Emma: “Nella musica mi porto dietro la disperazione di questi anni, ma ora mi diverto”
I pezzi del puzzle di Emma non sono messi a caso, anzi, si uniscono per raccontare questi ultimi anni della cantautrice, anni difficili, pesanti che Emma ha in parte gettato in Souvenir. Ma quest'album è anche quello che segna la ripartenza, dopo aver messo un punto. Lo si sente nelle scelte musicali, nel racconto che fa in queste canzoni, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa. E tutto questo, se vogliamo stare solo ai numeri, ha pagato, con milioni di views su Spotify e l'esordio in prima posizione nella classifica Fimi. Qui Emma ha parlato di Souvenir a Fanpage, svelando che sta già lavorando a una sorta di secondo capitolo, delle difficoltà di questi anni, della malattia, del cancro e anche della ripartenza.
Come nasce Souvenir?
Souvenir nasce appunto dalla voglia di raccontare questo viaggio che è appena iniziato, in realtà, perché ne è solo la prima parte. Non ti nascondo che siamo già al lavoro su altri brani, non ci sono periodi di uscita, non ci sono date, non ci sono pressioni, però è un viaggio che continuerà. Il primo è stato un viaggio sicuramente fisico, ma è stato anche uno dei tanti viaggi interiori che ho compiuto nell'ultimo anno della mia vita e che ho voluto trasformare in qualcosa di bello perché, come amo definirlo, questa è la cosa migliore che potessi fare nel periodo peggiore della mia esistenza e quello che vorrei che rimanesse agli altri è proprio la dolcezza dei miei ricordi, l'onestà con la quale ho raccontato tanti aspetti della mia vita, che poi sono le stesse identiche cose che rimangono a me di questo viaggio.
E Mezzo mondo è stato un singolo perfetto…
Ero convinta che Mezzo mondo fosse fosse la canzone giusta per aprire questo progetto, però allo stesso tempo, in maniera molto candida, ti dico che non mi aspettavo questo successo.
Coma mai?
Perché sono stata lontana dalle scene, un po' per mia scelta, un po' per alcune situazioni personali, così mi sono ritrovata a dover riguadagnare un mio posizionamento e dovevo forse anche guadagnare la fiducia della gente, ritrovarmi, ritrovarci, quindi sono estasiata da quello che è successo con Mezzo mondo e sono anche molto contenta per quello che sta iniziando ad accadere con "Iniziamo dalla fine". Sono orgogliosa e ringrazio tutte le persone che hanno messo mano a questo disco.
Com'è stato questo riposizionamento?
Il riposizionamento è difficile quando non c'è la sostanza e non c'è credibilità, io credo che in tutti questi anni ho lasciato pezzi di me, ho lasciato qualcosa agli altri. La differenza, secondo me, con questo progetto, è che la gente – che non è stupida e per la quale io ho molto rispetto – sente realmente la voglia che ho di stare, di esistere, di resistere. È ovvio che nel mio lavoro porto dietro la disperazione che probabilmente ho avuto in questi anni nella vita, ho dovuto superare cose tremende, purtroppo: dalla mia salute personale, al cancro, alla malattia di mio padre. Insomma, mi stavo trascinando uno zaino enorme e questo trascinarmi questo peso inevitabilmente stava finendo anche nel mio lavoro.
E a quel punto cosa è successo?
Ho iniziato a mollare un po' di roba, a togliermi un po' di pesi che non mi merito, a comprendere che non potevo pensare di salvare il mondo, che non tocca sempre a me. Ho iniziato anche a dedicarmi a me stessa e questo probabilmente si riflette nella musica che ho scritto.
In che modo, secondo te?
Perché sono molto più a fuoco, più lucida e anche più divertita, ho ritrovato anche la voglia di divertirmi nel mio lavoro. È come se questo vecchio palazzo fosse, sì, crollato, ma fosse anche rinato, nuovo, moderno e più consapevole, più cosciente. Poi devo anche dire che in tutti questi anni di assenza non è che sia rimasta seduta sul divano a mangiare il gelato davanti alla televisione, anzi mi sono serviti innanzitutto per ascoltarmi, per capire che cosa volevo fare, ma soprattutto per ascoltare, mi sono dedicata all'ascolto di tutti gli artisti emergenti, mi sono presa il mio tempo per capire il cambiamento.
