368 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Ezio Bosso: “Diagnosi sulle due dita ed ero già in sedia a rotelle, una forma di stalking terribile”

Ezio Bosso torna a parlare di quella che definisce la “storia delle due dita”, una non notizia vissuta come una forma di violenza, esercitata contro di lui e contro la sua musica. “Emotivamente è terribile; si va a toccare una sfera intima, privata, che per tutti dovrebbe essere sacra e inviolabile. Tutti lì a fare diagnosi: partendo dalle due dita, senza nemmeno accorgersi che sono sulla sedia a rotelle” è il commento del direttore d’orchestra dopo la vicenda di Bari.
A cura di Stefania Rocco
368 CONDIVISIONI
Immagine

Una non notizia, qualcosa che era già stato reso pubblico diversi anni prima, ritornato prepotentemente sulla scena a invadere la sfera privata di un musicista e direttore d’orchestra che da sempre chiede di essere giudicato per il talento musicale, invece che per la sua storia personale. Ezio Bosso racconta in un’intervista a Repubblica cos’ha provato all’indomani della vicenda di Bari, quando il fatto che non riuscisse più a muovere due dita ha dato il là a una serie infinita di speculazioni sul suo conto:

Ci sono rimasto male, non solo per l’evidente forma di stalking nei miei confronti, ma anche per il poco rispetto verso la musica. Di che stiamo parlando? Del nulla. Emotivamente è terribile; si va a toccare una sfera intima, privata, che per tutti dovrebbe essere sacra e inviolabile. Tutti lì a fare diagnosi: partendo dalle due dita, senza nemmeno accorgersi che sono sulla sedia a rotelle – ma si può fare di questo un oggetto di discussione? Mi viene da ridere. Casomai è un soggetto di discussione. È sintomo di un’ipocrisia, perché non c’è neanche il minimo rispetto delle conseguenze emotive. Il problema è che si è passati da un concetto preciso e musicale – non posso più suonare il pianoforte con la velocità di un tempo e l’abilità che la partitura richiede e quindi è giusto che io faccia un passo indietro (già fatto da anni) – a un problema (anche questo cognitivo) per cui si pretende di voler far suonare il pianoforte a uno che non lo fa più volentieri – semplifichiamola così. Io di mestiere ormai faccio altro, l’ho sempre detto! Se tu insisti, mi paralizzi la carriera, perché a quel punto per lavorare sarò sempre costretto a mettere il pianoforte al centro del palcoscenico, facendo del male a me stesso e, quel che è peggio, alla musica.

L’episodio di Bari che non è un fatto isolato

L’attenzione circa le condizioni di salute di Ezio Bosso non è un fatto isolato solo alla vicenda di Bari. Ben prima di quel momento, il celebre direttore d’orchestra sarebbe stato vittima di una curiosità a tratti morbosa, un fatto che è lui stesso a denunciare: “Questo non è voler bene, attenzione! È aggressione egoistica. Ci rifletta, lo stalker pretende che tu sia come vuole lui, non ha rispetto per la tua libertà, se ne frega della tua libertà. È difficile spiegare allo stalker che io mi sento libero e felice quando dirigo, non quando suono. Ma ne avrei ben di peggio da raccontare a proposito di mancanza di rispetto. Succede spesso, Bari non è un episodio isolato. In quei giorni anche i suoi colleghi continuavano a chiedermi, quando torni con la tua musica? Che vuol dire, quando riprendi a suonare il pianoforte? Ma son tre anni che non suono più, possibile non ve ne siate accorti? Quando poi continuo a leggere titoli tipo ‘Il pianista malato', ci soffro: primo, perché non sono un pianista; secondo, perché convivo con una malattia, non sono un malato. Malato è chi scrive queste cose. Come quel signore che mi ha chiesto: qual è la relazione tra handicap e talento?”. Un’analisi che lo ha spinto a trarne l’unica conclusione che ritiene possibile: “Che la nostra società è ossessionata da un’aggressività emotiva che inevitabilmente genera devianze”.

La musica, per Bosso l’unica strada possibile

È la musica a fornire a Bosso l’unica risposta di cui necessita. Di fronte alla coordinazione perfetta che uno spartito richiede, alla necessità di rendersi tutt’uno che l’orchestra che dirige, il musicista trova le sue risposte: “Quando ho la bacchetta in mano e la partitura davanti, affondare in questa meraviglia, magari anche nel dolore più profondo di chi ha scritto, trascendo, sono al settimo cielo. Dimentico i pregiudizi, e anche quella lurida storia delle due dita. E spero sia stato chiaro: mentre tutti si affrettavano a farmi una diagnosi, io ero in prova con l’orchestra ed ero il bambino più felice del mondo”.

368 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views