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Axos tra Anima Mundi e Manie: “Ho paura di godere di cose che mi stanno uccidendo”

A un anno e mezzo dal successo di “Anima Mundi”, Axos ha pubblicato “Manie”: la sua evoluzione più diretta, tra la paura di sé e la società. L’intervista qui.
A cura di Vincenzo Nasto
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Axos 2022, foto di comunicato stampa Manie
Axos 2022, foto di comunicato stampa Manie

Differentemente da "Anima Mundi", Axos ha deciso di osare il tutto per tutto: "Manie" è un disco uscito in un mese e mezzo, uno sfogo diretto. Come confessa nell'intervista a Fanpage.it, gli ultimi due anni del cantante, che arriva dal successo del disco precedente, sono stati cestinati: una scrittura troppo autoanalitica, più un bisogno che un esperimento musicale. Poi conosce il producer July, con cui condivide questo viaggio. "Manie" è composto da 11 tracce e come racconta Axos: "La cosa clamorosa è che per fare un disco di 10 tracce, solitamente ne fai 20. Mentre a questo giro no, tutte le tracce che ho fatto sono finite nel disco". Dalle paure di una società che lo costringe ad autoanalizzarsi, al concetto di poliamore rivedibile nella metafora di Krishna e Radha.

La cover di "Manie" di Axos
La cover di "Manie" di Axos

C'è stato un grande mormorio sui social relativamente alla cover di "Manie", che sembra essere molto simile a quella di un disco di Machine Gun Kelly. Com'è nata la cover invece?

Mi hanno detto che la cover è uguale a "Binge" di Machine Gun Kelly. Ti giuro che non l'avevo mai vista prima, altrimenti non l'avrei pubblicata così, perché è praticamente uguale. L'idea nasce dal concetto di tatuaggio, una cosa che ha accompagnato il percorso di crescita mio e della mia fan base. Volevo continuare con questo filone, dando importanza a questo linguaggio. Soprattutto attorno al concetto di manie, che è una cosa che viene da dentro. Io credo che i tatuaggi che ho ce li avessi anche prima di tatuarmeli: erano sotto pelle.

E invece com'è nato il processo del disco? Hai scritto sui social che è stato completamente diverso da "Anima Mundi", il tuo disco precedente. 

Il processo è stato veloce, perché venivo da un percorso di un anno e mezzo in cui la scrittura era stata la mia terapia. Poi è arrivato il disco, conoscendo July, ho capito che attraverso lui avrei tirato fuori il suono che avevo in testa. In un mese è uscito il disco, e tutto ciò che avevo fatto nell'anno e mezzo prima l'ho buttato. Questo progetto è uno sfogo e la cosa bella è che quando lo ascolto non sembra il mio disco. Mi sembra ci sia la stessa anima in pezzi diversi come "Padri" e "Geloso".

In un mese e mezzo, 11 brani?

La cosa clamorosa è che per fare un disco di 10 tracce, solitamente ne fai 20. Mentre a questo giro no, tutte le tracce che ho fatto sono finite nel disco.

C'è qualcosa che collega "Manie" ad "Anima Mundi", anche dal punto di vista musicale?

Credo sia il viaggio il punto di contatto, chiaramente cambia il modo in cui è stato realizzato il progetto. Chi mi segue da tempo riesce a percepire che c'è lo stesso canale: sicuramente il passaggio grosso che li accomuna è la variazione di suoni. In "Anima mundi" l'accenno era più evidente, in "Manie" c'è stata la chiusura del cerchio. In questo disco sono contento di aver fatto capire al pubblico la mia anima eclettica e poliedrica ed è stato difficile. Purtroppo quando non sei un artista etichettato, è facile che il pubblico entri in confusione e mi sembra che a sto giro tutti abbiano compreso cosa sono come artista.

Una distanza che invece avevo percepito era relativa anche al profilo sociale di "Manie", che racconta in brani come "Thriller", il tuo rifiuto ad alcune tendenze. Cosa ti infastidisce del fenomeno di desiderabilità sociale, che condanni nel brano?

Io sono infastidito dalla società e dall'esserci cresciuto dentro. Sono stufo dei dogmi della società e della visione di massa che si costruisce all'interno. Sono stufo perché ogni pensiero è dettato, programmato, e questa cosa comporta in me una costante autoanalisi. Devo capire fino a che punto sono me stesso e dove, invece, sono un device programmato dalla società. Il problema è che ci vivo dentro. Allora divento come Carl Jung, un anarchico che sfrutta ciò che la società gli dà, ma mantiene la propria identità.

E invece in "Malavita", più che la rabbia, analizzi il sentimento della paura. Qual è la tua paura più grande?

La mia paura più grande è diventata il non accorgermi di una realtà che mi stanno proponendo: ho incominciato a vedere la vita attraverso vari piani di realtà. Per cui ho capito che la realtà è un punto di vista, e ho paura di ritrovarmi a essere quel robot programmato, senza accorgermene. Di godere di cose che mi stanno semplicemente uccidendo.

"Padri" invece cosa rappresenta?

Avevo in mente di fare un singolo con Ensi assolutamente, avevamo solo fatto "Joga Bonito" assieme. Volevo collaborare anche con Inoki, e ho pensato al fatto che eravamo tutti e tre padri. In più, in loro rivedo, dal punto di vista rap, due padri. Padri del flow, padri del sound è dedicata a loro, più che a me.

Passando a "Sotto Zero" con Jake La Furia ed Emis Killa, sembra ci sia un richiamo a un pezzo classic della cultura rap italiana: "Sub zero" proprio di Jake e Vincenzo Da Via Anfossi.

È stato un pezzo che ho mangiato da piccolo, la strofa di Jake la sapevo e la so tutta a memoria. Appena ho scritto il ritornello, ho pensato: "Perfetto, adesso c'è anche Sub Zero".

"The Experience", le tue date ai Magazzini Generali il prossimo 14 e 21 aprile, che tipo di live saranno? 

Sarà un live trip, con entrambe le dimensioni. Quella del trip lascio la curiosità a chi verrà al concerto ai Magazzini Generali, mentre dal punto di vista live ci sarà una performance molto particolare. Posso dire che il pubblico vedrà i Magazzini come non li ha mai visti prima.

Che rapporto c'è tra la leggenda di Krishna e Radha e la tua vita?

Io ho la mia Radha sempre, però come Krishna mi piace dare l'amore a tutti. Krishna non ritiene giusto che non possa dare il suo amore a tutte, ma nel suo cuore c'è Radha che ama in maniera diversa.

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