La guida a Music of the Spheres dei Coldplay: lo spazio, le melodie anni ’80 e il coro dei BTS
Sono passati 21 anni da "Parachutes", ma soprattutto da "Yellow", il biglietto da visita che i Colplay hanno mostrato nel 2000, prima di essere riconosciute come una delle band pop-rock più influenti dell'ultimo quarto di secolo. Un progetto che raccontava di spazi, ma soprattutto di spazio, al di fuori dei confini terrestri: di sentimenti contrastanti, di una passione più pratica che melense. A distanza di 21 anni, il racconto dei cieli e il viaggio nello spazio diventa il tema principale del nuovo progetto discografico "Music of the Spheres", un disco che segue "Everyday Life" del 2019 e che ha il compito, abbastanza arduo, di riprendere un percorso d'arricchimento di pubblico da parte della band londinese, spezzato proprio dall'ultimo progetto. Sì, perché dopo il grande salto di "A head full of dreams", l'album "Everyday Life" aveva cercato un nuovo compromesso nella riformulazione di melodie e musiche africane, doo-wop e gospel che avevano determinato un risultato "minore" per la band: unico album non multiplatino e la sensazione che l'esperimento e l'apertura a un pubblico più europeo non avesse funzionato.
La presenza di Max Martin e il K-Pop come nuova arma
12 brani, la copertina curata dall'artista argentina Pilar Zeta, che aveva collaborato con la band già per l'album "A head full of dreams" e l'utilizzo del blu come colore principale del progetto. Un ritorno al passato per evitare gli errori fatti con la pubblicazione di "Everyday Life". E allora per l'occasione della produzione di "Music of the Spheres", i Coldplay hanno cercato la formula inversa: lasciare agli altri la sperimentazione per andare sul sicuro con uno dei produttori che hanno rivoluzionato il mondo del pop negli ultimi 20 anni. Stiamo parlando del produttore svedese Max Martin: nel suo curriculum entrano nomi dei '90 come Britney Spears e i Backstreet Boys, ma più recentemente ha affrontato insieme a Taylor Swift e The Weekend la produzione dei loro ultimi progetti. Dopo la scelta del produttore, è toccata alla comunicazione il compito di esplorare nell'immaginario spaziale del nuovo progetto, richiamando, anche attraverso l'aiuto di piattaforme come TikTok, il pubblico a una diversa narrazione visiva, tra mondi alternativi e galassie, come quella K-Pop da conquistare.
L'annuncio e il viaggio attraverso Higher Power e il tributo ai Pink Floyd
Allora non sorprendono i tre singoli che hanno anticipato il progetto: l'annuncio di "Higher Power" è riuscito a dare un'impronta al progetto, con la pubblicazione del video di Chris Martin su TikTok, alla rivelazione BTS in "My Universe", fino alla outro in stile Pink Floyd di "Coloratura". Tre elementi completamente diversi, anche nell'influenza ricevuta dal synth-pop attuale: se il primo brano ricorda le sonorità anni '80 che tanto hanno fatto bene con The Weeknd, "My Universe" sembra essere uscita dal pop anni '10 americano, una versione dance caratterizzata anche dall'influenza dei BTS, che riescono a rendere vario il ritmo del singolo anche grazie alla presenza rap di RM. "Coloratura" invece è un tentativo strumentale che allarga l'universo di suoni elettronici di un classico brano pop, dilazionando nel tempo anche la misura dello stesso brano, che arriva a durare 10 minuti: un atterraggio sulla Terra dopo aver viaggiato nello spazio, un tentativo quasi stucchevole di riprendere ciò che i Pink Floyd con "Shine on you crazy diamond" in "Wish you were here" del 1975.
Dal feat con Selena Gomez al tentativo riuscito di Byutiful
Ad alzare il livello del progetto ci sono tre singoli, le tre ballate principali dell'album, in grado di replicare in maniera ottimale l'obiettivo melodico e visivo della band: partendo dalla super ospitata di Selena Gomez in "Let somebody go", che racconta la fine di un amore, passando a "Human Heart" che racconta la difficoltà di riprendersi da una rottura e dal "cuore spezzato", fino a "Biutyful". L'ultimo singolo potrebbe essere il miglior episodio dell'album, la presenza di una chitarra acustica a rendere più intima la narrazione e un ritmo hip hop senza alcun elemento elettronico, leggasi "autotune": è il racconto di un amore inscalfibile, come quello che potrebbe tra genitore e figlio, un sentimento che la scrittura di Chris Martin riesce a identificare, con uno dei ritornelli che brilla sugli altri del progetto.