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Sanremo 2020, le pagelle delle canzoni in gara al Festival

Abbiamo ascoltato in anteprima le canzoni dei Big in gara al Festival di Sanremo 2020 in programma dal 4 all’8 febbraio al Teatro Ariston. Ecco le pagelle dei brani scelti da Amadeus e presentati dai 24 Big in gara. Questo è un primo nostro giudizio sulle canzoni della kermesse musicale e sul loro significato.
A cura di Francesco Raiola
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L’effetto Mahmood si abbatte sul Festival di Sanremo di Amadeus. Quando il direttore artistico parlava di effetto radiofonico evidentemente pensava un po’ a quello che era successo lo scorso anno. Ci sono, in effetti, un po’ di canzoni che troveranno ampio spazio nelle varie radio, c’è l’effetto tormentone, sebbene talvolta quell’effetto sommerge chi lo fa in maniera forzata: “Il successo di una canzone sanremese è che sia quanto più possibile radiofonica“ ha detto Amadeus ai giornalisti durante il preascolto riservato ai giornalisti.

Dopo le solite polemiche che hanno (e stanno) accompagnato la rassegna si aspettavano le canzoni, quelle che, alla fine, creano l’attesa e dovrebbero essere al centro di una gara canora. E alla fine le canzoni sono arrivate, e sono state una sorpresa rispetto alle attese. Anche quest’anno i giornalisti, compresi quelli di Fanpage.it, hanno potuto ascoltare in anteprima le canzoni in gara a Sanremo 2020: un ascolto veloce e continuativo dei brani in versione studio (e questa cosa cambia molto la percezione, visto che con arrangiati per l’orchestra spesso i brani cambiano completamente), con testo alla mano ci hanno dato un’infarinatura di quello che sarà.

Anastasio – "Rosso di rabbia"

Anastasio parte blues rock, con flow rap: un blues rap, insomma. L'ex vincitore di X Factor spiazza tutti e mette la sua rabbia in tutto, nella musica e nel testo, con un pezzo che rischia di piazzarsi molto bene. Cita De Andrè (“Il sabotatore, sai, deve sabotarsi”) raccontando, appunto, la rabbia di un 21enne, le sue parole che dall’esterno il Sistema vuole disinnescare.

Giordana Angi – "Come mia madre"

Giordana Angi sceglie quella macrocategoria che è “la canzone sui genitori”, nel caso specifico sulla madre. Una ballatona che non sorprende granché, soprattutto nel testo. Una dedica di cuore, si sente, ma che è super didascalica nella scrittura. Ci sono degli archi che a un certo punto colpiscono, che potevano diventare un tema importante ma che sono sommersi, appena accennati.

Bugo e Morgan – "Sincero"

Bugo e Morgan portano l’It-Pop all’Ariston. I due si alternano, il pezzo è bello, orecchiabile e declina il concetto della sincerità: quelle buone maniere forzate. È uno dei brani in "quota parolaccia": “Odia qualcuno per stare un po’ meglio, odia qualcuno che stia meglio e un figlio di puttana chiamalo fratello”. Il racconto delle ipocrisie contemporanee, con una coda amorosa nel bridge.

Diodato – "Fai rumore"

La voce di Diodato si poggia su un piano e dà il via a un brano che sul palco sanremese dovrà solo evitare che l'orchestra possa un po' soffocarlo. La canzone del talento pugliese ha le carte in regola per fare molto bene. Per questo ritorno sanremese Diodato punta a una ballata d’amore che esplode nel ritornello, poggiandosi su una delle migliori voci della sua generazione: “Ho capito che per quanto io fugga, torno sempre a te”.

Elodie – "Andromeda"

“Dici sono una grande stronza che non ci sa fare”: parte così la canzone di Elodie, che si poggia su piano e synth ed esplode nel bridge rappato per poi diventare elettropop. C’è un po’ di ritmo sudamericano con le percussioni nel ritornello, ma senza spingere sul cliché. Si sente che la voce della cantante è messa a servizio di un pezzo mahmoodiano, con l’ottima produzione pop di Dardust.  sicuramente l'esempio perfetto di quello che Amadeus intendeva parlando delle radio.

