43 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Rita Pavone torna in tour da cantautrice: “Non sono fascista, ho sempre cantato temi progressisti”

Alla soglia degli 80 anni Rita Pavone si prepara a ripartire in tour e a Fanpage.it ripercorre la sua vita, da interprete e cantautrice, tra musica, politica, amore e Sanremo.
A cura di Francesco Raiola
43 CONDIVISIONI
Immagine

Quando pensiamo a Rita Pavone e alla sua musica, alla mente vengono subito canzoni come "Datemi un martello",  "Il ballo del mattino", "La partita di pallone", "Come te non c'è nessuno", insomma, canzoni che fanno parte della Storia della musica leggera italiana. Eppure Pavone, nella sua carriera, è stata anche autrice e nei suoi testi ha spesso affrontato temi come quelli dell'omosessualità e del femminismo, in tempi in cui non era facile affrontarli, soprattutto se eri un'artista così popolare. Eppure quel mondo musicale della cantautrice è anche quello meno noto: album come "Dimensione donna " e "Gemma e le altre" infatti non hanno trovato un enorme riscontro di publico ed è per questo che Pavone vuole riscoprirle e portarle live, nel tour che partirà il 5 luglio col ritiro del Premio Forlì e musica e l'esibizione al Forlì Teatro Comunale di Predappio e proseguirà il 6 luglio a La Milanesiana Festival di Cervia, il 9 luglio al Castello Sforzesco di Milano e il 10 agosto al Pinko Arena Parco Mazzini di Salsomaggiore Terme, riprendendo quel percorso interrotto a causa del Covid dopo la sua ultima partecipazione al festival. Abbiamo sentito la cantautrice al telefono per farci raccontare di quando fu costretta a tornare dagli Usa dove la sua carriera poteva svoltare, dell'incontro col marito Teddy Reno, dei suoi testi impegnati e meno noti, dei giovani, dei rifiuti al Festival di Sanremo, ma anche di quando si candidò con l'estrema destra costringendola, in futuro, a smarcarsi dalle accuse di essere fascista.

Per lanciare il tour usa una frase di Pierangelo Bertoli: “Un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Quel titolo mi è piaciuto subito e sono stata felice che la famiglia me l'abbia concesso perché è veramente ritrovare me stessa, ovvero una guerriera che si mette sempre in gioco, che ricorda le cose che le hanno dato popolarità, notorietà, ma nel medesimo tempo non vuole rimanere al palo e dice: "Vi faccio vedere che posso fare anche questo", cercando di non imitare nessuno, di farlo alla mia maniera. Ed è anche una specie di bel confronto perché ti rendi conto se il modo in cui leggi ex novo quella cosa è conforme e alla gente piace e a volte piace anche più dell'originale.

Che rapporto ha col futuro?

Il rapporto col futuro è sempre stato una cosa che mi ha interessata, ho sempre cercato di anticipare negli anni quello che poi è venuto dopo, come quando cominciai a scrivermi le canzoni. Solo che nel momento in cui stampavo dei dischi con i brani scritti da me non mi passavano mai per radio e così quelli sono rimasti soprattutto dischi importanti per i fan storici, che però vengono riscoperti adesso, perché le sonorità sono molto fresche. A me è sempre piaciuto mettermi in gioco, mai vivere soltanto di ricordi. I ricordi sono belli, ai miei concerti è giusto che canti quello che la gente ha amato, però è bello anche che uno faccia delle cose che forse la gente non si aspetta e con le quali le sorprendi. Normalmente la gente prende un artista e ne fa una specie di icona, invece non deve essere così perché uno cambia: cresce, cerca di fare altre cose, comincia a scrivere testi, si autoproduce, fare degli arrangiamenti, il missaggio e questa è una cosa che ho imparato pian piano.

Quando parla degli album meno noti immagino si riferisca a lavori come “Dimensione donna” e “Gemma e le altre”, album in cui era autrice e che forse hanno avuto meno notorietà… Le dispiace?

