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Eurovision Song Contest 2014: vince Conchita Wurst, perde la musica

L’Eurovision Song Contest 2014 va a Conchita Wurst, rappresentante dell’Austria famosa più che per la canzone, per quella barba che ha fatto il giro del mondo. Ma la rassegna, seguitissima, ha segnato, ancora una volta, la sconfitta della musica.
A cura di Francesco Raiola
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Conchita-Wurst-Eurovision-Song-Contest-2014
Conchita Wurst vincitrice dell'Eurovisione Song Contest 2014

L'Eurovision Song Contest si conferma anche quest'anno uno dei programmi tv più visti al mondo, con 180 milioni di spettatori spalmati su 45 nazioni, nonché uno dei più trash. Sul palco di Copenaghen, infatti, ieri sera si è visto e ascoltato di tutto, ma la musica è passata allegramente in secondo piano, come ultimamente capita sempre più spesso durante manifestazioni canore così grandi (e l'esempio sanremese è quello più vicino a noi). Come tutti sanno e potevano immaginare a vincere è stata la drag queen austriaca Conchita Wurst (all'anagrafe Tom Neuwirth) con "Rise Like a Phoenix", divenuta famosa ben prima della vittoria per quella barba che la caratterizza e l'ha lanciata in tutto il mondo: "Per me è un sogno che diventa realtà – ha detto in una conferenza stampa a seguito della vittoria – ma per la nostra società, mi ha semplicemente mostrato che ci sono persone là fuori che vogliono precipitarsi nel futuro e e proseguire senza fare passi indietro o pensare al passato". La cantante austriaca, regina anche della discussione dei social e criticata in alcuni paesi dell'Est, ha ricevuto il voto delle nazioni più disparate (compresa la Georgia!), mettendosi subito in testa e mantenendola davanti al duo olandese il quale si era presentato addirittura con una canzone decente, in un contesto che di canzoni decenti non ne ha viste tantissime.

Ci ha provato Emma che ha preferito gareggiare con una canzone in italiano – una delle tre assieme ai francesi e inascoltabili Twin Twin con "Moustache" e il montenegrino Sergej Ćetković con "Moj Svijet" – ma proprio quello non ha aiutato la cantante pugliese ad entrare nei cuori degli altri Paesi, visto che le nazioni dei vari cantanti non potevano, ovviamente, votarli. "La mia città", quindi, s'è piazzata 21a, ben lontana dall'austriaca, con Emma che ha fatto parlare più per il look che per il pezzo.

La serata finale è filata via liscia e veloce: niente fronzoli, niente esagerazioni – canzoni a parte – e 25 canzoni una appresso all'altra, a cui sono seguite le votazioni dei presentatori delle varie tv (per l'Italia è toccato a Linus dare i risultati). Ma è anche vero che la musica è stata la vera perdente di questo show. Neanche la Gran Bretagna, patria della musica, è riuscita a esprimere un brano all'altezza, al punto che il critico del Telegraph Neil McCormick ha ironizzato: "L'Olanda ha mandato musicisti veri a cantare una canzone giusta. Strategia interessante. Mi chiedo perché l'Inghilterra non ci abbia mai pensato". Mestamente ultima la Francia con un gruppo che come qualità maggiore aveva il colore, visto che di wannabe Stromae nessuno ne sentiva la mancanza. Interessante è stato notare come ci sia stata una votazione a blocchi: quello scandinavo, quello dell'est, mentre è mancato quello su europeo e così l'ironia sulla votazione di San Marino è stato uno dei leit motiv di ieri sera su Twitter

L'Islanda si rifà ai Coldplay, Malta ai Mumford And Sons, la Polonia punta sulla beltà, la Russia sulle gemelle, la Danimarca su Bruno Mars – che canta "Scubidubidappa I love you" -, cioè su un artista che si rifà al cantante americano. Sono in pochi a portare canzoni ascoltabili: c'è l'Olanda, appunto, ma anche la Norvegia che si getta a capofitto in quell'enorme tradizione di songwriting scandinava (ma che assomiglia molto a John Grant) e poco altro.

Ora, però, toccherà alla vincitrice, Conchita, capitalizzare questo tesoretto di visibilità, cercando di spostare l'attenzione dalla sua barba alla sua voce e alla sua musica e all'Austria organizzare l'edizione 2015, che spesso è vista più come una patata bollente – visti i costi – che una vittoria vera e propria. E all'Italia scegliere se il prossimo anno puntare ancora sull'italiano o cercare con l'inglese di avere qualche chance in più di piazzarsi là sopra. Sempre che ci sia una volontà di vittoria.

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