E cosa hai capito?
Ho capito dove potevo posizionarmi in questo grande cambiamento e cosa c'era di veramente vicino a me, quindi anche le collaborazioni, a Sanremo con Lazza, e in Taxi sulla Luna con Tony Effe, mi hanno portato a essere libera di aprirmi a tutte le strade, senza aver paura di essere giudicata. Questo ha aiutato molto anche la creazione di questo album, che è molto variegato: tiro fuori di nuovo l'elettronica che è una mia skill, perché io nasco da lì, però non rinnego la parte organica, quella più cantautorale, c'è tantissimo pop stratificato con l'urban, con delle strofe più parlate, gli ultrabeat, insomma, mi sono veramente divertita a fare questo disco. È come se questa tracklist rappresentasse anche la mia vita, questo viaggio, con gli scossoni, i momenti di calma piatta, quelli di serenità e i momenti di frenesia, di follia, per poi ritornare con i piedi per terra, radicata alle mie origini. Lo vedi anche nel modo in cui finalmente affronto questa vocalità diversa che avevo paura a mostrare.
Che timore avevi?
Attraverso la mia voce sempre graffiata, quasi prepotente, pensavo di dimostrare e di urlare al mondo "Guardate che io esisto, io il culo me lo faccio, io sono un'artista" e invece adesso mi rendo conto che non devo dimostrare più niente e ho capito anche che si possono dire le stesse cose utilizzando questa voce sottile, leggera che sapevo di avere, ma avevo paura di usare. In questo mi ha aiutato – e ringrazierò per sempre – Dardust, perché il primo vero seme l'abbiamo piantato con "Ogni volta è così", quando mi ha cacciato in studio e mi ha detto "Ascolta, adesso canti come ti dico io, perché tu questa cosa la puoi fare, tu ce l'hai questa cosa, devi smetterla di avere paura e di pensare di non essere all'altezza di quel tipo di vocalità" e quindi poi mi sono liberata in questo album.
Qual è la canzone in cui hai provato maggiormente questa nuova voce?
Secondo me il brano che lo sottolinea di più è proprio Amore cane, cioè è proprio cantato in un modo sottilissimo.
Senti, sono due i pezzi che non firmi – a parte Taxi sulla Luna -, uno è Capelli corti, paradossalmente uno di quelli in cui si vede maggiormente Emma. Come mai?
Quando ho sentito Capelli corti ho detto: "Davide (Simonetta, l'autore, ndr) sembra che l'abbia scritta io". Lui sa che io amo quel mondo un po' alla Mina, battistiano, quel modo di cantare che sembra un po' old, un po' come cantavano le grandi dive di una volta: "Che cosa ci fai lì?" (canta, ndr) un po' buttata come se fossi una Mina, una Patty Pravo, una donna vissuta che parla ad altre donne e che all'alba dei 40 anni è arrivata a dire: "Ragazzi, basta pippe, godiamoci la vita ci meritiamo di essere felici, esattamente come gli uomini, iniziamo ad amarci per quello che siamo, perché quello che ci vogliono propinare tutti i giorni sui social, questo stereotipo di queste donne sempre perfette, sempre meravigliose, è una roba che non esiste".
Era qualcosa che non sentivi ancora in Fortuna?
Io credo che Fortuna abbia gettato il primo seme, perché lì, secondo me, ci sono brani che meritavano davvero tanto, però è stato il primo approccio al primo vero, enorme cambiamento. Poi ho lasciato sedimentare – perché le cose devono sedimentare – e quando ho iniziato a pensare a Souvenir, lo volevo esattamente così, non è una cosa che è capitata.
E oggi, quindi, com'è Emma?
Oggi sono dolcemente pacificata, ho smesso di combattere contro il mondo, ma in realtà ho smesso finalmente di combattere contro me stessa e ho iniziato a volermi un po' più bene, quindi ho fatto pace con me stessa e inevitabilmente al mondo risulta questa mia calma e sono contenta che alle persone arrivi il fatto che finalmente ho detto "Basta, hai rotto il cazzo! Emma finiscila, basta! Ti devi volere bene!".