Gino Paoli su Covid: “80mila persone alla fame, chi lavora nella musica non è considerato”
Tra i settori più colpiti dal punto di vista economico da questa pandemia c'è quello della musica e degli spettacoli dal vivo, messo in ginocchio da uno stop che dura da mesi ed è destinato a continuare. Ha detto la sua in merito il cantautore Gino Paoli, intervistato nel programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora. Il suo punto di vista sul futuro dell'umanità è decisamente pessimista:
Come vedo la situazione alla fine di questa pandemia? Molto male, peggio del Covid stesso, perché questa situazione ha sviluppato l'egoismo tra di noi, altro che l'altruismo che tempo fa si sperava venisse fuori.
Le parole di Gino Paoli
Le parole di Paoli sono molto diverse da quelle che lui stesso aveva pronunciato nel medesimo programma radiofonico lo scorso marzo, quando aveva auspicato con positività "un secondo rinascimento per l'Italia" dopo questo brutto periodo. La verità è che l'allungamento dei tempi della pandemia e le nuove chiusure sta portando a conseguenze ancora più gravi sul settore culturale. Paoli insiste sul rischio che hanno moltissime persone, quelle che lavorano dietro le quinte, di perdere il lavoro per sempre:
Nell'indotto della musica ci sono 80mila persone, e ora sono alla fame, ma alla fame vera, perché la cultura viene considerata sempre per ultima, nessuno li aiuta. Io non ho problemi ma le tante persone che lavoravano come, dai musicisti ai tecnici, come fanno a sopravvivere e a portare a casa la pagnotta? C'è gente che cambierà mestiere, che soffre, ed è pesante vedere come non siano considerate le persone che lavorano in questo settore.
Covid e crisi del settore musica, i numeri
Da Assomusica, l'Associazione degli Organizzatori e Produttori di Spettacoli di Musica dal Vivo, arrivano i numeri sugli effetti dell'emergenza sanitaria. "In Italia è quasi tutto fermo", ha dichiarato il presidente Vincenzo Spera a Fanpage.it, spiegando che i fatturati sono calati tra il 93 e il 97%, "Siamo al punto in cui non si può più aspettare, quindi bisogna che il Governo o i Ministri o chi per loro si dotino di strutture parallele che lavorino sulla ricostruzione, come quando c'è un terremoto".