La guida alle canzoni de Il Coraggio dei bambini, Geolier vuole diventare un’icona e ci sta riuscendo
"Io rappresento, non è un'immagine che mi sono creato. Io sono così, non fingo di essere così. Non posso abbandonare queste persone, perché anche prima di loro e Napoli, tradirei me stesso". "Emanuele" ha rappresentato la promessa di Michelangelo ai consoli dell'Arte della Lana e dell’Opera del Duomo di Firenze nella realizzazione del David, "Il coraggio dei bambini" il suo svelamento. Geolier torna in una casa che non ha mai abbandonato con il suo nuovo lavoro, pubblicato lo scorso 6 gennaio e anticipato dai singoli "Chiagne" e "Money", due episodi diversi che allargano anche la lente di osservazione su un progetto che ha osato nella sua visione. Emanuele Palumbo ha in mano il futuro del rap italiano, rappresentando già oggi una delle più coraggiose e controcorrenti scelte del panorama: fare un disco rap senza fare pezzi "facili".
Ma ci sono tanti livelli di differenziazione che solo lui, in questo momento e con queste aspettative sul disco, avrebbe potuto decidere di seguire. Mentre tutti quanti corrono in Francia e in Inghilterra, magari anche in Germania e Spagna per un suono che accolga una platea più ampia, Geolier ritorna al 41° parallelo: quello che unisce Napoli e New York, quello che a Napoli rappresenta ancora uno degli spazi narrativi più ampi in cui leggere somiglianze tra i due posti. Senza scendere nella facile retorica, tenendoci solo alla musica, c'è ancora scritto 1998 lungo tutto il parallelo, un anno che ha ospitato l'omonimo album de La Famiglia, chiave di volta per l'istituzionalizzazione della matrice rap in Campania. Da qui discenderanno anche i Co'Sang con un suono diverso, ma l'insulto e la ghettizzazione saranno le stesse, come spunterà su una maglia: "Il pezzotto degli americani".
Cosa lega i Co'Sang e questo lavoro? Sicuramente la necessità evolutiva ricercata nel secondo album dal duo composto da Luché e da Ntò, ma soprattutto ne "Il coraggio dei bambini" di Geolier. L'insistenza nel raccontare la vita di un napoletano che ce l'ha fatta, anche attraverso le difficoltà, con coraggio, sembra unire i due modelli: è il momento che attraversano gli autori a differenziarli poi nella direzione letteraria, con "Vita Bona" che rappresenta l'ultimo spicchio di luna durante un'eclissi, mentre "Il coraggio dei bambini" sembra fotografare l'alba di un nuovo mondo, una nuova figura per un obiettivo "classic": rappresentare una "trappola".
Ma che cos'è e da dove arriva "Il coraggio dei bambini"? Sono passati ormai quasi quattro anni dall'esordio iconico di "Emanuele", spazio in cui Geolier ha raccolto oltre 32 featuring, entrando con prepotenza nei progetti più importanti del periodo. In una particolare fetta di mercato, ormai Geolier era diventato anche il protagonista di dischi altrui, e la pubblicazione di leak su profili TikTok e canali Telegram aveva danneggiato non solo il potenziale del suo disco, ma anche la fiducia nella prossimità d'uscita del progetto. Poi "Chiagne" con Lazza, suo amico fraterno, destinati a darsi il cambio in vetta alla classifica 2022/2023 dopo "Sirio". Ma se c'è una canzone che avrebbe potuto rappresentare appieno il mood de "Il coraggio dei bambini" è sicuramente "Money".
Le immagini di Gaetano De Angelis e la regia di Davide Vicari hanno regalato una delle ambientazioni cinematografiche più avvenenti della Napoli di Geolier. Il colpo di grazia? La barra che recita: "Salute, voglio fare un ritratto a tutta la mia famiglia per rivenderlo a milioni, perché viviamo in un’epoca dove il prezzo fa l’interesse, la bellezza non interessa e non crea interesse alcuno". Un tributo a 50cent e Nas che lascia allibiti per la chiarezza del messaggio, un suono curato dalle sapienti mani di Davide Totaro, aka Dat Boi Dee e Poison Beatz, nome d'arte del producer Gennaro Petito. La loro presenza in quest'album è totale, il rispetto di un suono "classic" che non banalizza, l'assoluta necessità di rappresentare qualcosa di personale. "Il coraggio dei bambini" rappresenta perché ha un suono che viene riconosciuto suo, nothing else.
