Whitney Houston moriva due anni fa, non chiamatela più “maledetta”
Dolore, orrore, sgomento. Whitney Houston se ne andava due anni fa nella stanza d'albergo dell'Hotel Hilton di Beverly Hills, la sera dei "pre-Grammy", i party che anticipavano la cerimonia che a lei fu dedicata. Seguirono numerose polemiche sull'ennesima dimostrazione di cinismo del mondo dell'entertainment, tra le ennesime sbandierate logiche dello "spettacolo che deve continuare", per un'edizione dei Grammy che fu triste e decisamente fuori luogo. La notizia, che rimbalzò in Italia nella notte tra sabato 11 e domenica 12 febbraio 2012, fu immediatamente fagocitata con il solita corsa al titolo. Artista maledetta, la Voce di Sempre, la predestinata, ma inquadrare Whitney Houston in una definizione o in un archetipo è da sempre risultato limitante ed inesatto, per quanto in vita non abbia mai fatto nulla per evitare al giornalismo trash di sguazzare sulla sua immagine.
Whitney Houston finisce, come i risultati dell'autopsia hanno dimostrato, con il sangue avvelenato da Xanax, Benadryl e Flexeril, e da marijuana e cocaina. Il referto ufficiale rivela che la morte è sopraggiunta per annegamento provocato da una crisi cardiaca e da abuso di cocaina. Ma questo è, appunto, solo il finale della triste parabola del'icona degli anni '90. Sul suo corpo, infatti, rivelati segni d'ogni genere, tagli, abrasioni, cicatrici che la cantante si era fatta nel tempo, alcune autoinflitte, altri erano evidentemente inflitte da violenze. Non aveva undici denti, un ulteriore segno di una lunga dipendenza che veniva tamponata attraverso l'uso di una dentiera.
Ascesa e caduta. Whitney, figlia d'arte (sua madre era nelle Sweet Inspirations) e nipote di Dionne Warwich, ha praticamente sdoganato con la sua voce un mercato fino ad allora precluso alle cantanti di colore. Negli anni ottanta piazza sette singoli consecutivi alla numero uno, battendo i record precedentemente detenuti da Diana Ross & The Supremes e ai Beatles. Ha venduto negli anni più di 200 milioni di copie e, dopo Madonna e Mariah Carey, resta la più venduta di sempre. Vince 6 Grammy Awards, 22 American Music Awards ed entra nel Guinness dei Primati come artista più premiata e popolare del mondo.
"The Bodyguard" nel 1992 la consacra nel mondo del cinema e proietta la coppia con Kevin Costner come una delle più popolari coppie in celluloide. Il gossip l'ha divorata con l'inizio degli insuccessi, quasi come se ci fosse un'immotivato accumulo di karma negativa ad aspettarla al varco. Il matrimonio con Bobby Brown resta ancora oggi il maggior accreditato come "l'inizio della fine". Con lui, più volte arrestato per possesso di droga, la sua carriera inizia ad essere sempre più offuscata da vicende che vanno oltre l'aspetto musicale, minando comprensibilmente anche il suo lavoro dal vivo, oltre che quello in studio.
Dopo i maltrattamenti subiti nel 2003 con il conseguente arresto di Bobby Brown, riesce ad ottenere il divorzio nel 2006 e con esso si apre una pagina nuova nella carriera. Sembra quasi possa risorgere dalle ceneri con il nuovo album d'inediti nel 2009 "I Look to You", la Sony lancia il singolo che dà il titolo del disco in download gratuito per spingere e sembra funzionare. Whitney Houston è prima in Usa, Italia, Germania, Canada, Svizzera e Paesi Bassi. Sarà l'ultimo album in studio, seguiranno nei tre anni successivi una serie di partecipazioni ad eventi e concerti che avranno il sapore da revival, quella luce da stella cadente. Un bagliore effimero che scoppiò definitivamente in una fragorosa assenza, quel triste 11 febbraio del 2012.
In due anni il gossip ha scritto tanto e troppo, dal rapporto con Bobby a quello di sua figlia, un'altra vita privata dalla serenità, Bobbi Kristina. E' giunto il tempo di toglierle via ogni etichetta: non chiamatela più "maledetta".