La morte di Stefano D’Orazio, i funerali si svolgeranno a Roma in forma privata
Stefano D'Orazio, storico batterista dei Pooh è scomparso lo scorso 6 novembre, stroncato dal Coronavirus. Nella giornata di lunedì 9 novembre si svolgeranno i funerali dell'artista, nella Chiesa degli Artisti di Piazza De Popolo, a Roma, la stessa in cui sono stati celebrati i funerali di Gigi Proietti. Ci si aspetta altrettanta folla a rendere omaggio al batterista, pezzo storico della musica italiana. Ma anche in questo caso la cerimonia si svolgerà in forma privata, nel rispetto delle norme imposte dall'emergenza Coronavirus.
I dettagli del funerale di Stefano D'Orazio
I funerali dunque saranno in forma privata. A tutti coloro che vorranno dare l'ultimo saluto allo storico batterista membro dei Pooh potranno farlo solo da lontano, durante il corteo funebre che attraverserà il centro di Roma. Il feretro partirà da piazza del Campidoglio alle 14:40 di lunedì 9 novembre. Un rappresentante della sindaca di Roma Virginia Raggi renderà omaggio all'artista, poi la salma passerà per per via dei Fori Imperiali, piazza Venezia, via del Corso, via del Tritone, piazza di Spagna e via del Babuino seguita dalla scorta, per poi arrivare in Piazza del Popolo. Nella Chiesa degli Artisti si svolgerà la funzione religiosa, in forma privata.
Come è morto Stefano D'Orazio
La morte di Stefano D'Orazio è avvenuta a causa del Coronavirus. Il batterista era ricoverato da una settimana presso la struttura Columbus del policlinico Gemelli di Roma, in via di guarigione da una malattia che lo aveva colpito circa un anno prima. Poi è risultato positivo al Covid-19, il che gli ha impedito di guarire e la sue condizioni di salute sono peggiorate. Loretta Goggi aveva dato l'annuncio in tv con riferimento al virus, poi anche Dodi Battaglia lo aveva confermato. I Pooh hanno ricordato l'amico con immenso affetto e dolore, subito dopo la sua scomparsa. Roby Facchinetti: "Abbiamo perso un fratello, un compagno di vita". Red Carzian ha sfogato tutta la sua rabbia: "Morire in terapia intensiva, unica cosa più crudele della morte".