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Il Tre spalanca le “Ali”: “Sono un outsider che vuole ispirare chi cerca il proprio posto nel mondo”

A tre anni dalla sua ribalta grazie alla puntata di Real Talk in cui si esibì in freestyle, il Tre esordisce con il suo primo album ufficiale: “Ali – Per chi non ha un posto in questo mondo”. Un progetto maturo, che si allontana dalla tendenza nella scena rap italiana, e che vuole ispirare una generazione: “Questo disco è per chi sta cercando la propria identità”.
A cura di Vincenzo Nasto
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Sono passati tre anni, da quando il pubblico di Real Talk si accorse di Il Tre, nome d'arte di Guido Luigi Senia: un artista in grado di stupire con le proprie punchline e con una capacità innata nell'extrabeat. La puntata allora collezionò il record di visualizzazioni, superando i sei milioni su Youtube, regalando i primi riflettori sulla carriera del cantante romano. Un'epoca fa a ripensarci, come dichiarato dallo stesso artista, che nell'intervista afferma che il mondo è cambiato negli ultimi anni e che un disco come "Ali – Per chi non ha un posto in questo mondo", non lo avrebbe mai pubblicato in quel periodo, troppo immaturo musicalmente parlando. È invece è il disco che serviva ora, un progetto personale in cui presentarsi, dopo i successi di "Cracovia pt.3" e "Te lo prometto", ma destinato a ispirare una generazione lontana dalla sua, come ammette. Un disco rap pop per un artista che non si sente minimamente parte della scena, e che potrebbe anche farne a meno, vista la situazione attuale e il messaggio ispirazionale. Nel frattempo ci si ritrova con gli amici nell'album d'esordio, da Clementino a Mostro, da Vegas Jones a Nayt ed Emis Killa, ma soprattutto si ascoltano suoni diversi, dal violino nel singolo d'apertura dell'album "Per chi non ha un posto in questo mondo" al campionamento di "Beethoven" nel pezzo omonimo. Una scelta curiosa, e in alcune parti decisamente azzeccata. Il filo rosso tra tutti questi tratti musicali viene svelato nell'intervista.

Una delle cose che mi ha fatto piacere sentire del disco, è che ci sono alcune produzioni "Per chi non ha un posto in questo mondo" e "Beethoven" con Mostro in cui si sentono i violini e il pianoforte: senza parlare della dubstep in "Fight". È stata una scelta casuale o avevi voglia di sperimentare nuovi suoni?

Sicuramente c'è stata tanta voglia di fare qualcosa di particolare. A me personalmente piace sentire gli strumenti da soli, quindi sia nel primo brano che negli altri, abbiamo spinto su questo.

Un album che parla molto di un cambiamento, di una trasformazione, rispetto già al tuo esordio con Real Talk. Cosa è cambiato negli ultimi anni nella tua vita, ma soprattutto come è cambiato il tuo rapporto con la musica. Avresti fatto un disco del genere due anni fa?

Due anni fa non avrei fatto un disco del genere, ero molto meno maturo musicalmente parlando. Prima puntavo a fare un determinato tipo di canzone, adesso ho tutt'altro obiettivo, voglio mandare un messaggio. Mi sono accorto che da Real Talk ho fatto un grande salto di qualità.

C'è stato un brano o un momento che ti ha fatto rendere conto che stavi lavorando al tuo primo progetto ufficiale?

Non ho mai avuto la concezione di lavorare a un album, perché ho avuto così tanta fretta di chiudere tutti i singoli che non ho pensato di mettere tutto in un album. Mi sono accorto di quanto lavoro avessimo fatto quando abbiamo finito di chiudere tutti i pezzi e ci siamo accorti che potevamo fare un progetto più grande e più vario: un disco. Ho lavorato per molto tempo con la benda sugli occhi, tra parentesi.

In "Io non sono come te" vedo una fotografia di una scena che sembra non averti toccato, come se tu fossi il punto di unione tra ciò che veniva fatto in passato, e la wave attuale. Ti senti un po' in questo limbo e quale vorrebbe essere la tua posizione?

Sicuramente io non mi reputo dentro la scena, mi vedo più come un outsider. In quella canzone faccio un parallelismo tra la mia generazione e quella di oggi e quello è il punto del brano. Dopo l'uscita di quest'album non so dove posizionarmi, l'unica speranza che ho è che venga capito dal pubblico, ma ho fiducia.

C'è invece qualche artista che ti ha ispirato musicalmente nella scrittura dell'album?

Ma se mi ci fai pensare, forse Nf (rapper statunitense). Devo ammettere che in Italia ho guardato molto poco. Ultimamente mi capita spesso di ascoltare molta musica dall'estero, però non sono assolutamente uno di quelli che dice che non ascolta la musica italiana, semplicemente ho avuto questi stimoli.

Tra i singoli più intimi del progetto c'è anche "Farfalla". Un brano del genere pensi possa essere capito e accettato dal pubblico?

Devo dire che ho molta fiducia nel lavoro che ho fatto, su questo punto di vista sono molto tranquillo. Poi deciderà il pubblico, ma per adesso io sono molto fiducioso.

Tra qualche settimana ci sarà il Festival di Sanremo. Hai mai pensato a questo tipo di esperienza, a questo tipo di pubblico?

A me piacerebbe proprio un sacco Sanremo, proprio l'esperienza stessa. Provare le emozioni del palco, i giorni precedenti. Sì, mi piacerebbe molto.

Ultima domanda: cosa bisogna fare per trovare il proprio posto nel mondo? Dopo questo disco pensi di aver trovato il tuo, almeno momentaneamente?

In realtà credo di averlo trovato già, almeno otto, nove anni fa. Devo dire che ho avuto questo privilegio, ma non lo voglio tenere per me. Anzi il senso del disco è guidare proprio le persone a trovare il proprio posto nel mondo. Questo disco vuole essere solo un'ispirazione per tutte le persone che vogliono trovare il proprio.

Il Tre si esibirà domenica 14 marzo alle ore 21.00 in streaming su LIVENow per la prima puntata del format “ITALIAN GRAFFITI”, dedicato agli artisti della nuova generazione (qui tutte le info sui biglietti)

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