E in un disco così personale come "Il coraggio dei bambini", com'è stato affrontare la questione collaborazioni, soprattutto dopo più di 30 feat in quattro anni? Alla stessa maniera, legandosi alle persone più che ai musicisti da portare nel disco: ritornano Guè e Lele Blade, si evidenzia l'assenza di Luché, ma si aggiungono Lazza, Paky, Shiva e Sfera Ebbasta. Tra i producer, oltre alla coppia Dat Boi Dee e Poison Beatz, ad aggiungere episodi da repack come "Chiagne" e "Monday" ci sono Takagi e Ketra, ma soprattutto Michelangelo, producer di Blanco. 18 brani, 50 minuti e mezzo di musica in dialetto napoletano, rigorosamente. Il rap italiano ha trovato la sua nuova fonte a cui abbeverarsi, e come recita lo stesso Geolier nel suo 64Bars: "Uno d”e migliore rapper italiane, nun fa ‘o rap in italian".
La guida alle canzoni nel nuovo album di Geolier
E allora partiamo dal singolo manifesto di questo progetto: "Ricchezza", prodotta da Dat Boi Dee sembra raccontare cronologicamente il cambiamento degli eventi accorsi negli ultimi quattro anni per Geolier, ma soprattutto come questo ha influenzato il rapporto con il padre, figura decisiva nell'evoluzione dell'uomo Emanuele Palumbo: "Papà fatica ancora nonostante sape ca tengo ‘e sorde, dice ca si ‘o desse ‘a magnà i' nun se sentesse cchiù n'ommo. ‘A vita è breve, ma addeventa longa quando è triste, nun'songo ancora n'ommo, ma me sto ‘mparanno ‘a isso".
Ricordate il meme "A fernut e chiovr", durante la celebre intervista a Noisey? Il 22enne Emanuele celebra ancora i valori di una vita passata, di un uomo che gli ha insegnato a dire di no "a ‘e sorde d"a malavita", perché "Nun'ce vonno ‘e palle a ffà ‘e reate, ce vonno ‘e palle a faticà". Nel brano vengono citati il padre Vincenzo, la fidanzata Valeria a cui viene ricondotto un periodo di attesa per una sospetta gravidanza, che viene raccontato con: "Chillu periodo arragiunav c"a panza, ce sussuravo ca vulevo nu maschio pe ce fa fá tutte cose ca i' nn'aggio fatto maje". Questo desiderio di trasmissione, di donare a suo figlio ciò che non ha mai avuto, è la consapevolezza di una mancanza: quella di non esser mai stato un bambino.
Torniamo ai primi anni 2000, torniamo all'area nord di Napoli, torniamo ai Co'Sang in "Poco/Troppo": non solo per il riferimento a "Chi more pe mme", titletrack dell'album d'esordio del duo napoletano del 2005, ma perché i suoni, le melodie scelte per il brano, sembrano arrivare proprio da quel mondo lì. Il singolo potrebbe essere raccontato da vari highlight nel testo: da "Bambino sfida ‘o sbirro mentre ‘o pate arrest" al filo di immagini che vengono descritte nella preparazione di una rapina. Una codifica a cui Geolier ci ha sempre abituati, storyteller di un mondo che ha rifiutato ma che lo attornia selvaggiamente. La sopravvivenza e i suoi metodi vengono descritti ed esercitati nella loro configurazione più cruda, come quando Geolier canta: "Mparete ‘e tecniche e chi sopravvive, si tiene sete, fra', nun bive, l'importante è ca da nu chilo addiventano doje chile, si nu' porto ‘o latte ê figlie, dimme comme m'arretiro, yeah".
