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Si scrivono directioners e beliebers, non leggete “bimbeminchia”

Una discriminazione che sta danneggiando lo status di “fan”. Ragazzine appassionate di questa band o di quel cantante, etichettate bimbeminchia per l’eccessivo ardore delle loro manifestazioni e per la superficialità dei loro comportamenti. Ma in fondo non lo siamo stati un po’ tutti bimbiminchia?
A cura di Eleonora D'Amore
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Si chiamano fandom, collettività organizzate sul web per sostenere un singolo cantante come Justin Bieber o una band come i One Direction. Nascono così beliebers, directioners, mixers (Little Mix) e Echelons (30 Seconds To Mars), lo zoccolo duro di fenomeni musicali dell’ultimo decennio. Il modo di manifestare l'appartenenza ad una particolare “fede” discografica è senza dubbio proporzionale alle potenzialità che la rete oggi mette loro a disposizione. Ogni fan, infatti, possiede almeno un profilo facebook, twitter e instagram, oltre ad un blog personale attraverso il quale raccontare le proprie emozioni e condividerle con i suoi coetanei. Forme di fanatismo a volte estreme, sfociate addirittura nell’autolesionismo, che hanno sollevato forti perplessità sul loro stato mentale. Ragazzine considerate “fuori di testa” e per questo condannate ad essere discriminate con l’appellativo di “bimbeminchia”, termine coniato per rendere al meglio la superficialità e l’inutilità della loro presenza in rete. Per spiegarlo, decido di consultare la Nonciclopedia virtuale:

Il bimbominkia, sia esso maschio o femmina, è tipicamente di età compresa fra i 9 e i 18 anni. Lo si riconosce principalmente per il suo modo di scrivere in chat […] utilizza una media di 8 emoticon per ogni lettera, riduce i suoi messaggi a dei geroglifici. […]Il bimbominkia, che è già intrinsecamente odioso a causa delle sue caratteristiche innate, è reso ancora più odioso dalla sua ignoranza ed inutilità.

C’è chi le addita come le responsabili di un qual certo declino discografico degli ultimi anni, chi semplicemente come portatori sani di valori ai limiti del ridicolo e di atteggiamenti completamente sbagliati, appartenenti ad una realtà distorta. Tutto ben più complesso di quello che realmente è. Le ho osservate bene, ho visto i video delle loro file immense fuori i cancelli dei concerti, ho ascoltato le loro voci dal microfono di Saverio Tommasi (inviato di Fanpage.it a più di un loro evento), ma niente mi ha convinto ad accodarmi a questa corrente avversa. A dispetto di quanto molti pensano vedo, invece, un gruppo di adolescenti spensierate e inconsapevoli, in lacrime perché giustamente immature e impreparate di fronte alle loro stesse emozioni. Le vedo tremare, stringersi nelle spalle e gioire per minuzie di poco conto (come l’aver anche solo respirato la stessa aria del loro beniamino), preoccupandosi al massimo per la prossima interrogazione a scuola e coltivando i loro interessi musicali con accanita dedizione.

Dal film "Sposerò Simon Le Bon"
Dal film "Sposerò Simon Le Bon"

E noi le vediamo davvero per la prima volta, a tal punto da farci così orrore e rigettarle con una tale ostilità? Davvero nessuno ricorda, ad esempio, le fan dei Duran Duran (basti pensare al film "Sposerò Simon Le Bon"), dei New Kids on the block, dei Take That, dei Backstreet boys o dei Westlife? Oggi forse si chiamerebbero “duranners”, “takers” e “lifers”, ma differirebbero dagli attuali fandom solo nel nome. Impeto e temperamento davanti ad un cancello chiuso sarebbero i medesimi, così come l’ipersensibilità dinanzi ad un qualsiasi cimelio a lungo agognato. Sarebbe inutile (e quanto meno superfluo) renderle consapevoli del fatto che in meno di un decennio le loro emozioni saranno destinate a cose ben più concrete, spingendole a guardare alle loro prodezze adolescenziali come se in parte non gli fossero mai appartenute.

Giusto, invece, sarebbe delimitare il confine tra incoscienza e stupidità, cercando di evitare un gap generazionale che ai tempi dei social network appare più che mai obsoleto.

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