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Yo Yo Mundi: da 30 anni contro, alla loro maniera

A quasi ventotto anni dall’inizio dell’attività, gli Yo Yo Mundi proseguono la loro avventura fuori dagli schemi senza tentennamenti e sempre illuminati dall’ispirazione. E ancora una volta “benedetti” dal loro estimatore più famoso, Ivano Fossati.
A cura di Federico Guglielmi
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Ci sono artisti che non si adeguano alle regole dettate dal business musicale, ufficiale o “alternativo” che sia, e che vanno semplicemente avanti per la loro strada, raccogliendo ciò che di buono incontrano lungo il cammino e conservando il sorriso quando le cose non vanno come sperato. Gli Yo Yo Mundi, ad esempio, lo fanno da molto tempo: sono nati nel 1988 e l’album d’esordio, “La diserzione degli animali del circo”, vide la luce per il glorioso Consorzio Produttori Indipendenti nel 1994; da allora, hanno messo in fila una buona dozzina di dischi, alcuni passati un po’ in sordina e altri gratificati di consensi significativi. Uno dei momenti più alti, almeno a livello di visibilità fuori dal giro più o meno underground, è stata la collaborazione incrociata con Ivano Fossati (lui ne “L’impazienza”, loro ne “La disciplina della terra”), ma scorrendo il ricco curriculum della band emerge davvero di tutto, dal sodalizio con il collettivo Wu Ming a varie sonorizzazioni e spettacoli teatrali, fino ai più diversi progetti culturali e legati alla sfera socio-politica; e, poi, la fitta attività concertistica in patria e all’estero, i sodalizi con colleghi non solo italiani, il lavoro sulle tradizioni del Monferrato (i “ragazzi” sono di Acqui Terme, provincia di Alessandria) documentato nel 2011 da “Munfrâ”, eccetera, eccetera. Un percorso tortuoso nel quale si può perdere l’orientamento, ma un percorso bello e soprattutto autentico, tutto giocato fra folk-rock qua e là acceso di furori “combat” e canzone d’autore. Eclettico, sì, ma dannatamente coerente.

"Riteniamo sia una cosa assai sciocca e pure autolesionista adeguarsi alle logiche che dovremmo combattere", ci ha detto il cinquantaduenne Paolo Enrico Archetti Maestri, che degli Yo Yo Mundi è da sempre leader e frontman. "Nei ‘70 un disco era attuale per anni, oggi un’uscita si consuma in un mese o due. Capirei se si parlasse di musica commerciale o adatta alla grande distribuzione, ma nel nostro caso è assurdo, così come è assurdo inchinarsi alle leggi dello share se ciò che si produce non è necessariamente di consumo. Siamo contro il consumismo? Siamo contro le logiche e i meccanismi diabolici dello share? Smontiamo il sistema, allora! Ecco, i nostri lavori non esauriscono la loro forza centrifuga in pochi mesi, ma durano quel che devono durare. Anni fa applicammo questo metodo di smontare meccanismi consolidati ai contesti dove esibirsi: prima le sonorizzazioni, poi le favole, gli spettacoli, le contaminazioni… Ora è uso comune, ma all’epoca del primo “Sciopero”, nel 1994, non eravamo in molti. Nel 1995 abbiamo creato le nostre edizioni musicali, nel 1998 lo studio, l’etichetta e l’ufficio stampa. Disfare e ricostruire, inventando spazi creativi nuovi e fuori dalle consuetudini è sempre stata la nostra passione". Più chiaro di così! E chissenefrega se qualcuno è in disaccordo, con conseguenti difficoltà a far accettare discorsi già di base ben più “alti” della media. "Era facile salire sul palco e gridare ‘chi non salta Berlusconi è', non lo era altrettanto muoversi nel campo della cultura senza facili slogan come abbiamo fatto con Wu Ming o con lo spettacolo ‘Resistenza', o denunciare le derive, ben visibili nel governo di oggi, di certa Sinistra. Noi abbiamo scelto la seconda via".

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Quanto gli Yo Yo Mundi siano liberi da gioghi di qualsiasi genere è dimostrato dall’ultimo album “Evidenti tracce di felicità”, uscito da tre mesi per una stimatissima etichetta folk come la Felmay e già portato dal vivo in varie località della Penisola. "In tempi di crisi e di mostri generati dal vuoto di coscienza, la felicità è trasgressiva, e da questo pensiero sono derivati titolo e canzone omonima. Scherzi a parte, man mano che i brani nascevano scoprivamo in ognuno di essi qualcosa di riconducibile alla felicità, alla voglia di futuro, al desiderio di non accartocciarci su noi stessi vittime della lamentela, del disincanto, del soggettivismo, della mancanza di curiosità". Il gruppo piemontese ha così sviluppato la sua consolidata “intensa leggerezza” in dodici pezzi molto acustici, poco elettrici e per nulla elettronici che parlano un linguaggio nel quale convivono senza attriti il colto, il popolare e il sentimentale. Trame strumentali garbate ma incisive e testi dalla poesia mai banale, alla cui efficacia contribuisce la voce accattivante – anche per quella sua caratteristica “erre” arrotondata – di un Paolo Enrico segnato durante la scrittura dalla malattia della mamma, poi purtroppo scomparsa. Un album che non è però “solo” un album, come ci ha spiegato lo stesso Archetti Maestri. "Poiché ci piace dimostrare con i fatti e non solo con le parole i concetti che colorano la nostra vita non solo musicale, per “Evidenti tracce di felicità” produrremo dodici video, un buon metodo per diffondere le canzoni e tenere vivo l’interesse su ciò che si è fatto e si continua a fare. Poi, dal disco germoglierà altro: dodici artiste visuali stanno realizzando altrettante opere per il progetto ‘Cuore Femmina – Libri d’artista', che sarà presentato in anteprima nel paese di Luigi Tenco, Ricaldone, in occasione del nostro concerto del 29 luglio. Una cosa analoga avverrà, più avanti, con dodici scrittrici". Non è presunzione, non è volersi porre su un piedistallo: è solo necessità, genuina e non finalizzata a destare stupore, di non arrendersi alla standardizzazione. Lo ha capito bene Ivano Fossati, che dopo l’ascolto dell’album ha elaborato una serie di riflessioni in forma di lettera aperta nella quale, fra le tante (belle) cose, si trova questo: “Gli Yo Yo Mundi cantano un’Italia prima che perdesse memoria e identità, scivolando senza accorgersene fuori dalla storia. Eppure in trasparenza, nell’intreccio di suoni e parole, lasciano scorgere paesaggi di un futuro (speriamo che non rimanga solo immaginato) dove i sogni, gli orizzonti e perfino la delicatezza delle parole potrebbero essere ancora possibili. In fondo quando la luce del mondo si risveglia siamo tutti un’altra volta pronti a credere, a sperare e a ripartire. Come fanno e hanno sempre fatto gli Yo Yo Mundi”. Sottoscriviamo, con convinzione.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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