Lazza è finalmente una stella della musica italiana: la guida all’album Sirio
"Stavamo sui marciapiedi, senza soldi su quei marciapiedi, il tuo amico vuole una sberla vieni, a te dico vuoi una stella, tieni". Il bridge di "Cinema", la sesta traccia di "Sirio" centra uno dei temi del terzo progetto ufficiale del rapper milanese Lazza, nome d'arte di Jacopo Lazzarini. Un disco che ha la pretesa di espandersi in più universi sonori rispetto ai precedenti, "Zzala" del 2017 e "Re Mida" del 2019, con l'Ep "J" nel 2020. "Sirio" è la testardaggine di Lazza, la sua continua ascensione nel panorama rap, che adesso gli va stretto. Essere catalogato solo nella scena rap, senza diventare un riferimento della musica nazionale, non è più accettabile per chi ha dimostrato negli ultimi cinque anni di mainstream di essere qualcosa in più. 17 tracce per più di un'ora di musica, un esperimento controcorrente nell'era dello streaming e degli album playlist.
"Sirio" è anche l'arte del compromesso, non solo la stella bianca della costellazione del Cane Maggiore. Perché Lazza ha la necessità di riconoscersi in un pubblico più ampio, e questo significa essere consapevole di come e dove la tua musica possa essere distribuita. Non un compromesso dell'arte però, che risuona nelle liriche, ma soprattutto nelle melodie. "Sirio" si cataloga tra i dischi in cui il perfezionismo melodico ha centrato il suo obiettivo: 17 tracce che si interscambiano, ma seguono una rotta musicale fissa. Nessuno stravolgimento delle carte, ma Lazza ha migliorato nettamente il suo canto, arrivando a produrre "Sirio", che vede l'artista passare da un flow più crudo in "Top Boy" a "Panico", il brano più emblematico di questa sua nuova sfumatura musicale. Un disco maturo, che accende anche la curiosità nel capire cosa sarà Lazza tra qualche anno.
Il disco non può che cominciare con "Ouv3rture", la saga arrivata al terzo episodio. Il brano, come i precedenti, divide le due anime del cantante, con l'inizio al pianoforte, in una ballata dei dubbi contemporanea. Al centro anche il tema del tempo, delle 24 ore già analizzate in "Re Mida" nel brano "24H": Lazza distanzia gli altri giovani artisti, affermando quanto abbia sfruttato bene il suo tempo. La seconda parte del brano apre ai collegamenti col passato, alla fame nel fare questa musica: "Ti assicuro, io sono lo stesso di quando non c’era champagne e caviale, tu davvero pensavi bastasse una stella Michelin a levarmi la fame. Tutto torna ma non torna niente, penso sia solo uno stupido detto, hai presente il 21 dicembre? Per me il mondo è finito da un pezzo".
Dopo "Ouverture" arriva "Alibi", ancora con la presenza sul beat di Low Kidd. Un giorno ci accorgeremo di quanto il producer sardo sia stato uno dei motori del cambiamento della scena musicale italiana, non solo per la sua presenza in Machete, ma anche per la potenza delle produzioni che ha immesso nel mercato musicale italiano. Una figura che con la 333mob ha disegnato un cambiamento, legandosi a doppio filo con un universo club che in Italia ha guardato solo negli ultimi 15 anni alla scena hip hop. "Alibi" è una delle prime dimostrazioni del cambio di passo vocale di Lazza, soprattutto quando canta: "Sai che forse c'hai ragione tu, io non so dire la parola amare, qualcuno mi vuole giù. E spenderò solo parole amare, lo so che mi fai il voodoo". Il brano riprende anche la narrativa dell'amore pericoloso con la reference a Mickey e Mallory, i protagonisti del film "Natural Born Killers – Assassini nati" Woody Harrelson e Juliette Lewis.