Ma no, capita a tutti, le generazioni cambiano e cambiano anche le radio, che passano delle cose che sono di una certa generazione. Quindi anche se tu facevi delle cose meravigliose potevi non passare: io dico sempre che è come scrivere un bel libro, puoi aver scritto Addio alle armi, ma se non trovi l'editore che te lo stampa ti rimane nel cassetto. Io ho fatto delle cose da sola, che mi sono autoprodotte, perché in quelle cose ci credevo, le ho fatte con grande gioia e i fan storici le conoscono tutte, però molte persone non sanno di cosa sto parlando perché non mi passavano per radio: è una cosa che accade anche oggi, è raro sentire artisti come Massimo Ranieri o Gianni Morandi per radio, passano soprattutto i giovanissimi ed è giusto che sia così, non c'è niente da dire, le generazioni cambiano e devono godere il momento del loro successo.

Però?

Però, a differenza del nostro, in altri Paesi hanno una considerazione importante per quelli che hanno fatto la storia della loro musica e io credo di avere scritto un pezzo della storia della musica del mio Paese, quindi delle volte ti senti non trattata all'altezza, ma non mi è mai importato nulla, ho proseguito il mio lavoro, ho lavorato all'estero, ho fatto le mie cose e adesso succede che magari qualcuno sente un pezzo e dice: "Ma questo è tuo? ma non l'avevo mai sentito. Come suona bene!". Ho sempre fiutato l'aria, ho sempre anticipato i tempi delle radio e ne vado orgogliosa.

Lei ha scritto, in tempi non sospetti, canzoni come "Daniele", che parla di un ragazzo omosessuale chiuso in manicomio, "Gemma" che è una ragazza lesbica, poi c’era “Prendimi” o "La valigia" che cercavano di dare un'immagine meno stereotipata della donna nel rapporto con l'uomo…

Ho sempre cercato di stare al passo coi tempi, ho sempre cercato di trovare delle sonorità nuove. Io non ho un'istruzione musicale, vengo da una famiglia di operai e purtroppo all'epoca, dopo l'immediato dopoguerra, non si poteva studiare musica, mentre adesso ogni ragazzo ha la possibilità di andare a scuola d'inglese, di musica, così da poter decidere se fare il musicista o un'altra cosa, quelli erano tempi diversi: così ho cercato di recuperare da sola, da autodidatta, cercando di capire e confrontarmi con quello che stava accadendo. Molte cose le sentivo vicine a me, perché io amavo Bobby Darin, Aretha Franklin, Tony Bennett e vedevo i film americani, cercavo di comprendere quello che succedeva nel mondo e anche quello che succedeva in Italia, che non era esattamente lo stesso. Quello che io ho evitato di fare sono stati i tormentoni.

Come mai?

Perché non mi sono mai piaciuti, li ascolti solo un'estate, sono pochi quelli che sono rimasti. Ci sono dei brani che hanno delle sonorità che anche oggi funzionano, ma la maggior parte rimangono delle cose che ti riportano indietro, per questo ho sempre cercato di confrontarmi e vedere fino a dove potevo alzare l'asticella. Poi arriverà il momento in cui l'asticella non potrò alzarla più, sa, io fra due anni avrò 80 anni e naturalmente la voce cambierà…

E cosa succederà?

Che in quel caso farò altre cose, perché io sono nata sul palcoscenico, con una certa energia, e non farei mai un concerto ferma davanti un microfono, non è da me. A quel punto troverei altre opzioni, ma finché mi sarà data la possibilità di potermi esprimere e dimostrare questo amore per questo mestiere che mi ha fatto vivere una vita che non avrei mai immaginato, io lo farò.

Ha qualche rimpianto? Qualche rimorso?

L'unico grosso rimpianto è di essere dovuta andare via dagli Stati Uniti nonostante sia stata in classifica, abbia fatto tre Lp per la RCA Victor, usciti in tutto il mondo e avere avuto produttori come Chet Atkins, Andrew Lloyd Webber e Tim Rice. Purtroppo ero minorenne, all'epoca la maggiore età era di 21 anni, e mio padre non volle saperne. Io avrei dovuto rimanere negli Stati Uniti perché c'era un modo di lavorare che mi piaceva, il non essere solo una cantante ma poter fare un po' di tutto. Prendo sempre come esempio Lady Gaga perché è un'artista che canta, balla, recita. Io a New York ebbi la fortuna di vedere Shirley MacLaine, che era una ballerina, ma era talmente brava che anche quando cantava ti saliva lo stomaco in bocca. Avrei voluto fare anche io come lei, restando in America perché mi sarebbe stato di grande aiuto: avevo un momento di grande successo, ero entrata nei primi 20 delle classifiche di Billboard e Cash box, sono stata per 5 volte ospite all'Ed Sullivan Show con gli Animals, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, le Supremes, Marianne Faithfull, Orson Welles, per dire i nomi eclatanti che all'epoca io vedevo soltanto al cinema o in televisione. Perdere un'occasione così importante, quindi, è stata una delusione, ma ero minorenne e ho dovuto seguire le regole. Papà disse no e io dovetti abbozzare.

