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Il Tre torna dopo i 100 milioni di stream di Ali: “La mia più grande paura è essere invisibile”

A due anni dal successo multiplatino di Ali, Il Tre, pseudonimo del rapper romano Guido Senia, ha pubblicato nelle scorse ore il suo secondo disco Invisibili: qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Il Tre
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Te lo prometto, Cracovia pt.3 e Il tuo nome sono i tre episodi musicali che hanno reso Ali, il disco d'esordio de Il Tre, uno degli album crossover rap più importanti del 2021. Un disco da oltre 100 milioni di stream su Spotify, certificato doppio disco di platino, che ha portato Guido Senia a essere uno dei player fuori dall'ambiente rap game, rivolgendosi allo stesso momento alla grande platea in ascolto. E dopo Ali, c'era bisogno di un esperimento più intimo: un progetto anticipato da Cracovia Pt.4 e Roma, in cui si riuscisse a notare anche una nuova versione de Il Tre. Aprendosi al cantato, in brani come Caos, Il Tre ha spalancato definitivamente le porte a un nuovo pubblico in ascolto con Invisibili, il nuovo progetto, che diventa anche un album maturo nei temi: dal concetto di arte come forma d'esistenza, ai rapporti familiari descritti in più brani, ma specialmente in Lettera a mio padre. Qui l'intervista a Il Tre.

Come si arriva alla scrittura di Invisibili, dopo il grande successo di Ali?

Il disco ha cominciato a prendere forma già tre anni fa, pochi mesi dopo l'uscita di Ali. Per esempio ci sono brani come Caos, il primo a cui ho lavorato, in cui ho notato il cambio d'approccio: dall'inizio mi sono affidato anche a nuovi produttori, ho girato un po' di posti e mi sono trovato a scrivere in situazioni molto diverse. Magari qualche anno fa, non avrei fatto nulla di tutto ciò.

Anche sulle melodie di alcuni brani all'interno del disco, come lo stesso Caos?

Mi sono accorto di aver voglia di spaziare di più, sperimentare, anche in vista dei live.

Da questo punto di vista, che esperimento rappresenta Techno Freestyle?

Nasce proprio dal contesto live che vorrei proporre: è una situazione che mi piacerebbe portare sul palco e vedere anche la reazione del pubblico. Spostarsi in questa direzione è stato stimolante, anche per regalare al pubblico qualcosa di diverso.

Hai sentito un po' la pressione, proprio nelle fasi finali della registrazione, del successo del tuo disco d'esordio?

Credo che le aspettative siano aumentate e la pressione gioca un ruolo un po' "infame", anche perché ti crea tante piccole paranoie che ti rendono vulnerabile agli occhi delle persone, soprattutto di chi è inesperto. Però fa anche questo parte del gioco, e se arrivo da un progetto molto importante come Ali, adesso c'era bisogna di fare qualcosa di ancora più importante.

Come sei riuscito a convivere con questa pressione?

Credo di aver fatto un grande lavoro di sottrazione negli ultimi anni.

In che senso?

Ho cercato di capire in questo disco ciò che era davvero importante e ciò che era sostituibile: un carattere che evolve negli anni e che mi ha permesso di crescere anche nei rapporti personali. Penso di essermi lasciato indietro qualche persona o qualche abitudine a cui tenevo tanto: ho cercato di approfondire ciò in cui credevo.

C'è un passo specifico in Il coraggio della paura, in cui canti: " Per aver paura devi aver coraggio".

Significa adattarsi al concetto di paura per essere vivi: ci sono tanti sentimenti, come la paura, che reprimiamo, non accorgendoci quanto ci limita quest'atteggiamento. Bisogna essere vivi all'interno della storia, soprattutto all'interno della nostra storia, provando qualsiasi tipo di emozione.

Un altro macro-tema di Invisibili è il rapporto familiare: come ha evoluto anche la tua narrazione?

È un tema dal quale prendo spunto molto spesso ed è sicuramente un grande aiuto, sia dal punto di vista musicale, perché rende vere e pesanti le mie canzoni, ma anche dal punto di vista personale.

C'è un passo di Invisibili in cui canti: "Forse un giorno farò un figlio".

Credo nasca tutto dal rapporto con mio padre e dal modo in cui ho vissuto la mia famiglia.

Nell'emozionante dedica in Lettera a mio padre, sembra esserci quasi un passaggio di consegne: come ha aiutato la tua carriera e la tua vita personale?

Credo che sia stato fondamentale, anche perché mi sono sempre trovato dietro le spalle una persona a cui affidarmi, qualsiasi cosa mi potesse accadere. Non c'è nulla di più sicuro di un padre che riesce a farti vedere il mondo con una linea di positività, o magari aprendoti a nuove soluzioni.

Ritornando anche alla parte più leggera, quanto ti sei divertito a fare quest'album, come nel singolo estratto Cracovia 4?

Credo che tutta la mia musica sia per me un divertimento, anche in pezzi non proprio felici. Poi ci sono brani come il quarto episodio di Cracovia in cui riesco ad avere riferimenti sull'attualità.

Come la rima sulla prof di corsivo Elisa Esposito?

Non è sicuramente un attacco a lei, men che meno ai social: l'unica cosa che posso condannare, rispetto ai social, è chi ne fa un uso molto discutibile.

Alla fine della registrazione, come sei arrivato al titolo del disco Invisibili?

Credo che una delle mie paure attuali sia essere invisibili. Mi sono reso conto di quanto l'arte e la musica mi diano la possibilità di "esistere", ma soprattutto il disco è in realtà un invito a fare, a cercare anche di fallire, ma di tentare. Tutto piuttosto che non provarci.

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