anche morte in questo album. La morte di un amico, Michael Gudinski, in Visiting Hours, ma anche quella di cui hai più paura dopo la nascita di tua figlia, come canti in Tides. Quanto è difficile parlarne in una canzone, e come è cambiata questa paura con la nascita di tua figlia?

È stato difficile scriverne, ed è stato difficile cantarne per la prima volta. Ma penso che dal momento in cui viene pubblicata la canzone diventa del pubblico, e inizia a diventare uno strumento utile per le persone che stanno affrontando un dolore per permettergli di condividerlo con le persone che amano. Sai, qualcuno la cui mamma è morta mi ha detto l’altro giorno che non riusciva a parlarne con il padre, e quando è uscita Visiting Hours l’ha inviata a suo padre e da sola è riuscita a dire tutto quello che c’era da dire. Quindi sono grato per il potere di questa canzone. Per quanto riguarda la mia morte, beh, non me la sono mai augurata ma ho sempre pensato “quello che succede succede”. Poi, con l’arrivo di Lyra, la mia più grande paura improvvisamente è diventata quella di non esserci per lei. Voglio vivere una vita lunghissima, non per me, ma per lei. Sento che sarebbe un grande torto a mia figlia se dovesse crescere senza un padre.

Il 29 dicembre del 2019 hai annunciato una sorta di stop dai social media. Ho letto che hai dichiarato che la musica diventa ingombrante, una cosa davvero pesante. Avresti mai immaginato che la musica, che è con te fin da quando sei piccolo, sarebbe diventata una specie di mostro, qualcosa di cui avere paura?

Penso che sia un effetto collaterale. Più grande è diventata la mia musica, maggiore è diventata la pressione affinché il lavoro successivo fosse migliore rispetto all’ultimo fatto, ed è proprio quello che sto provando a non fare con questo album. "+", il mio primo disco, uscì, e quando il secondo stava per uscire tutti dicevano “Deve essere migliore di ‘+'”. Poi è uscito "÷ (Divide)", e dicevano “Deve essere migliore di ‘X' (Multiply)!”. Ma quando si può dire “Ok, non può essere migliore di così?”. Ed è per questo che ho fatto il progetto con le collaborazioni ("No. 6 Collaborations Project", ndr), come a dire “Eccovi qualcosa che so non essere migliore di ‘÷'”, che avrebbe penalizzato i miei fan perché è pieno di musica rap, rock, R&B, ed è abbastanza diversa dalla musica a cui i miei fan sono abituati. Quindi le mie collaborazioni sono state come un piatto per pulire la bocca tra una portata e l’altra. Come a dire “Smettete di farmi essere uguale all’ultima cosa che ho fatto”. In questo album invece mi sento più libero.

Anche perché il paragone con "÷" sarebbe stato complesso visti i numeri, no?

"÷" ha venduto più di 25 milioni di copie, e il tour è stato il più grande di sempre. Non si può fare meglio di così, e devi semplicemente smettere di provarci. Devi solo fare un buon album, è per questo che in Tides dico “Ho perso la sicurezza in chi ero, ero troppo impegnato a raggiungere la vetta e far crescere i numeri”. Ed era proprio così, stavo provando a essere l’ultima cosa che avevo fatto, mentre avrei semplicemente dovuto creare la musica che amavo.

E come hai imparato a gestire questa pressione?

Non ho veramente imparato a gestirla, penso che la migliore e peggiore cosa per me sia stata avere la sicurezza di fare una canzone che sentivo sarebbe stata la più grande canzone del mondo e poi pubblicarla. Siccome l'ho creata con l'idea che fosse una grande canzone e quello era il suo unico scopo, se questa cosa non succedeva faceva male. Se invece faccio una canzone che amo e la pubblico, posso difenderla in qualsiasi modo. Prendiamo per esempio Bad Habits, amo quella canzone, metti caso che fosse andata male non me la sarei presa perché avrei detto non è colpa vostra ragazzi, perché io la amo questa canzone, nonostante tutto, così vanno le cose. Quindi avevo solo bisogno di tornare a creare canzoni per amore e non per interesse.