Non ha provato a recuperare successivamente?

In America esce continuamente qualcuno, non hai tempo, non puoi pensare: "Lo farò fra due, tre anni, quando sarò maggiorenne" perché è troppo tardi. Quello è il mio unico, vero, grande rimpianto.

Prima mi diceva che ha attraversato anche altri momenti difficili, dopo un'inizio strepitoso…

Io dico sempre che capita quel momento in cui hai un attimo di sbandamento, è normale che ci sia un momento di scompenso perché nascono generazioni diverse che portano altri suoni, portano altri modi di cantare, anzi a volte neanche quello – io dico che sono più dicitori che cantanti – però comunque portano delle novità e tu non ha più l'età per affrontare queste cose, a meno che non abbia un'intelligenza e una capacità vocale tale da poter dire: "Fammici provare, vediamo cosa succede" e io sono di questa scuola qua. Certo, non sono tipa da tormentoni, però quando ci sono belle canzoni come "Cenere" di Lazza o "Alba" di Ultimo, capisci che c'è talento e la voglia di fare belle cose.

Lei ha beccato la top cinque di Sanremo quest'anno, giusto?

Io seguo sempre Sanremo con grande interesse, e becco anche tutti quelli che vincono: l'avevo detto coi Maneskin, per esempio, che per quello che stanno facendo e come lo stanno facendo mi riportano indietro ai miei anni, gli anni 70 quando quelle cose le vedevamo già, pensa a Robert Plant a cui si vedeva tutto (ride, ndr). Sono tutte cose che abbiamo visto e rivisto, ma le nuove generazioni queste cose non le hanno viste, per loro sono cose nuove e bisogna capire questa cosa.

A proposito di Sanremo, il suo rapporto col festival ha visto molti bassi e molti rifiuti…

Non è stato mai limpido, lasciai la RCA perché avevo avuto un'offerta magnifica con la Ricordi che mi permetteva di lavorare con la Philips, con le più grosse case discografiche mondiali e questo per me è stato importante. Quando, però, sono tornata in RCA hanno cominciato a darmi delle canzoni che io non volevo, canzoni flat, che iniziano e finiscono con la stessa tonalità e non fanno per me, io ho bisogno di esprimermi e avevo grandi difficoltà. Mi mandarono a Sanremo con "Ahi ahi, ragazzo!" che era una cavolata pazzesca. Prima ero andata con "Zucchero" e mi piazzai molto bene, vendette in tutto il mondo, in tutte le lingue, in Israele dove arrivai seconda dopo Elvis. La terza volta andai con un gran bel pezzo, "Amici mai", un pezzo di una grande poesia. Venni eliminata la prima sera perché all'epoca l'eliminazione era immediata e naturalmente chi non aveva la canzone orecchiabile, ma un brano che dovevi sentire un po' più volte, era penalizzato. Venni sbattuta fuori la prima sera, ma dopo due settimane dopo ero a Parigi per presentare "Bonjour la France" e volai in testa alle classifiche. La mia vita è stata sempre un ascensore, ho avuto dei momenti no e dei momenti sì, poi ho scritto per molti anni e ho mandato le mie canzoni, ma non le ascoltava nessuno. C'era una persona, di cui non faccio il nome, che non mi calcolava.

Il nome, però, è un po' il segreto di Pulcinella. Lei, però, a Sanremo è tornata pochi anni fa.

A quel conduttore mandavo delle canzoni che non venivano ascoltate, penso a "Finito" che è diventata la sigla di una soap opera in Brasile durata un migliaio di puntate e mi ha fatto guadagnare dei bei soldi ed è da quel momento che ho cominciato a scrivere testi e tutte queste cose. Poi ormai erano passati 48 anni e non ci pensavo proprio al Festival, anche perché tutto quello che mandavo non veniva ascoltato, avevo capito che non c'era niente da fare. Quando mandai una canzone ad Amadeus, però, ho trovato una persona che ha ascoltato. Gli ho mandato questo pezzo che richiamava un po' la mia vita, "Resilienza", io sono una resiliente, che non si arrende mai, sono uno che gioca le sue carte fino alla fine e se crede di avere qualcosa di buono in mano lo vuole proporre e mi è andata bene.