Francesco Gabbani – "Viceversa"

L’impressione è che Francesco Gabbani si diverta enormemente a scrivere, a cercare la rima (interna), la parola inusuale, l’anafora e lo fa anche in questo pezzo. Non vi aspettate la replica di “Occidentali’s Karma”, anzi, il pezzo è un pop che cambia leggermente modello nel ritornello che non perde il gusto del gancio, che nel caso specifico è un fischiettìo che riempie un pezzo che racconta, senza banalità, “l’armonia del nostro amore”.

Irene Grandi – "Finalmente io"

Nessuna intro, Irene Grandi entra subito per far capire chi comanda: la sua voce. Il brano scritto da Vasco, è proprio uno dei classici pezzi che Vasco ha regalato alle voci femminili, molto rock e vestito perfettamente sulla cantante, che spera di festeggiare i 25 anni di carriera almeno con un podio: “Da sempre arrabbiata, da sempre sbagliata, è ancora così, perdonami adesso oppure è lo stesso, io son fata così”.

Raphael Gualazzi – "Carioca"

Gualazzi si diverte, e dopo Bloody Beetroots caccia fuori un pezzo uptempo che vede la firma inconfondibile di Davide Petrella. C’è del carioca anche nella musica, che varia molto, senza perdere l'energia. Un pezzo dedicato a una donna carioca, ballabile e super radiofonico con Gualazzi che al pianoforte divertirà anche chi è dietro lo schermo. La lezione Mahmood è stata ben assimilata.

Paolo Jannacci – "Voglio parlarti adesso"

Jannacci prosegue sul versante cantautorale che lo ha contraddistinto in questi ultimi mesi, con l’uscita di “Canterò”. Un ballad con cui regala una dedica alla figlia: "Voglio parlarti adesso, solo per dirti che nessuno può da questo cielo in giù volerti bene più di me”. Non rischia molto il jazzista figlio di Enzo, ma porta un pezzo che farà contenta l’orchestra.

Junior Cally – "No grazie"

Junior Cally porta il suo rap e non fa sconti. Se conoscete un po’ quello che ha fatto in questi anni non resterete delusi. È sempre straniante sentire l'ex rapper con la maschera, sul palco con colleghi molto meno “spinti” sul suono. Col suo flow Cally dice “No, grazie” ai cliché, no a quello che la società vuole che tu faccia.

Elettra Lamborghini – "Musica (e il resto scompare)"

Ritmo latino americano e tag iniziale (“Elettra, Eletta Lamborghini”). Elettra Lamborghini va a Sanremo portando se stessa, senza tentare strade diverse. Davide Petrella, che l’ha scritta (e ha scritto tanti successi di questi ultimi anni), non resiste alla citazione geografica (“Non mi portare a Parigi e a Hong Kong”), ma in alcuni punti ricorda pure il momento latino americano d’alessiano. Se vi piace quello che fino ad oggi ha mostrato l'ereditiera sarete contenti. Altrimenti, insomma, non cambierete idea.

Achille Lauro – "Me ne frego"

Svolta elettrodance per Lauro, per un brano che sarà curioso ascoltare con arrangiamento orchestrale. Il rapper ha assimilato bene la lezione dello scorso Sanremo, e torna con un pezzo di rottura. Un brano che parla di fregarsene di tutto quando si ama qualcuno: “Dimmi una bugia me la bevo (…) prenditi gioco di me che ci credo, s’amore è panna montata al veleno”. Lauro se ne frega, appunto e placa le polemiche: non c’è alcun riferimento politico.

Levante – "TikiBomBom"

Levante è un’altra delle sorprese di questo festival. Porta sul palco un pezzo molto levantiano, che racconta di maschilismo, di una società bigotta, e lo fa con gusto e stile. Levante si conferma come una delle ariste da proteggere e valorizzare, resta solo un dubbio: il titolo del pezzo, poco sanremese. Speriamo non troppo.

Marco Masini – "Il confronto"

Msrco Masini si guarda allo specchio con “Il confronto”. Un confronto con se stesso: “Ma cosa aspetti a dire basta e in quello specchio a urlare cambia faccia”. Masini è Masini per come canta, per la sua voce, ma è anche uno che riesce a non tentare di strafare e porta a casa il risultato.

Enrico Nigiotti – "Baciami adesso"

Comincia arpeggiato, Nigiotti, che poi come da classica canzone sanremese si apre nel ritornello. Il brano è il racconto di un amore a un mese dalla fine. Piacerà ai sanremesi, ma manca lo spunto che possa farlo diventare qualcosa di più.

