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Guida a La primavera di Jovanotti, un flusso alla ricerca di nuove estetiche e forme musicali

Jovanotti ha pubblicato “La primavera”, un insieme di cinque canzoni che pia piano formeranno il nuovo progetto del cantante.
A cura di Francesco Raiola
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Jovanotti (ph Maikid)
Jovanotti (ph Maikid)

Cosa sta facendo Jovanotti? Cerca strade nove per trovare una direzione diversa sia a livello musicale che discografico e così, poche settimane dopo aver pubblicato Il Boom, con cui ha lanciato il suo prossimo Jova Beach Party, ha fatto uscire altri cinque pezzi che compongono il progetto in fieri "Il disco del Sole". Un album che nella cartella stampa è definito come "un oggetto volante non identificato, è uno streaming, una filosofia, ma soprattutto è il flusso di brani scritti da Lorenzo a due anni e mezzo di distanza da La Nuova Era". E forse il termine che riassume tutto è proprio "flusso", ma Jovanotti, sempre attento alle parole, non lo ha scelto a caso: queste cinque canzoni sono un flusso sia se lette all'interno di un macrocosmo che include le sue ultime opere, ma è anche un flusso se restringiamo l'ascolto a questa sorta di finto Ep. Un flusso che è plasmato ancora una volta dalle mani sapienti di Rick Rubin, ormai sodale del cantante di Cortona.

Pezzi cotti e mangiati che seguono di poco i remix del Boom, in un flusso, appunto, continuo, da cui ci potremmo aspettare anche altro nelle prossime settimane. In un periodo complesso, in cui i cambiamenti sono molto più repentini di quanto avveniva pochi anni fa, con generi che generalmente hanno perso i confini tradizionali – e insomma, questo, però, Lorenzo lo ha capito molto tempo fa, grazie anche al suo amore per la contaminazione e la World Music – è interessante come Jova si metta in gioco tentando anche carte come queste. Un gioco che va oltre l'uscita continua di singoli per restare sempre visibili o di feat che aiutano gli stream, qui addirittura ci sono un pugno di canzoni che mai sono definiti Ep, ma solo come "cinque canzoni". Semplice, no?

E il titolo di questa mini compilation prende il come dal primo singolo – un po' come i sonetti che prendevano il titolo dal primo verso – "La primavera" (di cui è uscito anche un video terrygilliamiano girato da Tommaso Ottomano), che col suo synth-pop scanzonato cerca di portare un po' di malinconica allegria a ridosso del Natale con un omaggio neanche tanto velato a Franco Battiato. Anzi, possiamo dire che è la canzone che Jova non è mai riuscito a dare al Maestro siciliano, e provate a immaginare un "cucuruccucu" al posto di uno di quegli "oooooooohhhhh". In "I love you baby" c'è un moog spaziale che è tenuto sulla Terra dalla chitarra e dagli archi su cui Jova canta un pezzo d'amore "per una ragazza che deve scalare una montagna, attraversare l’oceano a nuoto, baciare un rospo in bocca senza nessuna garanzia che si trasformerà in principe". Una canzone d'amore che usa nel titolo la frase più semplice al mondo e che è declinata così dal cantante: "Senti, c'è una canzone di tanti anni fa che sembra scritta ora. Non mi ricordo neanche più come fa ma il testo dice qualcosa come: ‘I love you, baby', più chiaro di così non c'era. I love you baby, lo canterò per te stasera".

E "Un amore come il nostro" riprende il tema, pur con un nucleo diverso sia a livello testuale che musicale. Per i titoli Jova sceglie delle certezze, frasi semplici, subito riconoscibili, e lascia al testo uno sviluppo diverso, pur non disdegnando la semplicità come quando canta: "Un amore come il nostro cambia la fisica del cosmo e il sole ci sorride proprio come nei disegni dei bambini" con le chitarre a reggere questa ballad jovanottiana (che a un certo punto si lascia anche andare a un vaschiano "Eh già"). La canzone prende forma quando la figlia Teresa, ascoltandola in radio, chiede al padre di fare una canzone come "Something stupid" nella versione di Frank e Nancy Sinatra.

"Tra me e te" sembra quella più jovanottiana, specie nel modo in cui canta in equilibrio su un violoncello che accompagna una canzone che Jova definisce, giustamente "incerta, zoppicante" e in cui il cantante rima continuamente (e qui c'è un gioco interno al testo, con Jova che canta "Ma è solo il cielo che mi opprime e vado in cerca di altre rime"), gioca con gli stereotipi ma inserisce con nonchalance anche un verso come "Il tempo esiste ma non è reale, solo il dolore lo è". È una canzone delicata che quasi cozza con la successiva "Border Jam" che molla l'intimismo e si getta in una danza scatenata, che se ne frega anche a volte dei tempi giusti ("A distanza di una firma, di un prezzo, di una tempesta del un lampo di una TV che dentro un bar mi buca la testa") perché a un certo punto conta solo far festa ("Faremo festa, anzi, facciamola già facciamola ora, facciamola qua faremo festa, anzi, facciamola già. Facciamola ora, facciamola qua, sulle rovine di un vecchio confine, sarà una jam fino alla fine lungo le notti, verso le mattine come dei matti, come dei gatti"). Una canzone in cui Jova si diverte, come altre volte è accaduto, di fare un giocoso name dropping che porta dritto dritto a Il Boom. Il regalo di Natale di Jova al suo pubblico, in attesa di Sanremo, dove ha firmato la canzone di Morandi e del progetto che accompagnerà verso le spiagge estive.

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