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Dopo “MOOD”, Nayt ritorna con “DOOM”: “Inseguo l’equilibrio tra arte e intrattenimento”

A un anno di distanza da “MOOD”, l’artista romano Nayt ha pubblicato il suo nuovo progetto “DOOM”: “Cerco il centro tra l’arte e l’intrattenimento”
A cura di Vincenzo Nasto
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Nayt solo un anno fa aveva sorpreso il pubblico con un progetto che si distanziava totalmente dal passato, da "Raptus" e dai suoi progetti "Honiro". "Mood" era la consacrazione di uno dei liricisti migliori della scena hip hop italiana, in grado di affrontare anche produzione più melodiche, sempre in compagnia del suo 3D. Lo scorso 29 ottobre la sorpresa, il secondo progetto, ancora più intimo del rapper di Isernia: questa volta il titolo è "Doom", un progetto che ha più legami, oltre quello nominale, con il suo predecessore. È proprio Nayt a raccontarlo, affermando che il gioco di parole ha un significato: "Ogni cosa può essere il suo contrario". L'obiettivo, più di ogni altra volta, è quella di concedere al disco un equilibrio tra arte e intrattenimento, un progetto che abbia la possibilità di arrivare a tutti e di scavare nell'abisso artistico. Un solo feat, come il predecessore: al posto di Mezzosangue, compaiono in "Doom" la coppia italo svizzera Gemitaiz e Mattak in "OPSS". L'album, nella sua prima settimana, è entrato nella top 10 degli album di debutto più ascoltati al mondo in streaming, classificandosi alla nona posizione. Nel frattempo, nelle scorse ore, è uscita una nuova versione di "Sorpresa", dalle mani del produttore CanovA, un'anticipazione del suo nuovo progetto.

A un anno dal successo di "MOOD", ritorni con un nuovo progetto: "DOOM". Cosa ha influito sul progetto e che storia racconta?

In realtà il gioco di parole ha un significato: ogni cosa può essere il suo contrario e "DOOM" può essere il contrario di "MOOD". Può essere intesa come condanna, più specificatamente come condanna di vivere. In realtà non è per forza una condanna, ma anche un dono. Tutta una questione di punti di vista.

La titletrack si trova proprio come introduzione del progetto, una proiezione di angoscia esistenziale che hai voluto porre come presentazione dell'album.

All'inizio del disco volevo mettere qualcosa che rappresentasse l'attitudine e i temi dell'album. È stato un atto di coraggio perché è un pezzo molto pesante. Era giusto così.

Come è stato il lavoro sui testi, ma anche sulle produzioni e la struttura dell'album?

Mi piace l'idea di poter lasciare spazio all'istinto, all'intuito. È tutto un flusso di coscienza e ho cercato di avvicinarla alla tecnica che ho appreso negli anni dal rap. Tutto al servizio di un concept, di una dimensione più matura. Diciamo che con le punchline e i flow assurdi si può fare tutto, ma poi dopo un po' incomincio a perdere interesse.

Nell'album sorprende anche la scelta di brani molto melodici, con un nuovo lavoro sulla tua voce.

Ho sempre avuto questa passione per le linee melodiche e credo di essere nel momento migliore della mia carriera, perché riesco a gestirle con grande naturalezza. È una cosa arrivata sempre per flusso di coscienza ed è arrivato anche il bisogno di scrivere in questo modo. Il rap è esplicito nella maniera più estrema, mentre questi pezzi qui hanno il dono della sintesi, come la poesia. C'è tutto quello che deve esserci.

Canti: "Io ho l’ansia che quello che scrivo non sia niente di nuovo", in che senso?

Per certi versi è proprio una sicurezza, io non scrivo niente di nuovo. Per questo motivo le persone possono riconoscersi, perché è una cosa intrinseca. È una roba che abbiamo dentro e che io riesco a mettere in versi con la mia visione. Questo rassicura le mie ansie.

Che tipo di influenza credi abbiano i social network nella nostra società?

I social sono parte integrante della nostra cultura. Togliersi significa per certi versi diventare un eremita, in questo mondo virtuale. Il web ha raggiunto un potenziale di comunicazione importantissimo, è un peccato però che sia utilizzato da una società dai valori sballati. Si allontana dalla vita e quindi il web rimane un potenziale, allontanandosi sempre dalla realtà. Uno specchio delle nostre insicurezze dove noi dobbiamo essere al centro di tutto quanto. La vita è fatta di assenze, di noia e dobbiamo educarci in questo senso.

Quanto ti preoccupa la percezione del pubblico su ciò che scrivi ma anche sulla tua persona?

Ultimamente inizia a importarmi sempre di meno. Crescendo acquisisco sicurezza sulla mia visione artistica, soprattutto dopo la pubblicazione di Mood. So che non è musica accessibile a tutti, perché è densa di significati. Ti cito Niccolò Contessa in un monologo de I Cani: "L'arte e l'artista ha il compito di guardare nell'abisso e di farti guardare nell'abisso in cui si cala. Io sto andando nella direzione dell'arte, non dell'intrattenimento e devo farci i conti. La musica, ciò che faccio, è anche una questione di mercato. Ma non è solo legata al successo, ma di comunicazione. Voglio che la mia musica arrivi alle persone. Con "Doom" cerco il centro tra l'arte e l'intrattenimento e il fatto che quest'album stia ottenendo buoni risultati con questa impostazione, mi tiene più stimolato e concentrato.

Intervista di Francesco Raiola con la collaborazione di Vincenzo Nasto

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