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Come la Generazione Z cambierà la musica

Sono fluidi e mutanti i giovani nati tra il 1996 e il 2010, ma molto decisi e ben consapevoli di aver di fronte sfide epocali. Sono i ragazzi appartenenti alla cosiddetta Generazione Z, nata non con internet ma direttamente nell’era dei social media, che odia le categorizzazioni e mescola gusti musicali e piattaforme del consumo.
A cura di Enzo Mazza
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Billie Eilish e Lil Nas X
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Sono fluidi e mutanti i giovani nati tra il 1996 e il 2010, ma molto decisi e ben consapevoli di aver di fronte sfide epocali. Sembra questo il profilo più evidente di una generazione che possiamo facilmente affermare sia nata non con internet ma direttamente nell’era dei social media e che costituisce, secondo Globalwebindex, il 13% della popolazione internet a livello globale e il 9% in Europa e in USA. Rispetto alla generazione precedente (i millennial o generazione Y) questi giovanissimi hanno imparato a far scorrere lo schermo di uno smartphone prima ancora di aver pronunciato una parola. Il 95% della generazione Z accede online via mobile e vi passa in media oltre 4 ore al giorno. Con meno ore di televisione (rispetto ai loro genitori della generazione X sono passati da 20 ore a 13) ma molte su servizi on-demand come YouTube o Netflix, i Gen-Z costituiscono anche la prima vera generazione della streaming music.

I dati dell’IFPI Consumer study del 2018 confermano che nella fascia tra i 16 ed i 24 anni il 94% utilizza uno smartphone per ascoltare musica e l’81% la ascolta tramite streaming (YouTube incluso): si tratta di una percentuale elevatissima se solo confrontata con la generazione dei millennial, ferma al 73%. Ma quello che colpisce di più rispetto all’ultima generazione è l’assenza di etichette. Come è emerso di recente in un interessante articolo di i-D magazine, per la Gen-Z le frontiere tra generi, anche sessuali, stanno scomparendo, e lo stesso sta accadendo con la musica “abbracciando invece suoni fluidi e difficili da categorizzare”. Ovviamente questo non riguarda solo coloro che ascoltano la musica ma gli stessi artisti delle nuove generazioni, poco inclini ad accettare collocazioni e classificazioni. In un'intervista a Billboard, Billie Eilish ha dichiarato: "Odio l'idea dei generi. Non penso che una canzone debba essere inserita in una categoria".

È sempre i-D magazine a descrivere il cambiamento come principalmente legato proprio all’esplosione dello streaming: “su piattaforme come Spotify siamo più legati ad album specifici o generi specifici; selezioniamo e scegliamo le nostre canzoni preferite da aggiungere alle playlist”. Si tratta soprattutto di playlist diverse. Secondo una ricerca dello scorso anno condotta da Sweety High, una testata online che si occupa delle ragazze della Gen Z, quasi il 97% delle donne di Gen-Z ascolta "almeno cinque generi musicali su base regolare". Infatti “La musica gioca un ruolo centrale nella Gen-Z” afferma Frank Simonetti, CEO di Sweety High “e questa generazione ha di fronte un’offerta musicale da scoprire fatta di così tanti generi come mai è avvenuto in passato e i ragazzi della Gen Z abbracciano questa diversità di generi mischiando gusti e piattaforme nel consumo e nella scoperta di nuova musica”.

Chiaramente i gusti musicali stanno diventando più vari e il fenomeno ha anche un impatto sulla produzione della musica. La fusione di suoni diversi diventa più probabile quando i musicisti stessi ascoltano costantemente generi diversi. Gli artisti si conoscono tramite i social media e le condivisioni dei fan: per loro non esistono steccati predeterminati ma la contaminazione di suoni che non hanno classificazioni, a patto di una creazione della giusta miscela emotiva. L'ibridazione dei generi e la creazione di un suono non convenzionale sono un modo per creare un'identità musicale unica, e questo piace sia agli artisti della generazione Z sia ai fan. Gli artisti ovviamente hanno a disposizione tante piattaforme per creare e farsi conoscere e molte giovani star passano da Soundcloud, dove postano le loro prime tracce conquistandosi una prima base di fan.

L’elemento social e di condivisione fa il resto. Abbiamo visto come l’uso delle tecnologie mobili sia un elemento determinante per i giovanissimi tanto che il principale fattore di stress per loro è la cosiddetta sindrome PSA (phone separation anxiety). E gli artisti nuotano nel mare dei social, con predominanza di Instagram. Per star della Gen-Z come Lil Nas X e Billie Eilish, le piattaforme sociali influenzano il modo in cui vedono la creazione della musica. Online puoi trovare persone che condividono gli stessi gusti e punti di vista come te, che, da un lato, possono essere confortanti. D'altra parte, può farti sentire indistinguibile dagli altri. Un altro elemento chiave sono le contaminazioni tra piattaforme. Il successo di un brano come Old Town Road di Lil Nash X nasce anche dal fatto che il brano era incluso in una saga per adolescenti sviluppata su Tik Tok, ma l’artista era già molto noto su Twitter, come racconta il New York Times descrivendolo esattamente come un vero protagonista della Generazione Z.

È una sfida enorme, sia a livello creativo che sociale. La rivoluzione della generazione Z non è un fenomeno passeggero, ma lascerà una profonda mutazione che accompagnerà questa generazione nel processo evolutivo. Non a caso l’Oxford Dictionary, già un paio di anni fa, aveva individuato come parola dell’anno “youthquake”. Il 40% del mercato USA sarà dominato dalla generazione Z nel 2024. Connessi, distratti, infedeli verso le categorizzazioni ma anche impegnati sui temi ambientali e sulla sostenibilità. Cambieranno il mondo? Forse. Ma intanto hanno cambiato l’industria musicale.

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Con una laurea in Scienze Politiche, inizia la propria attività come addetto stampa presso un importante istituto bancario e, dopo un'esperienza in un’agenzia di pubbliche relazioni, diventa responsabile per l'Italia di BSA, Business Software Alliance. Nel 1996 viene nominato Segretario Generale di FPM, la Federazione contro la Pirateria Musicale, di cui ricopre poi i ruoli di Direttore Generale e di Presidente. Oggi è CEO di FIMI, la Federazione dell’Industria Musicale Italiana, e presiede il Comitato Proprietà Intellettuale della Camera di Commercio Americana in Italia. Dal 2010 è anche Presidente di SCF, Società Consortile Fonografici, la collecting dei diritti musicali connessi.
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