Fedez e Michielin: “Con Chiamami per nome passiamo dal sogno alla rabbia, in un anno difficile”
Erano tra i concorrenti più attesi della manifestazione canora, tra anticipazioni del brano e la possibilità di una partecipazione che poteva essere annullata, ma Francesca Michielin e Fedez sono arrivati sul palco di Sanremo e si sono esibiti nella loro "Chiamami per nome". Un momento che ha lasciato trasparire l'emozione del cantante milanese sul palco, connesso con le aste dei due microfoni, alla sua partner Francesca Michielin. Un brano che invoca tanti sentimenti molto forti, come l'amore, la rabbia, il sogno e la speranza, su un palco che in questo momento è "l'unico teatro che permette agli artisti di esibirsi dal vivo", come ha affermato Fedez. Un riflettore su di loro, che vuole anche essere spostato su tutto ciò che ha bisogno di essere illuminato in questo momento, un mondo della cultura lasciato a se stesso.
Quanto vi emoziona il palco dell'Ariston?
Fedez: In realtà sono preso bene, ho fatto le mie cosine e sto bene.
Michielin: Io sto male da tre giorni, ma cosa devo fare? La prima serata per me è sempre complessa, poi dalla cover mi divertirò di più credo.
I primi versi della canzone recitano "Oggi ho una maglia che non mi dona, corro nel parco della mia zona. Ma vorrei dirti non ho paura, vivere un sogno porta fortuna". Come nasce Chiamami per nome?
Michielin: Per me quell'attacco è abbastanza emblematico, dopo l'anno che abbiamo vissuto, che ci è stato molto stretto, è stato molto complesso per tutti noi, partire con una canzone che è stata definita anche da noi, d'amore. In realtà parte subito con il concetto di sogno, con il concetto di speranza. Poi arriva Federico con il concetto di rabbia, ci sono tantissimi sentimenti prima del concetto d'amore, di coppia. Questo pezzo è un po' più esteso da questo punto di vista.
In che misura la pandemia ha influenzato la scrittura del brano?
Fedez: È inevitabile nella vita di tutti che, in qualche modo, quello che abbiamo vissuto abbia influenzato il lavoro. Il fatto di essere al Festival è fortemente dettato da, per quel che mi riguarda, dalle circostanze e dal periodo in cui veniamo. Davvero l'Ariston oggi rappresenta il grande privilegio dell'unico teatro che permette agli artisti di esibirsi dal vivo. C'era la voglia che le luci dell'Ariston potessero illuminare anche le realtà che a oggi non possono essere illuminate.
Come mai avete scelto Calcutta e Silvestri per la terza serata?
Michielin: Abbiamo pensato di non fare qualcosa di retorico, come spesso si fa, ma di fare qualcosa che fosse un momento di puro divertimento, e abbiamo unito due cose apparentemente diverse, in una salsa molto prog.
Francesca, come ti senti per il secondo capitolo di "Feat" e del tuo podcast?
Michielin: Il 5 marzo esce il nuovo capitolo di Feat, che si chiama "Fuori dagli spazi", un augurio a uscire al più presto dalle nostre case, ma anche perché è un progetto fuori dagli spazi. Non ci sono solo tantissimi artisti diversi, ma anche produttori: c'è Colapesce, c'è Mecna, ovviamente c'è Federico, ma anche tante altre sorprese. "Maschiacci" invece è questo podcast che sto scrivendo con il mio team di lavoro, e si interroga su cosa lottano le donne oggi. Un modo appunto per riflettere tutti insieme, su cosa anche non vorremmo lottare mai più. Esce questa settimana, ogni giovedì una nuova puntata.
Fedez, hai mai subito del machismo, ti hanno mai chiamato femminuccia?
Guarda, io di cognome faccio Lucia, quindi credo di averne subite abbastanza di queste cose qui. Non mi sono mai risparmiato i pianti, diciamo, quando c'era da farli. È il motivo per cui sono stato schernito dal mio ambiente, basta ricordare lo scherzo che mi fecero le Iene. L'ambiente è invece un po' più macho, io sono un'altra cosa.
Con la collaborazione di Vincenzo Nasto