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Angelina Mango: “Dopo Amici ho fatto fatica, ora i grandi artisti mi salutano e mi stimano”

Angelina Mango si racconta a Fanpage.it tra gioie, successi, gavetta, Maria De Filippi, Sanremo e la sua prima tournée.
A cura di Vincenzo Nasto
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Con Ci pensiamo domani, Angelina Mango è riuscita a conquistare, al primo tentativo, la hit estiva, dividendo il successo con artisti come Annalisa e i The Kolors. Dopo la finale di Amici, la cantautrice lucana ha affrontato un'estate piena, tra festival e studio di registrazione e qualche settimana fa ha pubblicato Che t'o dico a fa', nuovo singolo che dimostra come la parte catchy sia nelle sue corde, riuscendo a trovare gli hook giusti per restare in testa a chi l'ascolta. In più Mango ha anche cominciato il suo primo tour, in cui oltre a portare gli ultimi successi, porta anche l sue prime canzoni, quelle di Monolocale, qualche cover e un momento dance in cui è sola con consolle e pubblico. Insomma, Angelina studia da popstar e per adesso i fatti le danno ragione.

Cosa ti rende più fiera del tuo ultimo EP?

Probabilmente il fatto che sembrano passati molto più di sei mesi e questo mi fa pensare di aver fatto un buon lavoro, anche perché è un EP fatto di collaborazioni, aperto, libero, che non si racchiude in uno schema ed è soprattutto un Ep che mi rappresenta totalmente, quindi non mi dà alcun tipo di rimpianto, anzi.

E invece questi ultimi sei mesi, per te, cosa hanno rappresentato?

Il cambiamento principale è stato uno, ovvero quello di vedere la reazione delle persone rispetto a quello che dico nella mia musica. Io ho sempre fatto questo nella vita, da quando sono una bambina e la mia vita ha sempre girato attorno a questo, mi svegliavo la mattina e facevo musica, era il mio primo pensiero e questa cosa non è cambiata, anzi, se possibile è aumentata, adesso vedo che la mia musica arriva e assume un significato per le persone. Da un lato c'è molta più responsabilità, e anche un po' più di ansia, dall'altro però è bello, perché moltissime persone mi hanno detto che ascoltano "Voglia di vivere" e si sentono meglio, quindi quello che faccio assume un altro valore.

In che modo ti è servita l'esperienza che avevi fatto prima di Amici per quel percorso?

Ho sempre vissuto la questione della notorietà, l'ho sempre respirata in famiglia, quindi conosco le persone, i momenti in cui posso fidarmi e quelli in cui fidarmi di meno e probabilmente questa cosa mi ha preservata da delusioni. Sicuramente la gavetta che ho fatto prima – è da quando ho dodici anni che suono nei localini, anche davanti a cinque persone – mi ha aiutato ad Amici, ma anche ad affrontare gli altri palchi: rispetto a una persona che non è mai salita su un palco avevo un pochino più di esperienza e devo dire che i localini con dieci persone ti danno molta esperienza, forse più di un palco gigante.

"Chiunque tu sia sappi che stai per leggere i miei pensieri" è la dedica che hai fatto quando hai consegnato i tuoi dischi certificati a Maria De Filippi. Ce la spieghi?

Tornare lì è stato molto strano, vedere tutto da un'altra prospettiva, ma volevo farlo con qualcosa di mio da dare a Maria e a tutto il pubblico di Amici che comunque mi ha supportato e seguito per sei mesi. È stato molto rincuorante, mi è sembrato un gesto immancabile quello di dare i dischi a Maria, perché lei mi ha aiutato tantissimo e le cose non si fanno da soli ma si fanno con le persone, fidandosi delle persone e con il lavoro di gruppo, di squadra: quella è una frase che faceva parte di un mio diario segreto di quando ero piccola ed è esattamente quello che ha fatto lei con me oltre a essere quello che cerco di fare io con la musica, cioè far entrare le persone nella mia testa. Mi piaceva che fosse questa la frase rappresentativa di questa traguardo.

Sei stata, assieme ad Annalisa e ai Kolors, l'artista con la canzone più forte dell'estate scorsa. Quali sono stati i momenti più stranianti di questi mesi?

Il primo mese dopo essere uscita da Amici è stato molto strano, perché non avevo ancora la percezione della risonanza che c'era stata fuori quindi, anche solo aprire il telefono o Instagram mi aveva fatto capire che era cambiato tutto. Per il primo mese ho fatto fatica a riconnettermi con la mia realtà, con la mia famiglia e i miei affetti, ero a metà tra due mondi e dovevo stabilizzarmi, alla fine l'ho fatto, quindi tutto bene, però quello sicuramente è stato il momento più straniante di tutti. Oltre a quando andavo ai Festival con "Ci pensiamo domani" e trovavo tutti gli artisti pazzeschi ed è capitato che alcuni che considero giganti venissero a salutarmi: loro a me, capito? Io ovviamente sembravo sempre antipatica, ma sono solo timida. Questo mi faceva capire che loro mi conoscevano, magari mi stimano pure.

Per chi esce da Amici l'estate è sempre un momento complesso, tra appuntamenti, concerti e, ovviamente, il lavoro sulla musica. Tu come hai lavorato alle nuove canzoni?