Poi, però, è arrivata la pandemia…

Sì, io da Sanremo non mi aspettavo niente, perché è giusto che vincano i ragazzi giovani, è il loro momento, però almeno sapevo che c'era una bella tournée ad aspettarmi, invece è arrivata la pandemia, poi la morte di mio fratello, insomma sono arrivate tutta una serie di cose che hanno sbarellato la mia vita e adesso, appunto, ricomincio con un piede nel passato e uno sguardo nel futuro, perché penso di avere delle cose da dire, anche perché la voce mi tiene.

Rita Pavone
Rita Pavone

Parlavamo di Daniele, Gemma, Prendimi o brani come Crisi d'identità, tutte canzoni in qualche modo progressiste. Però lei è sempre stata sempre accostata politicamente alla destra. Anche Eco, all'epoca, nel famoso capitolo che lei dedicò, parlò appunto di questo mito di destra perché il suo Datemi un martello fu spogliata dal significato originale e dall'afflato politico che le aveva dato Pete Seeger…

Era un pezzo pacifista, la RCA voleva lanciarla dandola a me, ma noi non avevamo i problema che aveva l'America, quindi non avrebbe avuto senso cantare una canzone pacifista. Mi diedero questo testo che mi scrisse scrisse Bardotti, io ero una scritturata dalla RCA, lo cantai e fu un successo.

Perché, quindi, è finita accomunata alla destra?

Guardi, questa cosa che sono fascista è una cosa che si sono inventati. Io sono una liberale, ascolto tutti, mi piaceva molto la tavola rotonda degli anni 70, quando si vedevano tutti i componenti di partiti che parlavano, ognuno diceva la sua e tu potevi dire che uno o l'altro non erano male. Adesso invece no, vanno con i paraocchi, ma dicano quello che vogliono, io so chi sono.

Però possiamo dire che la candidatura con Tremaglia, repubblichino e fascista, non aiutò questa dimensione liberale?

Quello è stato un grande errore, ma un grande errore dovuto a qualcosa che io ritengo di aver fatto bene a fare: Tremaglia mi aveva gentilmente chiesto di dargli una mano perché suo figlio, che era politicamente molto amato da tutti, era morto e lui aveva questo desiderio di portare a votare gli italiani all'estero. Così mi chiese di dargli una mano proprio perché ero popolare all'estero, in più mi disse che la coalizione era formata anche da Berlusconi. Successivamente, invece, si scoprii che non era più così, non c'era più questa coalizione e io gli dissi che non ci sarei più stata, ma a quel punto lui si mise a piangere.

Cioè, Tremaglia si mise a piangere quando lei si tirò indietro?

Sì, si mise a piangere. In quel momento io mi trovavo in Spagna, non mi ero mai interessata di politica, anzi, per aver cantato una volta con Palmiro Togliatti stavo sprecando la mia grande fortuna di andare in America perché l'ambasciatrice americana pensava che fossi di sinistra e dovetti spiegarle che avevo diciott'anni e non votavo, visto che all'epoca a quell'età non si votava. Quindi Tremaglia mi disse di parlarne e incontrarci, così sono andata, anche perché questo signore aveva 80 anni, si è messo a piangere davanti a me e io non ebbi il coraggio di dire di no, così gli dissi che avrei fatto il possibile.

Quindi tutto ok, alla fine?

L'unica cosa è che lui mi aveva parlato di una candidatura in Sud America, invece si presentò lui, mi lasciò in Europa e questa cosa mi diede un po' fastidio. Ma io non ho mai tifato per nessuno, sono una che pensa apertamente di tutto: se uno di sinistra dice una cosa giusta, io dico che ha detto una cosa giusta, se dice una cavolata, dico che ha detto una cavolata.

Saranno i social che amplificano certe posizioni?

