“Papà era disperato”: il figlio di Michael Jackson racconta i suoi ultimi istanti di vita
Giorno nuovo, capitolo nuovo per una storia vecchia che chissà quando troverà un finale. Parliamo, ovviamente, del processo (di cui potete leggere qui le varie tappe) da 26 miliardi di dollari, intentato dalla famiglia di Michael Jackson (di cui qualche giorno fa è stato l'anniversario della morte) contro la AEG, l'etichetta di MJ, che avrebbe contribuito alla morte del cantante. Ieri è stato il figlio Prince ad essere stato ascoltato e aver fatto alcune rivelazioni sugli ultimi giorni di vita del padre che vedremo se i giudici riterranno importanti o meno. Stando a Prince, infatti, nei giorni prima di morire la star era enormemente sotto pressione e si lamentava continuamente delle prove che doveva fare per il concerto londinese che avrebbe dovuto riportarlo sul palco da lì a poco e dell'aggressività del boss dell'etichetta Randy Phillips e dell'ex-manager Dr Tohme Tohme.
Prince racconta anche i difficili momenti che, da bambino, ha dovuto affrontare per far fronte alla popolarità del padre: "Quando uscivamo con lui dovevamo indossare una maschera. Papà voleva proteggerci, così quella gente non avrebbe saputo il nostro aspetto e avremmo potuto andare a passeggio con lui. Sono fastidiosi quando sei piccolo, poi avevi delle piume in faccia e sono calde. Era molto protettivo nei nostri confronti", dice il ragazzo, oggi 16enne, che poi torna a raccontare e rivivere i momenti della morte del padre, delle urla, la rianimazione, l'arrivo, in lacrime, della sorella Paris e la comunicazione del decesso. Dopo aver sentito urlare al piano di sopra, lo chef è corso a chiamarlo dicendogli che il dottore voleva vederlo subito: "Corsi sopra e vidi Conrad Murray (il medico, ndr) cercare di rianimare mio padre. Il dottor Murray urlava mentre faceva la rianimazione". È a quel punto che la sorella lo raggiunse al piano di sopra piangendo e urlando di voler vedere il padre.
Proprio la sorella Paris sta attraversando un momento molto complicato e dopo aver tentato il suicidio poche settimane fa è ancora ricoverata e sta ricevendo un sostegno psichiatrico.
Dopo poco la loro salita al piano di sopra fu proprio il medico a metterli al corrente del decesso del padre: "Il dottor Murray ci disse ‘Mi spiace, papà è morto'". Un padre famoso e probabilmente ingombrante di cui, però, lui e la sorella non avevano compreso appieno la popolarità, ammette lo stesso Prince in tribunale: "Io e mia sorella ci rendemmo conto di quanto fosse famoso guardando un video di uno dei suoi concerti e vedemmo ragazze urlanti e portate via in barella" e continua "Ascoltavamo sempre la sua musica ma non avevamo presente quanto fosse popolare".
L'accusa della famiglia di Jacko è che l'etichetta assunse un dottore che alla fine si rivelò dannoso, facendo assumere al cantante la dose letale di un sedativo, il Propofol. La AEG rigetta questa tesi sostenendo che fu lo stesso cantante ad assumere il dottore che intanto è ancora in carcere con l'accusa di omicidio colposo.
Il processo è al nono mese e dovrebbe durare almeno fino ad agosto.