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Mv Killa: “Non rappresento un solo genere, morirei se non avessi la libertà di esprimermi”

Mv Killa ha pubblicato nelle ultime ore il suo secondo album: si tratta di Fede. Qui l’intervista al rapper campano.
A cura di Vincenzo Nasto
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Mv Killa, foto di Comunicato Stampa
Mv Killa, foto di Comunicato Stampa

Marcello Valerio, aka Mv Killa, ha pubblicato nelle ultime ore il suo secondo album, Fede, dopo la sua prima uscita con Giovane Killer nel 2019. In questi tre anni, la sua figura all'interno del rap game italiano ha avuto una crescita graduale ma costante, un timbro vocale che non si può dimenticare, con street hit con big della scena del calibro di Gué, ma anche Madman e Geolier, che è possibile trovare nel singolo Me vogl bene. Un giocatore attento a ciò che suonava in Inghilterra prima che la drill Uk invadesse la discografia italiana, ma attenti a fargli indossare sempre lo stesso vestito: "Morirei se dovessi mantenere sempre lo stesso abito, non avendo la libertà artistica di espandermi". L'intervista a Mv Killa qui.

Qual è il percorso di Fede di Mv Killa?

Durante il mio percorso, sia nella vita che nella musica, mi son dovuto sudare tutto. Il concetto di avere fede in sé stessi si potrebbe confondere con quella religiosa, ma non la intendo così. Rappresenta più l'energia che metti per fare qualcosa, per credere in ciò che fai.

C'è stato un momento in cui questa fede ti ha abbandonato?

Ci sono stati dei momenti in cui non ci credevo più, magari qualche momento no. Se non avessi avuto questa forza, questa fede, non saremmo qui a parlare. Ho voluto rappresentare nel disco la difficoltà di questo esercizio, ma soprattutto la sfida più difficile: risolvere le conflittualità con sé stessi. Il titolo Fede ha un significato forte, un messaggio veicolato.

In riferimento a Fede, quando c'è stata la netta sensazione che stavi facendo un disco "pesante"?

Ho avuto varie emozioni per la lavorazione di Fede, ho sofferto e mi sono emozionato tanto: mi sono anche divertito però. Poi sono arrivati pezzi come quello con Geolier, ma anche quello con Lele Blade e 25 motivi: lì ho capito quanto era forte questo disco, quanto era "pesante".

E invece, prima di Fede, c'è stato qualche momento in cui ti sei sentito soddisfatto del tuo percorso?

Non avendo mai fatto una mega hit per esplodere, il mio percorso è stato graduale e fatto di piccole soddisfazioni.

C'è stato un brano che ricordi con maggiore soddisfazione?

Per me è stato il disco con Young Snapp (Hours), anche più di ciò che avevo fatto precedentemente. Basti pensare che Fede è il mio primo "vero" disco, anche perché Giovane Killer era un progetto autoprodotto. Ma soprattutto il disco con la SLF, anche per la risonanza del disco d'oro di un collettivo a Napoli.

Canti: "La vittoria non esiste, è uno stato mentale".

Ognuno può vincere: i risultati sono una soddisfazione, tipo i numeri che raccogli in streaming. Personalmente a me non interessa quanti numeri abbia fatto il mio disco preferito, non me lo sono chiesto e non me lo chiederò. La vittoria per me è anche altro: tipo passare una giornata in famiglia.

La ricerca di una pace mentale?

Avere la serenità credo sia una delle cose più importanti nella mia vita, lotto ogni giorno per averla. Le altre sono soddisfazioni. Poi il rap game ti porta a utilizzare corone e titoli, ma sono cose che rimangono lì, nei testi.

E quando Marcello è sereno?

Quando faccio musica e mi diverto con i miei amici. Mi ritaglio la mia serenità con alcune cose e alcune persone: poi sicuramente non puoi cercare sempre la zona di comfort, la ricerca ossessiva della pace.

Quanto ti ha aiutato la produzione di dischi come Hours e We the squad negli ultimi anni, soprattutto nell'ottica di serenità e di aver lavorato con amici?

Ho cominciato a lavorare, in una minuscola parte, a Fede già quando stavamo lavorando al disco con la SLF: conoscevo l'obiettivo che dovevamo raggiungere col collettivo, quindi tutte le energie erano rivolte a quello. Una persona che ha fame artistica vuole crescere disco dopo disco, quindi devo ammettere che aver lavorato a Hours e We the squad mi ha aiutato tanto, anche a capire le chiavi di lettura che vogliamo dare alla nostra musica.

Qual è stata la parte più divertente e stimolante di aver lavorato a Fede?

Penso che la cosa più divertente del disco sia stata lavorare fianco a fianco con ogni producer nella creazione poi finale del disco. Lì per me è stata una sfida totale perché, anche se si vede la mia attitudine da frontman, a me piace stare dietro a tutte le cose su cui lavoro.

C'è un brano del disco che reputi uno statement?

Puortem rispett credo: è la mia affermazione.

Facendo un passo indietro, adesso che la drill Uk è diventata "la moda" nel rap game italiano, si possono scorgere quelle sonorità già nelle tue prime produzioni, in Giovane Killer nel 2019.

Sono sempre stato attento perché in Inghilterra ci ho vissuto e quelle sonorità già c'erano e me le sono portate quando in Italia non c'erano.

Hai pensato alcune volte a quanta poca attenzione si sia data a quel progetto, oggi che invece sarebbe ancora attualissimo e in tendenza? 

L'ho pensato alcune volte, ma ho sviluppato in me un forte senso autocritico. Se non è arrivato alle persone, forse non era il momento giusto. Non ho davvero avuto neanche le pretese per sentirmi un rappresentante. Poi ho capito nel tempo che alcuni artisti indossano solo quel vestito, arrivando con il manifesto di quel sottogenere. Io non sono mai stato il manifesto di una corrente e non l'ho spinta in quel modo: io non mi vesto blu, io non mi vesto giallo. Io ho la mia macchina e faccio il mio viaggio. Morirei se dovessi mantenere sempre lo stesso abito, non avendo la libertà artistica di espandermi.

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