Quindi non hai mai pensato di fermarti per sempre o cambiare drasticamente qualcosa del tuo approccio alla musica?

Scherzo sempre, perché qualcuno ha detto che voglio ritirarmi. Ho detto, scherzando, che non vorrei mai ritirarmi dalla musica, ma vorrei non mi importasse così tanto della musica. Vorrei solo tornare a pensare “Sai cosa voglio fare oggi? Voglio fare un concerto per 200 persone. Oh, sai cosa faccio oggi? Voglio fare un mix di 15 canzoni e vedere cosa ne esce”, vorrei tornare a questo. Ma poi ho parlato con un mio amico, che ha avuto un enorme successo nella musica, ha suonato negli stadi di tutta Europa, e mi ha detto di non fermarmi prima che arrivi il momento giusto, perché lui l’ha fatto, rallentando di proposito, e ora non riesce a rientrare nel giro e se ne pente molto. Mi ha detto: "Lascia che accada in modo naturale".

È vero che hai cambiato il titolo da Subtract a "="? Hai solo cambiato il titolo a un gruppo di canzoni che già avevi, o hai anche cambiato delle canzoni all’interno dell’album?

No, l’album acustico era praticamente pronto, e nessuna delle canzoni era in questo disco, forse “First times” ci sarebbe entrata, ero molto indeciso e mi chiedevo “La metto in questo album o la metto in quello acustico?", ma sono due dischi diversi, un disco avrebbe funzionato molto bene durante il lockdown invernale, Afterglow doveva vivere in quel tipo di atmosfera, e onestamente ciò che è accaduto è che il mondo ha iniziato a riaprire: il calcio europeo è tornato in tv, i bar stavano aprendo, l’estate stava iniziando, e io avevo Bad Habits e ho pensato “Questa funziona!”. Non me la sono sentita di pubblicare un disco acustico che abbassasse il morale.

Hai parlato di “First times”, in cui canti "Pensavo che sarebbe stato diverso suonare a Wembley, 80000 che cantano con me". Qual è stata l’ultima prima volta che hai vissuto?

Le prime parole di mia figlia. La prima volta in cui lei ha parlato per me! (in italiano, ndr)

Facciamo un piccolo gioco, ti dirò i titoli di tre canzoni, non tue, e tu mi dici cosa ti ricordano: cominciamo da Stan, di Eminem.

Credo che sia il singolo più lungo mai stato alla posizione numero 1 in Inghilterra, non rispetto alle settimana ma alla durata, credo che duri 7 minuti e tutta la canzone andava in onda senza tagli. In quanto a genialità artistica, quella canzone vive da sola come storia e ha avuto un successo clamoroso in tutto il mondo nonostante parli di un amico ossessionato che uccide la sua moglie incinta, una storia molto difficile se ci pensi ed è arrivata ovunque. Adesso viene usato nella cultura popolare per indicare il nome di un fan, è chiamata la “Stan culture”. Credo che questa canzone rappresenti un momento culturale molto importante, e splendore artistico.

Ho letto che è stato molto importante per te quando eri giovane. La seconda è Cannonball di Damien Rice.

È stata la prima delle sue canzoni che ho ascoltato, era in TV a tarda sera su MTV 2, il canale musicale. Ho iniziato a esserne ossessionato, prima mi interessavo solo alla musica rock, alle chitarre elettriche, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Green Day, Blink 182, quindi era tutto elettrico. Poi ho visto questo ragazzo che si esibiva da solo e scriveva canzoni sui suoi sentimenti. Improvvisamente mi si è accesa la lampadina e ho pensato subito “questo è quello che voglio fare”.

"I wanna be your slave" dei Maneskin, o “Beggin’”, o una qualunque delle loro canzoni!