Chi si aspettava un brano musicalmente scontato tra Geolier e Sfera Ebbasta dopo il successo estivo di "M' manc", rimarrà deluso: "X Caso" mantiene la stessa linea narrativa del precedente episodio, ma il suono creato da Daves The Kid e Dat Boi Dee è una ballad r&b che fa assumere al brano una consistenza diversa. Nessun punto della scrittura rapisce, ma la musicalità delle parole scelte dai due autori, nelle strofe più che nel ritornello, attecchisce. Non è sicuramente il pezzo forte del progetto, ma già dopo pochi giorni risulta il più streammato su Spotify: Geolier ha dimostrato di non doversi "adattare" per conseguire lo stesso tipo di risultato.
In "Me vulev fa ruoss" compare il contrasto con il passato, la crescita e la temporanea "vittoria" del cantante: da un trascorso problematico alla maturità di dover gestire non solo la propria vita, ma anche la carriera e le persone che gli stanno accanto. Ritorna la figura del padre come guida in questi tempi, ritorna la refercence dell'Africa Twin dopo la comparsa nel documentario di Esse Magazine, la moto preferita di Geolier, ma soprattutto ricompare Valeria, la sua fidanzata. È proprio dal contrasto tra il nulla ricevuto quando ne aveva bisogno e gli attuali inviti a cene e pranzi ora che non ha più fame a infiammare la narrazione di Geolier che canta: "Nisciuno c'ha dato na mano quanno nun ‘o tenevamo e c'invitano a mangià mo ca nun tenimmo famme".
Ritorna l'anima r&b dell'album con "Lonely", un singolo che sembra uscito da "In my own words" di Ne-yo del 2006: atmosfere calde a cui il progetto ci ha già abituato, con Poison Beatz alla produzione. Il tira e molla emotivo descritto da Geolier non ha particolari reference, ma la musicalità del napoletano, influenzato dall'inglese, rende pienamente in "Lonely". Ritorna Dat Boi Dee, con una nuova tag: "Dat Boi Dee, accide a chisto". Per "Nun se ver", Geolier ha fatto le cose in grande, invitando sulla traccia uno dei suoi padri putativi della scena: Gué, che uscirà con il suo "Madreperla" il prossimo 13 gennaio. Il primo banger dell'album raggiunge il suo apice nel ritornello, in cui Geolier canta: "Ca nun tengo ‘e sorde nun se vede (Nun se vede), ‘a guagliona, quando parlo, nun me crede (No, nun me crede). Mo nun fá ‘o cattivo, nun te credo (No, nun te credo), m'hanno ditto ca tu spare, nun ce credo". Guè lascia una primizia nella sua strofa, un richiamo alla scena in attesa di "Madreperla": "Che gioco giochi? Rappi di auto che non compri, donne che non scopi (Yeah), pensa che brutto che un tuo fan lo scopre (Damn)".
Da Guè a Shiva e Michelangelo in "Monday": forse il brano che più si allontana dalle fasi lunari attraversate ne "Il coraggio dei bambini". Il singolo, destinato a diventare una hit da radio e da TikTok, rappresenta il momento "inno romantico" del disco: nella narrazione possiamo trovare legami con ciò che è accaduto in "Un altro show", feat pubblicato nel disco "Milano Demons" di Shiva lo scorso 25 novembre. Tra le fasi salienti del brano, la strofa conclusiva cantata da Geolier e Shiva: "Sî l'unico antidoto p"o veleno ca me dive, ‘sta cuperta nun me scarfa cchiù. Sto in allerta quanno chiamme tu, te dicette addio e sabbato, me pareva lunnedì". Dopo "Money", già analizzato qui, arriviamo a "Maradona": uno dei brani più emblematici del disco, ricco di simbologia e di rappresentazioni iconografiche. Il singolo funge anche da confessione per Geolier, dalla richiesta della Mondadori per un libro, ai due orologi sul polso come Diego Armando Maradona: adesso la figura del cantante si spoglia anche della ricchezza come simbolo di rappresentanza. Basta il suo viso per essere riconosciuto.
