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Franco Battiato, il pianista e amico: “Vi racconto la grandezza di un artista unico”

“È una giornata triste e complicata” ci dice Arturo Stàlteri, compositore e amico di Franco Battiato, con cui aveva collaborato da Fleurs in poi e a cui nel 2014 ha dedicato l’album strumentale “In sete altere” un vero e proprio omaggio alla musica di Battiato a cui il Maestro aveva supervisionato.
A cura di Francesco Raiola
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"È una giornata triste e complicata" ci dice Arturo Stàlteri, compositore e amico di Franco Battiato, l'artista scomparso oggi 18 maggio, con cui aveva collaborato da Fleurs in poi e a cui nel 2014 ha dedicato l’album strumentale "In sete altere" un vero e proprio omaggio alla musica di Battiato a cui il Maestro aveva supervisionato, facendo anche firmare a Stàlteri due pezzi, come ricorda il musicista ricordando la sua amicizia con l'artista scomparso oggi nella sua casa di Milo.

Lei ha conosciuto il Maestro Battiato all'epoca di Fleurs, giusto? Che rapporto avevate?

Lo conoscevo di fama da quando ero ragazzino, avevo tutti i suoi dischi a partire da quelli più sperimentali, poi l'avevo incontrato nel '99 perché facevo un programma su Radio2 dedicato a Mick Jagger per cui quando fece Ruby Tuesday dei Rolling Stone volli averlo in trasmissione, ci conoscemmo e iniziò una collaborazione, fino ad "Attraversando il bardo" (film di cui Battiato è stato regista, ndr), dove diedi una piccola mano. Era una bella persona.

Tra l'altro lui ha collaborato col suo album "In sete altere", che esperienza è stata?

Ricordo che io gli mandavo i pezzi ogni volta che li finivo e lui mi dava dei consigli, poi abbiamo anche firmato due canzoni assieme perché io ho riletto due pezzi in maniera molto personale e lui ha voluto che ci fosse anche la mia firma a riprova della sua generosità, cosa non così frequente in questo mondo dello Spettacolo.

Lei era tra quelli che era riuscito a sentirlo in questi ultimi anni?

No, l'ultima volta che l'ho sentito è stato prima della prima caduta che poi ha fatto precipitare la situazione. Ma già da prima era un po' diverso, si sentiva che era un po' sofferente, poi dopo la seconda caduta non ho più avuto alcuna possibilità di incontrarlo o di sentirlo al telefono e credo che solo pochissimi amici intimi sono riusciti a contattarlo. Ho avuto solo delle notizie dagli amici, ma non ho avuto possibilità di parlarci.

Da musicista le chiedo in che modo Battiato ha contribuito a innovare la musica italiana.

All'epoca in cui andava di moda il progressive è stato inserito, per me in maniera sbagliata, in quell'ambito lì, ma lui era completamente fuori da quell'ambito. Mentre il progressive si ispirava a gruppi come King Crimson, Genesis, alla musica inglese di quegli anni – in Italia pensa a PFM, Banco – Battiato stava già da un'altra parte. Ascoltava Stockhausen, la musica tedesca, quella contemporanea, si sentiva già in dischi come "Fetus" e "Pollution" uno stile diverso, più contemporaneo e svincolato dalle tendenze della musica inglese. Poi c'è stato il periodo in cui ha deciso di voler fare le canzoni, quindi pubblicò con "L'era del cinghiale bianco" e ricordo che polemicamente diceva: "Mi dicevano che è più facile fare i pezzi di questi sperimentali che fare una bella canzone" e lui disse che volle dimostrare che non era affatto vero e infatti ha fatto quei dischi.

Un cambiamento che sconvolse alcuni fan, no?

All'epoca, come molti, lo interpretai come un tradimento: "Ma come? Dopo album come ‘M.elle le "Gladiator' e ‘L'Egitto prima delle sabbie' arriva con queste canzoni?" Invece poi ho capito che aveva cambiato indirizzo ma sempre nella sperimentazione, c'era sempre una cura estrema dei suoni, degli arrangiamenti, dei testi che poi andavano sempre più il misticismo, verso Gurdjieff, tutto un mondo che a quei tempi quasi nessuno conosceva. Quando lui fece "Centro di gravità permanente" tutti pensavano che fosse una frase per fare scena, invece si riferiva agli insegnamenti di Gurdjieff che diceva che bisognava fare un cammino per raggiungere uno stadio in cui tu eri completamente centrato su te stesso. Questi, che sembravano dei nonsense avevano sempre un sottotesto molto colto, anche perché era un lettore pazzesco, per cui se non conoscevi le sue fonti, le prendevi come pezzi divertenti con frasi senza senso, ma c'era sempre un senso nella sua musica.

Qual è la canzone a cui è più legato?

Io amavo tantissimo "Propiedad prohibida", quel giro che fece… fantastico e infatti l'ho messa anche nel mio disco. Per quanto riguarda le canzoni, a parte la celeberrima "La cura", ci sono due canzoni che amo tantissimo che sono "L'oceano di silenzio" che ricorda quasi Mahler e "L'ombra della luce", uno dei pezzi più belli mai scritti, mi dà un brivido anche solo a parlarne, ma ce ne sono talmente tanti… ne ha scritto un mare di canzoni bellissime.

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