Ma il rapporto con i social io l'ho completamente chiuso, distrutto, eliminato, dopo che feci una battuta sui Pearl Jam (che durante un concerto chiesero di aprire i porti, in contrasto col Governo, ndr). Volevo dire quello che durante un'intervista a NME, per esempio, il cantante dei Blur disse al leader dei Sex Pistols che stava vivendo da anni in America, riguardo la Brexit. Disse una battuta che era molto semplice, ovvero: "Non si può parlare della politica interna di un Paese in cui non si vive e di cui non si conosce l'emotività della gente". Solo che di quella cosa nessuno disse niente perché erano di sinistra, ma siccome io ho questa macchia per cui sarei fascista e non lo sono, mi hanno criticata.

Insomma, un attacco avvenuto per un fraintendimento…

Questa cosa mi ha dato molto fastidio, perché vuol dire che la nota di biasimo non riguardava quello che avevo detto, ma riguardava chi l'aveva detto, e mi permetta di dire che lo trovo scandalosamente antidemocratico. Io dico quello che ha detto un altro, non ho detto niente di più e poi era una battuta, però mi è dispiaciuto perché ho capito che si fanno delle scelte e allora io non entro più sui social: mio figlio mi ha fatto notare che in poche parole non si può esprimere un pensiero e allora è meglio stare zitti, perché se no non si riesce a esprimere quello che invece hai dentro, quello che vorresti dire e vieni frainteso, io l'ho capito e infatti non scrivo più niente.

Senta, mi racconta l'incontro con suo marito? 

Mio marito l'ho conosciuto sulle scale della RCA quando feci il provino per partecipare al Festival degli sconosciuti di Ariccia. Evento a cui mi aveva iscritto mio padre senza dirmi niente, quando ormai avevo deciso di lasciare perdere con la musica. Avevo compiuto 17 anni da pochi giorni e avevo detto a mio padre che ero stufa di vedere i manifesti in giro in cui c'era scritto "la famosa cantante torinese" perché se una è famosa non c'è bisogno di scriverlo: "Diciamo le cose come stanno, mamma ha ragione – gli dissi -, troverò un bravo ragazzo, farò una vita diversa".

Ma fu suo padre a non arrendersi, giusto?

Sì, mio padre la prese molto male, però sembrò accettare il tutto, invece mi iscrisse al Festival degli sconosciuti che era sotto l'egida della RCA e di Sorrisi e Canzoni. Mi arrivò una lettera e da lì creai il primo grande caos in casa mia perché non c'erano i soldi per andare a Roma. Sa, era come andare a New York per noi che abitavamo nella periferia di Torino, allora mio padre disse a mia madre "So che hai messo da parte i soldi per comprare il frigorifero – perché noi avevamo ancora la ghiacciaia – e potemmo utilizzare quelli. Mia madre andò su tutte le furie perché disse che tutte le amiche avevano il frigo ma mio padre disse una frase che ancora ricordo, perché sembrava lapidaria: "Penso che la vita di nostra figlia valga almeno un frigorifero" e così partii.

Una scelta fortunata, no?

Sono andata alla RCA e c'erano tutti questi ragazzi pronti a partecipare, lì vidi Teddy Reno – che conoscevo soltanto televisivamente – scendere le scale e dire a tutti noi che sarebbe stato molto sincero. Quando lo vidi, però, non so cosa successe nella mia testa, ma qualcosa mi disse che con lui non sarebbe finita lì. Dopodiché ho fatto la mia vita, ho avuto i miei flirt, avevo una storia con Bruno Filippini, un bellissimo ragazzetto. Poi vinsi e il premio era un disco per la RCA che era "La partita di pallone". Fu lì che conobbi mio marito, cominciammo a frequentarci, lavorando insieme e abbiamo scoperto di volerci bene.

E da lì è proseguita fino a oggi…

Abbiamo fatto le cose giuste, per bene, come voleva mia madre: io sono arrivata illibata al matrimonio e ci tengo a sottolinearlo perché all'epoca era molto importante. Poi ho sposato quest'uomo col quale ho festeggiato a marzo scorso 55 anni di matrimonio. Sapevo che era l'uomo della mia vita, se non l'avessi sposato so che oggi sarei una donna triste.

A proposito di frigorifero, a sua madre poi gliel'ha comprato?

Tutti i frigoriferi che voleva… Sa, all'inizio mamma non mi seguiva, quando ha cominciato a venire in giro per il mondo con me, a vedere i successi, ne fu orgogliosa.

43 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views