Si arriva a "Molotov": il brano prodotto da Low Kidd, Drillionaire e Young Miles è una reference a The Weeknd. Infatti il singolo, attraverso synth e drum machine, strizza l'occhio alla dance anni '80, ed è uno dei primi episodi trasversali del disco. Il brano, già presentato con uno skit su TikTok, inquadra perfettamente la natura della piattaforma: il ritornello cantato e la sequenza di parole combaciano perfettamente con quel tipo di immaginario. Segue "Sogni d'oro", un memorandum di ciò che ha affrontato il cantante negli ultimi 10 anni: "Penso così forte che faccio buchi alle mura, sapevamo che fare soldi fosse un'impresa, anche se oggi sono io la mia impresa come Frank Lucas". Il richiamo alle imprese dell'American Gangster di Ridley Scott dimostra anche l'immaginario cinematografico del rapper che chiude la strofa con: "Cerco me stesso ma poi non mi trovo, ero l'ultimo della classe, il primo in corridoio, io vorrei sapere che effetto ti fa, quando mi guardi dentro e dopo trovi il vuoto".
"Bugia" rappresenta anche il primo featuring illustre del disco: all'interno del brano troviamo Tory Lanez. Protagonista negli Stati Uniti di un'ascesa che lo ha visto pubblicare nove album in studio negli ultimi sei anni, rappresenta una delle figure più eclettiche della scena hip hop americana. L'artista canadese ha avuto anche i suoi momenti di notorietà in Italia, principalmente legati al suo coinvolgimento in una vicenda giudiziaria che vede protagonista anche Megan The Stallion e il suo ferimento da arma da fuoco, ma soprattutto il freestyle divenuto virale su TikTok pubblicato dal creator Adin Ross. Il singolo rappresenta un feticcio di Lazza, un premio per ciò che ha raggiunto, poiché Tory Lanez è uno tra i suoi rapper favoriti: "Bugia" è anche uno degli episodi più rappati del disco, e pone l'accento sulle qualità delle punchline dei due artisti.
"Cinema" è la proposta che divide "Bugia" da "Piove", la seconda collaborazione e molto probabilmente una delle hit del progetto: all'interno troviamo Sfera Ebbasta. Lazza continua a far vedere le sue abilità da punchliner, volando dal "Toxic" di Britney Spears alla musica di Frank Sinatra, terminando la strofa con il racconto del quartiere. Contrariamente alle ultime uscite, una strofa piuttosto che un ritornello per Sfera Ebbasta, che ricorda al suo pubblico come anche il cambio di melodie, non abbia cambiato in fondo il ragazzo di Cinisello. Dal riferimento al quartiere, cambiato dal suo avvento, alla firma del contratto con le lacrime di sua madre: lo Sfera Ebbasta del quartiere è ancora uno dei codici inviolabili della scena italiana. Da "Piove" a "Panico", uno degli episodi pop dance del disco, un inno da stadio, un brano che potrebbe avere una triplice dimensione: da singolo che divide a metà il progetto, a classic hit per TikTok, ma soprattutto per i live, dove è possibile immaginare il coro del pubblico.
Gli archi di "Jefe" annunciano l'arrivo della parte hard del disco: il singolo è un banger da club. Sembra esser uscito da "J", ma l'evoluzione canora di Lazza e la poliedricità nelle punchline dimostrano l'evoluzione dell'artista. Dalla reference all'Estasi dell'oro di Ennio Morricone a quella di Luca Brasi, personaggio de "Il Padrino" ucciso in un agguato dei Tattaglia, "Jefe" è la traccia che può far saltare il banco durante un live. Si è aperta la stagione della caccia e Lazza sembra veramente in forma.
Un disco in crescendo, con Low Kidd in sottofondo, "Top Boy" – che campiona Gnossienne n. 1 di Erik Satie – è il terzo featuring del progetto, questa volta con Noyz Narcos: "La gente come me ti serve per puntare il dito, solo per dire a tutti quanti c'è un uomo cattivo" è solo la prima barra ma descrive com'è cambiata l'immagine in questi anni di Lazza, uno dei personaggi della scena più haterati anche per il continuo confronto a cui si sottopone col pubblico. Lascia anche un pensiero sull'industria dell'intrattenimento italiana: "L'Italia è una Repubblica fondata sul trash, ecco perché tutti fanno più soldi di me". La strofa di Noyz Narcos riprende il suo immaginario, dalla schiena contro schiena con il suo amico, alle tag a Roma, un elemento inossidabile della sua letteratura musicale.