"I Am" è un racconto intimo delle scelte sbagliate, delle storie sbagliate, che circondano Geolier. Dalla denuncia di chi si unisce al potere sotterraneo, riflettendo sugli anni in cui non vedrà più la madre al proprio fianco per far parte del branco, alla frecciatina alla nuova scena rap italiana. Tra chi cerca di raccontare situazioni che non ha vissuto, a chi canta di aver guadagnato più di quanto sia realmente possibile, Geolier recita: "Sta chi ha fatto ‘e sorde c"a matita e chi c"a mannite, e chi c'ha pruvato e chi nun c'è riuscito: è piramidale, i' stongo ‘ncopp'â cima". Insieme a "I am", "Napoletano" rappresenta il lavoro giornalistico e narrativo compiuto da Geolier nelle strade di Napoli. Il racconto cinematografico ha perle di verità che riescono a rendere attuali e stridenti le immagini proposte: da un destino beffardo che divide le persone in guardie e ladri, figlio di una brutalità quotidiana, a come gli esseri umani crescono, assorbendo il dolore. Il tutto recitato nella strofa: "L'esito d"o test è negativo, ‘a mamma chiagne, ‘o figlio ride, tutto parte ‘a comme assuorbe ‘e cose triste, tutto parte ‘a comme piglie ‘e sfide, nu frate tira dint'â porta, figlio ‘e nu pate che tira linee".
Dal banger di "Come vuoi", come per "Here I Come", alla ballad di "Niente di speciale", passando per la già esplorata "Chiagne" con Lazza, arriviamo a un momento fondamentale del progetto: la successione data da "In trappola" con Lele Blade e "Non ci torni più" con Paky. Due brani che raccontano due trappole diverse e soprattutto due linee di narrazione che confluiscono nel disagio raccontato in tutto il percorso da Geolier. Partendo dal brano con Lele Blade, che ritorna nel disco dopo la presenza in "Emanuele" nel brano "Mamacita", il tenore del racconto appare completamente distante. La consapevolezza della propria maturità attecchisce nel singolo, con i due rapper che esplorano come la Campania, e in particolar modo Napoli, rappresenti quella trappola da cui non riescono emotivamente a fuggire. Da Geolier che sente di esser stato benedetto dalla voglia di indipendenza, avuta già da bambino, che gli ha permesso di arrivare ad avere il sogno di essere un cantante e di non immischiarsi nella malavita, alla più profonda considerazione di Lele Blade. Il primo rapporto con i pacchi di erba a 12 anni, la fama tanto agognata che preoccupa invece di rilassare i nervi, il tutto racchiuso nel climax finale, in cui la famiglia e un figlio diventa l'unica medicina per curarsi: "Mo cu vinte K appise ô cuollo m'aggia guardà attuorno, nun so' maje cagnato, nun me scordo d"e valore e nu cumpagno bbuono vale cchiù assaje ‘e n'opera ‘e valore. E chi me stima ‘o ssape ggià, picciò muresse p"a famiglia, ‘a cosa cchiù bella ca ‘a vita te può regalà è nu figlio".
Un altro piano narrativo è quello che vede protagonisti Paky e Geolier in "Non ci torni più", una costola di "Comandamento" pubblicata nel disco "Salvatore" del rapper milanese, proveniente dal quartiere Monterosa. Il racconto di un arresto e il successivo trattamento della famiglia del membro arrestato vengono raccolti e sciolti nel testo dai due autori: soprattutto nella strofa di Paky, il giovane cantante sembra recitare la formula delle rassicurazioni che viene espletata alla famiglia di un membro della criminalità organizzata, coinvolto in un arresto. La scelta delle parole, le formule verbali sembrano avvicinare e rendere vivido un racconto inflazionato dalla stereotipizzazione televisiva, che invece risulta in questo brano reale e crudo, come quando Paky canta: "Ricordi qualche anno fa, i giorni che io e te parlavamo su Telegram? Oggi posso sentirti solo per telegramma e posso scriverti solo una volta a settimana per dirti che qui ci manchi e chiederti: Lì come va?".
