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“Psy fischiato? Ecco perché”, la rete e i tifosi rispondono all’accusa di razzismo

Dopo i fischi ricevuti da Psy all’Olimpico, i tifosi hanno ribadito con forza che il loro dissenso non aveva nulla a che vedere con il razzismo. Abbiamo parlato con Luca Fatiga di Gazzetta Giallorossa e Stefano Fiori del sito La Lazio Siamo Noi e ci siamo fatti raccontare le loro motivazioni.
A cura di Daniela Seclì
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Il 26 maggio si è disputata all'Olimpico, la finale di Coppa Italia che vedeva scontrarsi Roma e Lazio. Come molti sapranno, l'ospite che ha dato il via allo scontro calcistico è stato Psy. L'accoglienza, però, non è stata delle migliori. Il cantante è stato letteralmente sommerso dai fischi. In un primo momento ha detto di comprendere perfettamente lo stato d'animo dei tifosi, perché anche in Corea ci sono squadre tra le quali la competizione calcistica è elevata. Martedì, però, si è appreso che Psy ha annullato la promozione in Italia, proprio per via dell'attacco subito durante il derby.

I tifosi che quel giorno erano presenti allo stadio, hanno chiarito le motivazioni del loro dissenso tramite i commenti alla notizia. Molti di loro hanno tenuto a precisare che alla base del gesto, non vi era alcuna motivazione di stampo razzista, come alcuni telegiornali hanno sostenuto. I motivi dei fischi erano ben diversi. Innanzitutto hanno lamentato l'aumento del costo del biglietto dovuto, secondo loro, proprio alla presenza del cantante coreano. I fischi, dunque, erano una forma di protesta, nonostante il comunicato stampa diffuso da Telecom Italia e Lega serie A smentisse il tutto e mettesse a tacere le voci circolate a seguito di un articolo erroneo pubblicato su Il Corriere della sera.  "E ringraziamo Psy"  ha aggiunto Carlotta Ventura, direttore Domestic Media di Telecom Italia "perché è qui per una cifra, pagata tutta da Telecom senza incidere affatto sui biglietti della partita e infinitamente lontana da quel milione e 300 mila euro di cui ho letto su alcuni giornali, parliamo di cifre inferiori a un decimo di quelle che sono state scritte".

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Per altri utenti, invece, il motivo scatenante della reazione dei tifosi è stato il fatto che non si reputava un cantante come Psy, indicato per un evento del genere. Avrebbero preferito veder esibire un talento nostrano, magari originario di Roma, in una partita che vedeva protagoniste due squadre italiane.

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Per permettere ai tifosi di spiegare le loro motivazioni, abbiamo parlato con due persone che possono rappresentate, in maniera equa, ciascuna tifoseria. Luca Fatiga, redattore del sito GazzettaGiallorossa.it e Stefano Fiori redattore di LaLazioSiamoNoi.it.

Riportiamo fedelmente, la comunicazione di Luca Fatiga:

"Riguardo i fischi che hanno ‘colpito' Psy partiamo dal fatto che l'artista si è ritrovato ad essere ‘vittima' di un'organizzazione che non ha tenuto conto della volontà dei tifosi fin dal principio. La gente, trattandosi di un evento unico, avrebbe preferito uno spettacolo stile finale di Champions (una sorta di battaglia svoltasi nel campo prima della gara), o avrebbe gradito un omaggio a Califano, magari, trattandosi di un grande poeta romano.

I fischi sono stati un modo per esprimere il disappunto nei confronti di un personaggio che fa anche una musica lontana da quello che è lo stile delle tifoserie, che sono state tanto unite nei fischi quanto al momento dell'esecuzione dell'inno d'Italia (che, al contrario, lo scorso anno venne fischiato dai tifosi del Napoli).

Tale manifestazione di dissenso, per come la vedo io, più che far offendere il protagonista (che comunque non stimo musicalmente parlando, così come me la pensava gran parte dei presenti, basti vedere le proteste che da giorni riempivano il web) dovrebbe far riflettere gli organizzatori, che sono stati evidentemente troppo preoccupati di far notizia invece che di soddisfare i propri ‘finanziatori', ovvero i tifosi che hanno ‘strapagato' i biglietti per assistere alla gara"

Stefano Fiori, invece, ha dichiarato:

La scelta di invitare Psy è stata un clamoroso errore di marketing, in un contesto sportivo in cui il marketing avrebbe dovuto entrare in leggerissima punta di piedi.

Passi che una finale tra le due squadre della Capitale fosse un'occasione ghiotta per fare pubblicità alla compagnia telefonica che sponsorizza la Coppa Italia, ma appunto di finale di calcio si trattava. Chi – pagato fior di quattrini – ha pensato bene di invitare una star coreana divenuta famosa per tormentoni di dubbia levatura artistica, non deve aver fatto i conti con la cultura calcistica italiana, romana in questo caso.

Per chi è poco avvezzo al mondo del tifo, potrebbe suonare fuori luogo parlare di cultura, ma è invece questo il termine adatto. Ritenere che la finale di Coppa Italia, ma soprattutto il derby più importante nella storia delle stracittadine, potesse essere gestito alla stregua del Superbowl, è stato un errore madornale. Oltretutto, negli Usa sanno almeno fare le cose in grande: gli halftime del Superbowl hanno visto esibirsi artisti del calibro degli U2, di Madonna, di Beyoncé e molti altri ancora. Nel nostro Paese, invece, l'emulazione degli States si tramuta spesso in una copia sbiadita e pacchiana. Come appunto far esibire un simbolo della musica più puramente commerciale prima di un evento sportivo così sentito.

Si poteva pensare a un omaggio della romanità, non necessariamente attraverso un'esibizione musicale: proporre un duetto tra i laziali Enrico Montesano o Pino Insegno e i romanisti Gigi Proietti o Carlo Verdone sarebbe stata una soluzione di gran lunga più lungimirante.

Dal punto di vista del tifo laziale, inoltre, è ben noto il gradimento verso la cultura inglese: non a caso, la canzone scelta per accompagnare il riscaldamento dei giocatori biancocelesti è stata Morning Glory degli Oasis. Chiamare a cantare Psy è stata poi intesa come una mancanza di rispetto nei confronti di chi, per acquistare il biglietto, ha speso fino a 120 euro: hanno sicuramente goduto di uno spettacolo migliore i tifosi di Bayern Monaco e Borussia Dortmund nel pre-partita della finale di Champions League, con la battaglia campale andata in scena a Wembley.

I fischi a Psy – diretti alla scelta più che al cantante – sono quindi da considerare come una contestazione legittima e civile. Allo stesso tempo, andrebbe sottolineata la partecipazione con cui le due tifoserie hanno accompagnato l'Inno di Mameli cantato da Malika Ayane. Quello sì, un riuscito momento di unione oltre la rivalità cittadina"

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