Cinquant'anni senza Jimi Hendrix. A chi ha vissuto quell'irripetibile stagione delle contestazioni studentesche, dei sogni sessantottini e delle adunate ormai mitiche come Woodstock, sembrerà impossibile. Eppure il 18 settembre 1970, esattamente mezzo secolo fa, Jimi Hendrix moriva in una camera d'albergo a Londra, non aveva ancora compiuto 28 anni. All'incirca a metà di quella mattina, al St Mary Abbot's Hospital di Londra, un medico dichiarava deceduta la leggenda del rock, il chitarrista mancino, il genio eroinomane. Ci vollero due settimane per stabilire con un verdetto fumoso e alla base di ogni ipotesi come fosse deceduto. Asfissia, fu scritto sul referto del coroner Gavin Thurston. In pratica, l'autore di "Little wing", "Alla along the Watchtover" e una miriade di altri brani cult, sarebbe morto soffocato dal proprio vomito durante il sonno indotto da una dose eccessiva di barbiturici. Fu l'impossibilità di stabilire con esattezza come fossero andate le cose, meglio, su quali ragioni avessero portato a quel tragico incidente che spalancò ogni genere di ipotesi. Dal suicidio all'assassinio.
Come è morto Jimi Hendrix? Tutte le ipotesi
L'alone mitico in cui è avvolta la morte di Jimi Hendrix ha superato gli ultimi cinque decenni, finendo per produrre una ampia letteratura sull'argomento. Libri di specialisti e ricercatori, testimoni dell'epoca. Persino nei film: in molti ricorderanno la trama di "Maledetto il giorno che t'ho incontrato", pellicola del 1992 di e con Carlo Verdone, il cui il protagonista attraversa il Regno Unito alla ricerca dell'uomo che deterrebbe il segreto sull'ultimo giorno di Jimi. L'ipotesi principale, quella della tragica fatalità, conseguenza della tossicodipendenza di Hendrix, resta la più accreditata. Ma non è l'unica.
Per molti, infatti, la morte di Jimi Hendrix è conseguenza di un complotto. Questa tesi poccia su un dato provato: Hendrix finanziava le Black Panther e per questo era spiato dall'onnipresente FBI di J.Edgar Hoover. Secondo i complottisti, poco chiaro resterebbe il ruolo svolto in questa vicenda da Monika Danneman, con cui Hendrix ha passato la sua ultima notte e che in seguito dichiarò che Jimi aveva preso nove pasticche di un sonnifero che si scoprì non più in commercio. Tutte le incertezze e lacune del racconto, hanno aperto la strada a molte illazioni sulla fine di Hendrix.
Secondo altri, invece, la morte di Jimi Hendrix fu causata dallo stress a cui l'artista era andato incontro negli ultimi mesi, costretto a continue esibizioni da un contratto capestro firmato anni prima. Secondo questa ipotesi, Jimi Hendrix sarebbe morto per overdose conseguente alla necessità di riuscire a trovare riposo durante lo stremante tour di quei mesi. Per altri, invece, quello stesso stato di disperazione, avrebbe spinto Hendrix verso l'assunzione volontaria di una quantità di barbiturici tali da condurlo alla morte nel più breve tempo possibile, in questo caso per costoro sarebbe lecito parlare di suicidio. Ma, come dicevamo all'inizio, è probabile che tutte queste ipotesi siano nate perché la più semplice di tutte, la fatalità dovuta all'asfissia, è stata ritenuta troppo banale dai suoi fan.
Jimi Hendrix: ‘Hear My Train A Comin’ " il doc sul più grande chitarrista della storia del rock
Probabilmente non sapremo mai come è andata. Quel che ci resta, e che probabilmente dopo mezzo secolo, è più importante, è la musica di Hendrix. Motivo per cui a 50 anni dalla sua scomparsa, il canale culturale europeo ARTE rende omaggio al più grande chitarrista della storia del rock con il documentario “Jimi Hendrix: Hear My Train A Comin’” (2013), disponibile gratuitamente in streaming, sottotitolato in italiano, su Arte in Italiano (arte.tv/it) dall’11 settembre al 16 novembre 2020. Vincitore di un Emmy Award e diretto dal regista Bob Smeaton, il documentario dipinge in 90 minuti un ritratto unico del musicista, raccontando sia l’uomo che la rock star, attraverso video e immagini d’archivio o inedite dei suoi concerti, lettere e disegni interviste con lo stesso Hendrix, testimonianze di familiari e amici, tra cui Paul McCartney.