Arriviamo all'ultima traccia del progetto: si tratta di "Give You My Love". Rappresenta la traccia più personale del disco, un resoconto di questi ultimi quattro anni da "Emanuele": con "Ricchezza", prima traccia del disco, si discute amaramente anche di ciò che a Geolier è mancato: l'essere un bambino. Da quello stato d'evoluzione personale ha però preso il coraggio di andare avanti, senza mai guardarsi indietro, per la paura di cadere, per la paura di perdere le persone con cui ha costruito tutto questo. Ma non solo la musica scorre tra questi fili, ma anche le rinunce alla partecipazione alla criminalità organizzata, che non gli avrebbero permesso di osservare l'evoluzione delle rughe di sua madre, metaforicamente adattate alle crepe di un marciapiede. È qui che Geolier si eleva, non solo per la qualità del racconto, il senso di rappresentazione e la scelta linguistico-musicale: è la più sincera espressione dell'evoluzione come uomo e dell'immaginario che lo circonda a farci rendere conto di quanto sia cambiato Emanuele Palumbo, il suo vero nome, negli ultimi quattro anni. Senza dimenticare mai che compirà solo 23 anni il prossimo 23 marzo.
Da "So' aumentate ’e crepe ‘ncopp'ô marciapiede, pure mammà ha fatto ’e crepe ‘ncopp'â faccia e me chiedo si mammà ce sta quando arrivo in alto, giusto pe ‘na soddisfazione personale" a "Coccheduno se n'è juto mentre cadeva tutt"a casa ‘s stavo demolenno i' pe me costruí n'impero. Ma l'aggio fatto apposta, nun succede niente a caso e se n'è juto sempe chi me diceva: Pe sempe", Geolier cerca di restituire, in un modo passionale, tutto ciò che ha ricevuto e costruito insieme alle persone che gli sono state vicine, ma non solo. Una rivoluzione personale che aveva bisogno di essere scritta a ferro e fuoco e regalata alla città che lo ha forgiato: un episodio 2 di "Riconoscenza" dei Co'Sang. Uno dei brani più maturi degli ultimi anni del rap italiano, uno degli artisti più maturi della scena italiana e uno degli album più solidi del 2023, anche se uscito solo pochi giorni dopo il suo inizio.
Con "Il coraggio dei bambini" Geolier rispetta e supera le aspettative altissime che c'erano sul progetto, anche dopo più di 32 featuring in quattro anni, anche dopo decine di tracce spoilerate sui social dalla sua cerchia, anche dopo l'ennesima lamentela cantilenante del dialetto, in un paese che "nei numeri" idolatra il rap europeo e statunitense. Ma Geolier fa qualcosa in più: si toglie le vesti da hitmaker, come in "Emanuele" e racconta la "trappola" e la sua evoluzione all'interno di ciò che lo ha forgiato. Non solo la sua, ma anche dell'ambiente che lo circonda, che lo stimola e si sente rappresentato dalle sue fotografie, dal suo dialetto, dalla sua cruda traduzione in parole. Lo fa questa volta con una maturità diversa, non c'è più una guerra da combattere, un posto da cui fuggire: anzi la trappola diventa una gabbia dorata, l'unico posto in cui si sente a casa. Lo fa con coraggio, lo stesso che lo ha portato a girare il suo primo video ufficiale "P' secondiglian'" nello stesso posto in cui lo scorso 8 ottobre ha riunito migliaia di persone, da padrone di casa e protagonista del 64Bars Live in piazza Ciro Esposito, a Scampia.
"Il coraggio dei bambini" per un ragazzo che non è mai stato un bambino. Il senso di responsabilità e la possibilità di sbagliare a un solo passo, la solitudine di essere in vetta comparata all'amore delle persone che lo hanno aiutato in questo percorso e che adesso sono lì su, con lui. La sua gente, la sua trappola e la sua Napoli mostrata in una cartolina senza filtri: il tasto vincente di Geolier è stato rappresentare con autenticità sé stesso e il posto che lo ha cresciuto. Rappresentare e avere paura sono due tra i concetti più ripetuti nel disco, l'oscillazione di un pendolo in cui il coraggio ingenuo, senza timore, quello dei bambini, ha soffiato forte, mettendo più volte in pericolo lo stesso Geolier. Ma il rapper ha vinto e questo disco arriva per celebrare ed essere celebrato: perché Geolier è "uno d”e migliore rapper italiane, (che) nun fa ‘o rap in italian".