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Conchita Wurst icona LGBT: “Amo essere uomo quando tolgo la parrucca”

In un’intervista al quotidiano inglese The Guardian Conchita Wurst, la drag queen austriaca che si è aggiudicata l’ultimo Eurovision Song Contest, ha parlato del suo ruolo di testimonial LGBT, dell’uguaglianza che rappresenta, di chi la odia e di come la sua parte maschile sia un sollievo.
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Conchita Wurst inaugura il Gay Pride a Madrid

Ormai tutto il mondo conosce Conchita Wurst, la donna barbuta che qualche mese fa si è aggiudicata l'Eurovision Song Contest e tutti conoscono anche la storia di questa transgender che è nata Thomas Neuwirth, ma dal 2008 è diventata la cantante che tutti hanno conosciuto. La sua carriera di cantante, però, cominciò prima che Conchita decidesse di rivelare la propria vera identità, quella che nel suo paese natale aveva dovuto tenere nascosta per un bel po'. Dalla vittoria dell'ESC al diventare un'icona gay mondiale il passo è breve e il Gay Pride di Londra, di cui è stata una delle star lo ha dimostrato.

In un'intervista al Guardian la cantante di "Rise Like A Phoenix" ha ripercorso la sua carriera e ha puntato l'attenzione su quello che rappresenta oggi anche al di fuori dell'Austria. Lei che all'Eurovision c'è arrivata quasi per caso – benché spinta da una volontà di ferro – visto che nella gara per accedervi era arrivata seconda, ma la tv di Stato ha scelto comunque lei, vedendoci giusto: "Saltavano tutti e il glitter dorato colava e urlavo al mio manager ‘René! Ho veramente vinto?' E lui m'ha detto di sì e io ero tipo ‘Oh mio dio!', non riuscivo a crederci" ha dichiarato al quotidiano inglese, che ha ricordato come fosse la prima vittoria austriaca nella storia della competizione. La sua vittoria ha scatenato enorme gioia, ma anche alcune critiche, soprattutto da alcuni paesi dell'est europeo, come la Russia che hanno inscenato varie proteste contro di lei, ma lei non se n'è curata, anzi, come tiene a sottolineare, anche la responsabilità di essere un modello per molti le pesa un po': "Non sono perfetta – dice -, faccio semplicemente ciò che credo sia giusto. Se non riesco a soddisfare quelle che sono le aspettative della gente, mi spiace, ma non è colpa mia. Non ho mai detto che avrei cambiato il mondo" e riguardo le critiche si meraviglia di come queste persone possano pensare che lei sia così potente: "Ci sono persone che mi vorrebbero morta e mi viene da dirgli ‘Mettetevi in fila, cari'".

Ad ogni modo, quello che è e i valori di cui è testimonial non possono prescindere da una visione comunque sociale e politica, l'idea di uguaglianza che rappresenta, infatti, è universale e lei ne è consapevole. Vorrebbe che questa uguaglianza, però, non fosse vista come una battaglia, ma fosse la normalità e il riferimento non è solo alla questione di genere, ma anche alla razza e alla religione. Per fortuna Conchita ha trovato sempre una famiglia che ha compreso la sua natura, che ha avuto bisogno di un po' di tempo per abituarsi all'idea, ma che l'ha sempre supportata: "Mia nonna è stata la prima a regalarmi una gonna". Non è stato comunque semplice prenmdere consapevolezza di quello che era e soprattutto di poter "uscire allo scoperto" ma farlo l'ha aiutata benché, come ammette: "Credo che la maggior parte degli artisti sia veramente sensibile, timida e insicura. E lo sono anche io".

Ad ogni modo quando Thomas non è affatto "morto"; quando torna a casa, infatti, Conchita si spoglia dei suoi panni e tornare ad essere Tom è un sollievo: "Come tutti, quando torni a casa, ti spogli e ti rilassi. È un livello completamente differente di relax o stress" e spiega: "Amo essere un uomo quando la parrucca non c'è, non ho intenzione di cambiare ciò".

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