Rita Pavone – "Niente (Resilienza 74)"

Rita Pavone studia da popstar, si traveste e canta un pezzo uptempo che potrebbe essere nelle corde di qualunque giovane artista con velleità radiofoniche. Fa strano sentirla cantare un pezzo come questo: “Niente, qui non succede proprio niente, e intanto il tempo passa e se ne va, meglio cadere sopra un’isola o un reality che qualche stronzo voterà” canta, per far capire anche da che parte sta. Non si può dire che Rita Pavone non esca dagli schemi, con questo pezzo rock, però l'effetto straniante non è sempre gradevole.

Piero Pelù – "Gigante"

Piero Pelù fulminato sulla strada del Pop rock italiano anni 2015, con un brano che gioca con il rock, appunto, ma che sembra soffocato un po’ da una produzione che copre l’essenza che ne ha caratterizzato la storia. Ma che piacerà sicuramente al nipote, ovvero il “Gigante” del titolo.

Pinguini Tattici Nucleari – "Ringo Starr"

I Pinguini rischiano di essere la sorpresa di questo Festival, quello che fu Lo Stato Sociale, non foss’altro perché arrivano senza aspettative, portando tanta freschezza. Fiati che danno il là, la chitarra funky che accompagna il racconto di chi non ambisce a essere primo, ma fondamentale, Ringo Starr nel cuore, un po' di giochi di parole nascosti, e tanta voglia di tentare anche le radio.

Rancore – "Eden"

Se contassimo le parole delle canzoni del Festival Rancore vincerebbe senza dubbi. Ma il rapper romano porta il suo rap, il suo flow, giocando con quello per cui il pubblico lo ha conosciuto lo scorso anno, con una produzione più “pop”, ma senza esagerare, firmata da Dario Dardust Faini. Un brano che critica gli Usa imperialisti, ha la mela biblica come fil rouge, passando dagli Usa dell’11 settembre alla Siria, con un Eden perduto.

Riki – "Lo sappiamo entrambi"

Riki "scrive e dopo cancella", cercando di tenere la barra generazionale ben dritta, di messaggi ed effetti vocali. Nessun azzardo per lui, che arriva sul palco con un pezzo pop inoffensivo, che ha un target molto preciso. Ma gli adolescenti meritano qualcosa in più.

Tosca – "Ho amato tutto"

Tosca è un’interprete forse sottovalutata, nonostante una carriera che l’ha vista trionfare anche sul palco sanremse. Se “Ho amato tutto” mette in risalto il suo ruolo, la sua capacità canora e interpretativa, lascia un po’ di amaro in bocca. Il pezzo, comunque, si farà valere sul palco dell’Ariston.

Alberto Urso – "Il sole ad est"

Urso parte più pop di quanto ci si possa aspettare, col pianoforte in primo piano. La lirica arriva nel ritornello, ma senza essere troppo spinta. Il pezzo gioca con un topos dell’amore, quello della stella che indica la strada dell’amata: “Per te ho nel cuore il sole ad Est e nel mondo ovunque vada, mi ricorderà la strada che porta fino a te”. È un pezzo che esalterà l’orchestra sanremese e che non sorprende, il campo è quello già percorso e che piacerà ai suoi fan. Se non lo siete stati prima, insomma, non cambierete idea.

Le Vibrazioni – "Dov'è"

Le Vibrazioni puntano sul gancio del titolo, sulla reiterazione di quel “dov’è”, rinunciando un po’ alla spinta rock e tenendosi ben stretto il palco dell’Ariston. Il pezzo, infatti, pur non smuovendo granché, è uno di quelli che ogni anno ci aspettiamo che prima o poi arrivi. E arriva.

Michele Zarrillo – "Nell'estasi o nel fango"

Non vi aspettate la ballata, anzi, Zarrillo punta su una sorta di blues iniziale che a un certo punto si apre, nel ritornello, à la Nek quando Nek vuole fare elettro pop. Sì, elettropop, appoggiato talvolta sul falsetto per raccontare di come si resista anche alle avversità della vita: “Io resto ancora in piedi sia nell’estasi o nel fango, non m’importa quanta forza servirà”.

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