È il momento di French Montana su "Puto": la base di Drillionaire sembra essere uscita da un mondo futuristico che si mischia con le colonne sonore western e le melodie arabe. Una delle produzioni migliori del progetto, che vede anche la partecipazione di uno dei più grandi artisti della scena USA: il nativo di Casablanca French Montana. L'eclettismo vocale di entrambi rende "Puto" la hit del progetto, con Lazza che non scompare minimamente vicino al collega, dimostrando quanto la distanza si stia assottigliando tra gli universi musicali. La french dance si prende il palco che giustamente gli spetta con "Senza rumore", un esperimento house che proietta l'immaginario del singolo nello spazio, ma soprattutto vede un canale deep house nel ritornello. Il tema dell'amore viene e va, una rincorsa in cui Lazza descrive le relazioni, ma che volgono sempre verso un tratto specifico che le scandisce: il tempo.
Un altro dei brani che Lazza aveva spoilerato durante la sua esibizione al Teatro Girolamo è "Nessuno", in coppia con Geolier. I due rappresentano i prossimi 20 anni della scena musicale rap e questa volta si lasciano andare al passato, ripercorrendo le tappe del successo senza dimenticare i momenti difficili. Le sensazioni del brano le si possono ritrovare nelle barre di Lazza quando canta: "Ti ricordi che ero giù e che tu eri giù da me? Ti ho detto: Per questi soldi devo farmi in tre. Poi dal nulla baby mi hai chiesto la luna, eh, e io ti ho regalato un completo di Marine Serre". Dalle reference a Sting per i Police, allo snitch dei "rats", legati alla figura di Geronimo Stilton, "Nessuno" è un esercizio di stile di ottimo livello a cui Geolier mette la ciliegina sulla torta quando canta: "La mia ragazza se la prende quando vede che nei testi sono più sincera di quando parlo con lei".
Seguono "3 pali" e "Uscito di Galera". Se il primo rappresenta l'ennesimo episodio banger del disco, il secondo brano gioca sul concetto di amore violento. Dalla galera al letto di lei, il solito immaginario luci rosse delle vetrine e luci blu della polizia semplifica il destino di questo singolo. La produzione mantiene in piedi una canzone che non dà il là ad argomenti diversi non trattati nel disco, risultando una forzatura all'ascolto. Discorso diverso con "Nulla di". Il brano riprende cori di Elisa, simili a quelli sentiti in "D1os" di Luché in "Dove volano le aquile", è uno degli esperimenti meglio riusciti di "Sirio", anche grazie alle sue capacità vocali. Dalla reference a Lullaby, a "Dirty Sprite" del rapper americano Future, Lazza riempie il suo diario con l'ennesima hit radiofonica, che rende Sirio uno dei progetti commercialmente più validi degli ultimi mesi.
A chiudere il disco c'è "Replay", più uno sfogo che un brano, dove Lazza attacca l'industria discografica italiana cantando: "Io so solo che in Italia se ci sei riuscito, ce l'hai fatta con una canzone che fa schifo". La chiusura del disco può essere registrata nell'ultima strofa, quando si lascia andare: "Non ti so dire ancora se mi so gestire, dicono che Zzala è il diavolo per come scrive, ma tu abbracciavi un angelo, Amore e Psiche", reference alla scultura di Antonio Canova, basata sulla leggenda di Apuleio. Chi si aspettava un disco intimo e personale, sull'onda degli ultimi sei mesi del rap italiano che ha visto le uscite di Marracash, Gué, Luché e Noyz, rimarrà deluso. "Sirio" è il raggiungimento di un obbiettivo per Zzala nella scena, l'affermazione sugli altri, la stella più luminosa del firmamento. L'album testimonia anche la crescita nelle capacità vocali e musicali del rapper milanese, che si è spinto un passo ancora più in là rispetto al passato, producendo un progetto che suona divinamente per i parametri italiani. Merito anche ai producer del disco Drillionaire e Low Kidd, che hanno lanciato una bomba nel sistema, adesso è da vedere chi sarà pronto a raccogliere questo guanto di sfida.