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Fabrizio De André: cinque pezzi da collezione

Quello del collezionismo di dischi è uno strano mondo, quasi incomprensibile a chi non ne fa parte ma vivissimo anche in questi giorni di ascolti liberi dalla fisicità e dai costi. Proviamo “a spiegarlo” un minimo, prendendo come spunto la vasta produzione di uno dei massimi esponenti della canzone d’autore italiana: Fabrizio De Andrè.
A cura di Federico Guglielmi
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Doverosa premessa: non sono un collezionista di dischi, né lo sono mai stato. “Collezionista” è uno che vuole possedere tutti gli album dei Queen o di Prince in tutte le stampe del mondo, anche se a distinguerle è soltanto una scritta sul retro della copertina e/o sull’etichetta; oppure uno che non dorme sereno se di tutti i suoi LP preferiti non ha a casa le edizioni originali, che magari costano trenta volte più di quelle in circolazione ma sono prive di codice a barre. Sempre evitate tali ossessioni, benché accusi una fastidiosa tendenza all’accumulo e inconfessabili deviazioni feticiste. E perché dovrei confessarle, del resto? Qui l’argomento non sono io, ma alcuni preziosi reperti in sacro vinile firmati da Fabrizio De André nei suoi trentasette anni di carriera ufficiale, dal 45 giri “Nuvole barocche” (era il 1961) alla scomparsa dell’11 gennaio 1999. Prima, però, un’importante avvertenza: che su eBay o Discogs certi dischi siano offerti a prezzi più elevati di quelli che indicherò, non significa necessariamente che il loro valore di mercato sia proprio quello richiesto; potrebbe darsi che l’astuto venditore “ci stia provando”.

Anime Salve (BMG Ricordi STVL 392351, 1996). L’ultimo lavoro realizzato da De André, in collaborazione con Ivano Fossati, deve la sua rarità al fatto che a metà anni ‘90 il vinile era considerato a torto moribondo, e la tiratura fu quindi esigua: appena 2500 copie numerate (qualche decina inserita in un limitatissimo cofanetto per i giornalisti, mai posto in vendita, con fotografie, gadget e il CD) e una quantità non precisata, ma esigua, di esemplari non numerati. Negli ultimi anni, alcuni dei 2.500 – naturalmente, in condizioni perfette – hanno cambiato proprietario per cifre comprese fra i 350 e i 450 euro. Significativo che la riedizione del 2006 della Sony, 2000 pezzi in vinile 180 grammi racchiusi in un box, viaggi su cifre comprese fra i 150 e i 200 euro.

Caro amore (Bluebell BB 3189, 1967). Storia bizzarra, quella del singolo in questione, con “Spiritual” sul lato B. Anche inclusa nelle prime due edizioni dell’album “Vol. 1” e mai pubblicata in CD, “Caro amore” accoppia musiche tratte dal celebre “Concerto d’Aranjuez” di Joaquín Rodrigo e un testo opera di De André; fu lo stesso Rodrigo, cui l’operazione non era piaciuta, a chiedere il ritiro dal commercio della canzone, che infatti non è più stata riproposta. Il 45 giri non vale moltissimo (dai 30 ai 50 euro, se non rovinato e con copertina), mentre le versioni di “Vol. 1” in cui “Caro amore” trova posto sono quotate circa 100 euro (quella mono) e circa 50 (quella stereo), ma per una pressoché intonsa non è uno scandalo pretendere di più. “Caro amore” è poi su un EP portoghese assieme a “Via del campo”, “Marcia nuziale” e “Bocca di rosa”; otto anni fa una copia è stata di sicuro ceduta a 759 euro, ma per aggiudicarsi l’unica che pare al momento disponibile alla borsa del collezionista, ne servono ben 2000.

Una storia sbagliata (Ricordi SRL 10926, 1980). Bastano 10 o 15 euro, invece, per entrare in possesso di quest’altro 45 giri, con due canzoni scritte con Massimo Bubola – l’epoca è quella tra “Rimini” e “Fabrizio De André” – non comprese in alcun LP e abbastanza snobbate anche in sede di ristampa in CD (soprattutto il retro, “Titti”), nonostante “Una storia sbagliata” sia dedicata a un tema di rilievo come Pier Paolo Pasolini (il pezzo era stato richiesto dalla RAI per fungere da sigla a due documentari sulle morti dello stesso Pasolini e di Wilma Montesi). Un “oggetto” che non dovrebbe mancare a qualsiasi cultore di Fabrizio De André, a dispetto di una copertina che, insomma, non brilla davvero per bellezza.

Suzanne (Produttori Associati PA3216 o PA/NP3216, 1972). Edito con due copertine diverse, questo singolo contiene gli adattamenti in italiano di due classici di Leonard Cohen che sarebbero stati riarrangiati per “Canzoni”, il 33 giri del 1974. Queste registrazioni sono somiglianti ma non identiche a quelle del successivo LP (“Giovanna d’Arco” ha persino una strofa in più, alla fine), e non sono state mai recuperate in CD. A portata di ogni tasca, però, il prezzo-medio del 45 giri, attorno ai 20/30 euro.

Tutto Fabrizio De André (Karim KLP 13, 1966). È in assoluto la prima delle numerosissime antologie dedicate a De André e rende conto del periodo – 1961-1966 – in cui l’artista era legato all’etichetta genovese Karim. Il disco allinea dieci dei diciotto pezzi in origine usciti su 45 giri, destinati a essere in larga parte reincisi nel prosieguo di carriera ma qui colti nella loro veste più “pura” e “acerba”. Il fascino di questo LP, che è stato acquistato anche a 650 euro ma che  realisticamente dovrebbe costarne, se tenuta benissimo, non più di 200/250, è nella foto di copertina – a colori e con l’artista quasi sorridente: nei singoli dominano il bianco e nero e le pose assorte/malinconiche/enigmatiche – e nelle presentazioni all’interno, fra le quali lo stravagante “Fabriziogramma”.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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