Quello che ritengo bellissimo dei Maneskin è che io guardo l’Eurovision Song Contest ogni anno e ci sono due tipi di canzoni: quelle scherzose che tutti amiamo, divertenti, come quella della Germania dove il ragazzo canta con un hot dog e una mano, o ci sono quelle canzoni serie che emergono e che sono davvero pazzesche, ma quello che avevano i Maneskin era l’intero pacchetto, prima di partecipare. Non avevano solo una canzone, ma un insieme di cose. Quindi si sono mostrati come una band molto molto legata, che suonava in giro per l’Italia ottenendo un grande successo, che aveva 4, 5, 6 canzoni fortissime già pronte per essere pubblicate. Questa è la prima cosa che amo di loro: penso che sia fantastico che abbiano vinto, penso che dovessero vincere, ma penso anche che se non avessero vinto sarebbero comunque arrivati al successo. Ma ciò che credo sia davvero importante è la stessa cosa che è successa con Despacito, con i BTS e la K-Pop al momento, con il Manga pop e la J-Pop eccetera: il mondo sta diventando più universale rispetto a quello che ascolta e la lingua non significa più quello che significava 10 anni fa. La radio inglese dovrebbe suonare musica inglese, quella francese musica francese, quella italiana in gran parte musica italiana, ora senti tutti i tipi di lingua dappertutto. In Inghilterra abbiamo delle hit in lingue native del continente africano, hit che arrivano dalla Corea, dalla Svezia, dalla Finlandia, in spagnolo, in portoghese, in italiano. Abbiamo avuto tre canzoni dei Maneskin nella radio pop in Inghilterra, quella davvero davvero pop. Credo sia meraviglioso che la lingua si stia espandendo, che non ci siano barriere. Che la bella musica sia bella a prescindere dalla lingua in cui viene fatta.

Sono passati dieci anni da +, come è cambiata la tua vita – se è cambiata – dall’essere quella di un cantautore a quella di un cantautore e uomo d’affari?

Beh, credo di essere ancora un cantautore, ma solo… Sai, non mi definirei un uomo d’affari, presto solo più attenzione alle persone con cui passo il mio tempo. E non penso che questo significhi essere un uomo d’affari, ma penso significhi proteggere il tuo tempo e la tua energia. Ad esempio preferisco di gran lunga passare un pomeriggio e una serata con mia moglie e mia figlia rispetto ad uscire e dare il mio bigliettino da visita alle persone. Per i miei affari avrebbe più senso per me uscire, fare dei concerti privati e fare soldi qui, o fare quell’accordo pubblicitario lì eccetera. Ma amo scrivere canzoni e fare concerti per i fan, queste sono le due cose in cui impiego il mio tempo, in pratica. Ma penso che la differenza principale tra il me di quando "+" è uscito e il me di ora che "=" sta uscendo non sia una differenza professionale, ma una differenza di vita. Avevo 20 anni allora, ricordi quando avevi 20 anni e quanto eri diverso? Quanto eri diverso a 23 anni, e quanto  lo eri a 26 anni. Sono salti enormi, e sento che questi 10 anni, ad esempio il me di 40 anni sarà abbastanza simile al me di 30 anni e il me di 50 anni sarà abbastanza simile al me di 40 anni, ma il me di 20 anni e il me di 30 anni sono due persone del tutto diverse.

L’album si chiude con "Non c’è nulla qui oltre allo spazio in cui siamo, la fretta e il rumore spariscono, solo fermati qui e resta nell’adesso". È il migliore augurio che puoi fare oggi?

Sì, sai cosa? È praticamente quello che sta succedendo adesso a me e a mia figlia, entrambi col Covid. C’erano così tante cose da fare nella mia vita fino a ieri, ed era tutto un “vai, vai, vai, vai”, poi tutto si è fermato ed eravamo solo io e mia figlia in una casa. Non c’è nulla oltre allo spazio in cui siamo, la fretta e i rumori spariscono. Stiamo semplicemente vivendo e lei sta facendo un pisolino ora, probabilmente si sveglierà tra mezz’ora. Sì, è importante ogni tanto fermarsi un attimo e semplicemente rilassarsi.

Beh, grazie mille, spero che la prossima intervista possa essere in italiano!

[In italiano] Oh sì, sì, sto imparando ogni giorno, ma sto male adesso!

Leggi l'intervista in inglese

Traduzione dall’inglese di Eva D’Onofrio

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