Con calma, anche perché questa è stata un'estate piena in cui tutte le volte che non ero sul palco ero in studio, quindi ho scritto tanto, ma non per fretta quanto per esigenza: nei sei mesi prima, quando stavo in casetta, facevo più fatica a scrivere perché ero sempre impegnata in qualcosa che aveva scadenza settimanale. Quando sono uscita stavo impazzendo, avrei voluto stare in studio per un anno di fila e questo ovviamente è quello che sto cercando di fare adesso, sono nati tantissimi pezzi nuovi tra cui Che t'o dico a fa' e sto continuando così, senza pormi limiti, anche perché diventa controproducente lavorare così.

Prima parlavi dell'importanza di collaborare con altre persone, con quali artisti ti piacerebbe collaborare?

Partiamo dal fatto che la collaborazione è essenziale nella musica, perché credo che il cervello umano, il cervello di un autore, di un artista, non sia illimitato e non mi piace avere la presunzione di dire "Questo lo devo fare io da sola, perché devo arrivare da sola a fare qualcosa", non me ne frega niente, anzi, bisogna accettare e cercare più collaborazioni possibili. Per esempio, avevo incontrato Guè in un festival a Paestum e dopo un mese ero sul palco con lui. Se fossi stata restìa, mi sarei preclusa questa possibilità, quindi non riesco a pensare a qualcuno in particolare con cui vorrei collaborare, ma proprio perché ho la tendenza a includere, che spero sia la tendenza di ogni musicista.

A proposito di Che t'o dico a fa', ci racconti com'è nata?

Che t'o dico a fa' è nata così, come una "smattata", un giorno, in studio, mi sono incontrata con Zef e La Cava che mi hanno chiesto: che dobbiamo dire? Io avevo in testa l'immagine di questa ragazza, magari milanese o di un'altra città, che va a Napoli con tutta la famiglia di lui, tutti un po' pettinati, incontra un ragazzo per le vie del centro, scappano insieme e fa questa follia per amore, perché si innamora follemente. Napoli mi sembrava la location più adatta per questo, perché è proprio una città viva, è una città spontanea, era perfetta, poi c'ero stata da poco e mi erano rimaste ancora tutte le sensazioni addosso, quindi ho fatto ‘sta smattata, ma era una smattata buona.

Come nasce la napoletanità del brano?

Stare a Napoli dopo aver fatto una canzone così un po' mi mi fa sentire in imbarazzo. Io non voglio rubare niente dalla cultura, voglio portarla in giro, sinceramente, anche perché fa parte della mia cultura, io Che t'o dico a fa' lo dicevo ai miei amici alle elementari perché sono cresciuta con un dialetto simile ed è una cosa che faccio in maniera spontanea, da tantissimo tempo. Credo che il napoletano sia molto musicale e poi sia onomatopeico che fa capire e sinceramente penso che sia forse il più internazionale dell'italiano.

Come mai il video di Che t'o dico a fa' è girato a Milano? Immagino siano questioni di produzione…

Esatto, la scelta di girare a Milano è stata più un'esigenza perché, purtroppo, avrei dovuto avere 48 ore al giorno per poter venire a Napoli e fare il video, però non fa niente, comunque è stato divertente, c'è stato anche l'imbarazzo di ballare in un mercato davanti alle signore che compravano la frutta.

E con Giulia Stabile com'è andata?

Con Giulia è stato pazzesco, è assurda. Le ho mandato la canzone poco dopo averla fatta, perché già avevo in testa l'idea di coreografarla, di ballarla, perché la canzone si presta tantissimo. Però se io mi invento i movimenti magari faccio una cosa orribile, quindi mi sono detta che sarebbe stato meglio chiamare Giulia, che è mia amica, abbiamo un rapporto molto, molto stretto, ci capiamo tantissimo e avevamo già collaborato in passato, quando ero in casetta. Lei capisce tutte le mie debolezze, tutto quanto, quindi in sala abbiamo fatto un lavoro bellissimo.

A proposito di timidezza, com'è doversi confrontare obbligatoriamente con gli altri, spesso sconosciuti?

Non so come funziona il mio cervello, però ci sono certi momenti in cui arrivo talmente tanto a dirmi che una certa cosa è assurda che proprio finisce tutta la mia timidezza e divento sfacciatissima, non me ne frega niente, a un certo punto twerkavo davanti alle bancarelle, senza problemi, poi mi rivedevo e mi chiedevo se quella fossi io. È come sul palco, cioè sul palco io non mi posso vergognare perché altrimenti devo cambiare lavoro.

A proposito di palchi, un palco emozionante potrebbe essere quello di Sanremo…

Sicuramente sì, sarebbe molto emozionante, adesso sto pensando ai palchi che devo affrontare per il tour, la mia concentrazione deve bloccarsi a un passo per volta, quindi non so.

Che live sono quelli che hai preparato?

Il live l'abbiamo costruito veramente con anima e cuore, poi siamo un gruppo molto unito e lavoriamo insieme da tanti anni, anche se io sono ancora piccola, quindi abbiamo cercato di ripercorrere tutto quello che io ho scritto, che in realtà è tanto rispetto a quello che è diventato più noto, c'è tutta la parte di gavetta che sono contenta di portare sul palco, perché finalmente può avere un po più di risonanza e arrivare. Sicuramente quello che scrivevo qualche anno fa era molto introspettivo, molto pesante, rispetto alla leggerezza di Ci pensiamo domani, di Che t'o dico a fa' o Voglia di vivere, però mi piace anche questo, che ci siano tutti questi sbalzi, che sia una cosa completa. Forse ci sono troppi sbalzi di umore, non so, però sicuramente è una figata e questo lo posso dire firmando.

Intervista a cura di Vincenzo Nasto e Francesco Raiola

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