In un mondo dove chiunque abbia un minimo di successo non si fa problemi a uscire dal (suo) seminato per esprimersi su altri fronti, consapevole che la fama gli garantirà – sempre che i risultati siano almeno decenti – un tot di consensi “a prescindere”, è facilissimo pensar male e provare persino un certo disappunto. Sommersi come già siamo di libri che non riusciamo a leggere, film che non riusciamo a vedere, serie televisive che non riusciamo a seguire e dischi che non riusciamo ad ascoltare, perché tutti producono troppo troppo troppo, c’è davvero bisogno che i professionisti di regia, scrittura, musica, recitazione e quant’altro si inoltrino in ambiti non “di loro competenza”? Probabilmente no, non ce ne sarebbe bisogno, ma generalizzare non è mai una buona cosa; specie quando di mezzo ci sono sia le arti, sia le passioni genuine, quelle coltivate in parallelo all’attività primaria perché il cuore lo impone e non perché “conviene”. Proprio il caso, insomma, di Giorgio Tirabassi, che venerdì prossimo pubblicherà – alla soglia dei cinquantasei anni: li compirà il 1° febbraio – il suo primo album. Uscirà per la Nuccia con distribuzione Egea e si chiamerà “Romantica”, titolo che si collega al sentimento e soprattutto alla “Roma antica” – si noti la luna a mo’ di accento sulla “i” in copertina – che in esso è celebrata in quattordici canzoni più bonus track.
Uno sfizio? In minima parte sì, ma uno sfizio che affonda le sue radici nell’amore autentico per la città che a Tirabassi ha dato i natali e per la musica, che l’attore frequenta fin da giovanissimo – a quindici anni l’acquisto della sua prima chitarra – senza soluzione di continuità; il repertorio del CD, oltretutto, è stato rodato per vari anni nei club della Capitale, e l’operazione discografica non può dunque essere definita velleitaria e/o improvvisata. Il tour nazionale che sarà avviato più avanti darà modo di verificarlo, ma intanto “Romantica” offre un quadro più che eloquente di un progetto culturale e non solo “di intrattenimento” volto al recupero della migliore tradizione popolare della Città Eterna, non privo di affinità con quello portato avanti in primis dagli Ardecore e, più o meno per estensione, dagli altri esponenti della “nuova” scena votata al romanesco: da BandaJorona a Il Muro del Canto, da Ave Aò a L’Orchestraccia, da Coreacore a Raffaella Misiti e le Romane fino a, con i dovuti distinguo, Emilio Stella e Mannarino. La differenza sostanziale è che il linguaggio stilistico scelto da Tirabassi non è il folk-rock bensì il jazz: un jazz non “rigoroso” ma ricettivo alle contaminazioni tzigane e sudamericane, eseguito da una band di esperienza e qualità, abile nell’accompagnare con trame calde e d’atmosfera le interpretazioni del “primattore”. Un primattore che non azzarda tecnicismi che forse l’ugola non gli permetterebbe e si accontenta, per così dire, di trovare un efficace equilibrio fra sponteneità, intensità e melodia che ben si addice a un songbook nient’affatto “da cartolina” (identificare il patrimonio romano solo con “La società dei magnaccioni” e le osterie sarebbe un errore imperdonabile) e invece ricco di spessore, di pathos, di una brillantezza che non contrasta con i toni spesso cupi e drammatici dei testi.
“Romantica” scava nel passato, estraendone per lo più brani storici – i più datati sono del XIV Secolo – ma concedendosi qualche divagazione verso i tempi moderni, come nel caso di “Tango romano” (un classico anni ’30 di Ettore Petrolini) o di “Stornello dell’Estate”, composta nei ’60 – è il pezzo più recente – da Ghigo De Chiara ed Ennio Morricone. E che in scaletta compaiano pure alcuni episodi riportati in auge dai già citati Ardecore – “Come te posso amà”, “M’affaccio (alla finestra)”, “Nina vie’ giù” – è un’ulteriore prova di come l’album non cerchi consensi facili e superficiali ma punti, fatto salvo l’intento di essere godibile, a mettere in evidenza “il bello” di una scuola musicale e poetica non sempre valutata tanto quanto meriterebbe per colpa di alcune inevitabili degenerazioni e dei troppi luoghi comuni. Luoghi comuni che, per altri versi, toccano anche Tirabassi, la cui carriera è nel complesso ben più “alta” di quanto non dica il ruolo del Commissario Ardenzi – interpretato in due note fiction televisive – che l’ha affermato presso la platea di massa: si pensi ai numerosi film d’autore e agli spettacoli teatrali, con i nove anni trascorsi nella compagnia di un monumento come Gigi Proietti (e che Carlotta, la figlia di quest’ultimo, duetti con Giorgio in “Stornello dell’Estate” è una sorta di chiusura di cerchio). “Romantica” è insomma un lavoro con un suo (bel) senso, artistico e, se vogliamo, istruttivo. Dove Tirabassi canta non solo pe’ cantà, bensì pe’ dicce tante cose.