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Tina Turner e le malattie: l’ictus, il cancro e l’insufficienza renale, chiese il suicidio assistito

Tina Turner è morta a 83 anni dopo dopo una lunga malattia, che si è aggiunta a un quadro clinico compromesso dall’ictus, il cancro intestinale e l’ipertensione, che sottovalutò e volle curare con l’omeopatia. L’insufficienza renale che ne derivò la spinse a valutare il suicidio assistito, poi la donazione del rene di suo marito Erwin Bach la salvò.
A cura di Eleonora D'Amore
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Tina Turner è morta a 83 anni dopo anni trascorsi a combattere diverse "malattie letali", come lei stessa aveva raccontato nel suo libro di memorie del 2018 dal titolo Tina Turner: My Love Story. L'inizio del calvario risale al 2013, a poche settimane di distanza dal matrimonio con Erwin Bach, dirigente di una casa discografica che aveva incontrato nei primi anni Ottanta, quando il suo matrimonio violento e burrascoso con Ike Turner era finalmente finito.

L'ictus e la riabilitazione

"Ho pensato di suicidarmi, perché mi sembrava l’unico modo per sfuggire alla sua violenza", ha raccontato, pensando a quelle 50 pillole con le quali avrebbe voluto farla finita. Sopravvisse e così, nel 1976, con soli 36 centesimi nel portafoglio scappò da quel rapporto tossico. Nel 2013 si sposò di nuovo, ma di lì a poco fu colpita da un ictus che la costrinse a un lungo periodo di riabilitazione per tornare a camminare. Era solo l'inizio.

L'ipertensione, l'omeopatia e il suicidio assistito

Nel 2016 le era stato diagnosticato un cancro intestinale. Ma non fu quello a metterlo a dura prova, dai controlli effettuati emersero seri problemi di ipertensione, presi totalmente sottogamba. Decise infatti di curarsi con rimedi omeopatici, ma la situazione degenerò: l'ipertensione non arginata le provocò una grave insufficienza renale. Le fu consigliato un trapianto di reni ma le possibilità di ricevere un rene erano scarse, allora fu esortata a iniziare la dialisi. Tina Tuner in quel momento valutò il suicidio assistito iscrivendosi anche a Exit, un'associazione che ne guida il processo. Un atto d'amore, l'ennesimo nella sua vita, la salvò.

Il marito Erwin Bach si era offerto di donarle un rene, trapiantato il 7 aprile 2017. "Non volevo vivere attaccata a una macchina", ha raccontato nel suo libro, "Ho iniziato a pensare a come morire. In Svizzera, dove vivo, il suicidio assistito è legale, quindi mi sono informata presso alcune organizzazioni. È stato allora che Erwin si è davvero spaventato, non voleva che me ne andassi, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non perdermi. E oggi siamo ancora qui, ancora più uniti di quanto potessimo mai immaginare".

L'ultimo post: "Dovevo curarmi con la medicina convenzionale"

Per questo motivo, lo scorso 9 marzo sul suo profilo Instagram ha condiviso un post per la Giornata Mondiale del Rene, spiegando quanto la leggerezza nelle cure le abbia provocato un danno permanente e un'esistenza segnata da atroci sofferenze:

Oggi è la Giornata Mondiale del Rene. Perché è importante? Perché i reni crollano senza dolore. Ed è per questo che te lo dico oggi: mostra ai tuoi reni l'amore! Se lo meritano. I miei reni sono vittime del fatto che non mi sono resa conto che la mia pressione alta avrebbe dovuto essere curata con la medicina convenzionale. Mi sono messo in grave pericolo rifiutandomi di affrontare la realtà, ovvero quella legata al bisogno di una terapia quotidiana e permanente con i farmaci. Per troppo tempo ho creduto che il mio corpo fosse intoccabile e indistruttibile. Sono quindi lieta di poter sostenere una nuova campagna internazionale per la salute dei reni.

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