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Sanremo 2014 non fa schifo, è solo uno show in cui non succede nulla

Critiche smodate alla seconda edizione di gestione Fazio, che aveva gli stessi buoni propositi ma le stesse possibilità di successo dell’Italia ai mondiali del 2010, dopo aver vinto quelli del 2006.
A cura di Andrea Parrella
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Su Sanremo si sta esagerando (ma quando non lo si è fatto?). L'esigenza manichea di trovare un andazzo, negativo o positivo che sia, dopo un giorno dall'inizio della kermesse è una pratica che fa parte della liturgia sanremese. E quando gli ascolti fanno segnare numeri negativi allora la notizia diventa ancora più succulenta, se non altro perché avvalora la sempiterna tesi del "Sanremo chepppalle". Questa volta tuttavia, a mischiarsi al circo delle polemiche facete che durano cinque giorni, c'è un elemento che ingigantisce ancor di più la questione, innalzandola al grado di semiseria. Si tratta di Fazio, del suo entourage e della definitiva e certa conquista dell'egemonia culturale televisiva dei nostri tempi. Questo Sanremo rischia di divenire un campo di battaglia sul quale persino uno come lui si può incazzare ("Mi sono rotto le palle d'essere definito buonista", ha detto in conferenza stampa).

Tutto parte dalla tragicità con la quale si sono letti i dati d'ascolto della seconda serata di Sanremo, apparentemente pietosi, cui andrebbe premessa una verità: gli ascolti sono sì in calo, ma in una maniera molto limitata rispetto a quanto il clamore di questa mattina ha fatto credere. I milioni di telespettatori in meno rispetto alla stessa serata dello scorso anno sono dovuti alla partita di calcio coincidente, andata in onda su Canale 5. Una volta finito il match il Festival riacquisisce quasi un 10% di share. In sostanza i dati, al netto della Champions League, calano di un punto e mezzo, che è sempre un punto e mezzo, ma che sembra voler significare più stagnazione che recessione. Che è il vero punto centrale.

Il punto centrale è che non ci sono le canzoni belle e non ci sono, soprattutto, le canzoni brutte. Le richieste erano alte e le canzoni sono tutte nella media, che non accontenta nessuno. Insieme alle canzoni belle o brutte non paiono esserci in gara quei personaggi che hanno sempre e tradizionalmente trainato il Festival. Dove non ci sono i cantanti dovrebbe esserci l'intrattenimento, che quest'anno viene a mancare per un'evidente sovraesposizione di Fazio e Littizzetto, che il pubblico non appassionato di "Che Tempo Che Fa" fa fisiologicamente fatica a digerire. In più, almeno secondo quanto visto nelle prime due serate, al conduttore non riesce congeniale di esaltare, sul palco, tutto quello che esalta in conferenza stampa, complice l'inattesa carenza di idee degli autori.

Ecco come appare il bicchiere mezzo vuoto di questo Festival, che non fa schifo, ma è semplicemente spompo, con gli stessi buoni propositi ma le stesse possibilità di successo che poteva avere l'Italia ai mondiali del 2010, dopo aver vinto quelli del 2006.

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