Quei riccioli biondi che lo rendono simile a un angelo, quando in realtà in corpo ha il diavolo. L'aria svagata e persino un po' timida. "La so" pronuncia un giovanissimo Robert Plant nel buio di un umido scantinato di Gerrard Street, a Londra. La domanda l'ha fatta Jimmy Page, il chitarrista degli ormai disciolti Yardbirds. Page – che ama lavorare con la dodici corde – si sta arrovellando alla ricerca di un gruppo, di un super-gruppo. Per questo ha cercato inutilmente di saccheggiare l'intera sezione ritmica dei The Who, ma l'operazione non gli è riuscita. Jimmy sente il prurito mordergli le dita, sa di avere talento, sa anche che il momento è quello giusto. È il 12 agosto 1968, un giorno ideale per organizzare la rivoluzione. Senza Yardbirds, orfano di Jeff Beck che li aveva mollati già da un pezzo, con i suoi ex soci decisi a pettinar le bambole con le morbidezze acustiche dei neonati Renaissance, Page è letteralmente alle corde. "Chi conosce Train Kept A-Rollin'?".
Quel 12 agosto 1968 il vento londinese cambia. Per sempre. Nello scantinato arriva un tizio, il cantante degli Hobbstweedle e della Band of Joy. Brutto segno. Non si canta in due gruppi diversi se sei uno davvero forte. Lo chiamano "Bob" e ha quei riccioli biondi che sembra un angelo, ma un angelo non è. Manco per niente. "Io, io conosco Train Kept A-Rollin', se vuoi la facciamo". Robert Plant si è portato dietro il batterista del suo gruppo, un energumeno: John "Bonzo" Bonham. Il classico tizio che quando è costretto a vivere, a vivere senza bacchette, batte le mani su qualsiasi oggetto si trovi a tiro. "Siamo in tre" pensa sir James Patrick Page. Manca quel cavolo di basso. "Lo suonerei io, se potessi, visto che negli Yardbirds l'ho fatto per un fracco di tempo…". Ma la sua fissazione è la dodici corde, non c'è spazio per tornare indietro. Dodici corde il 12 agosto, un segno.
Toc toc. Qualcuno bussa nel seminterrato di quel negozio di dischi in Gerrard Street. Il suo nome è John Paul Jones, ventidue anni appena e già uno dei turnisti preferiti dalle sale di registrazione londinesi. Suona la tastiera, il basso, suona tutto. "È qui che state organizzando i nuovi Yardbirds?". "Più o meno" risponde Page. "Ma non ci chiameremo The New Yardbirds". Be', ovvio.
"Allora, iniziamo o no?" chiede l'angelo biondo, scalpitante. "Qui si crepa dal caldo." Lo scantinato, in effetti, è una camera a gas. "Già" gli fa eco il suo amico alla batteria, il Bonzo. "D'accordo" risponde Jimmy, pensando che il biondo gli porterà solo problemi. Viene da Birmingham e canta in due gruppi. Oltre a quei maledetti riccioli… "Attacchiamo" continua. John Paul Jones stringe il basso, è un tipo serio. "One, two…"
"A board a train, I met a dame" esordisce il biondo. E il pezzo va. Un blues rabbioso, carico di ritmo e botte. Sembrano arrabbiati quei quattro. In effetti, lo sono. Ognuno ha le sue buone ragioni per esserlo. Sono quattro scapigliati inglesi, il più vecchio ha ventiquattro anni, e siamo nel 1968. Gli amplificatori vibrano. In superficie, su Gerrard Street, qualcuno storce il naso. C'è proprio bisogno di essere così arrabbiati per un po' di blues? Be', a quanto pare sì.
"Era così potente che non ricordo più quello che abbiamo suonato dopo" raccontò in seguito Page al biografo ufficiale Mick Wall. "Era come un fulmine, come un lampo". E da quel lampo partito dalle viscere della terra, in un buio scantinato londinese, era nata finalmente la sua rivoluzione. Una rivoluzione che avrebbe avuto chitarre a dodici corde, dirigibili di piombo e pantaloni a zampe d'elefante. E che avrebbe corso a cavalcioni sul dorso di un cane nero tutti gli anni Settanta per diventare una pietra miliare del rock. Avrebbe avuto spazio, tempo, fama, denaro. Si sarebbe imborghesita su un jet privato, si sarebbe scontrata con le accuse di plagio e con le critiche negative scolpite con l'inchiostro su Rolling Stone. E che sarebbe finita dodici anni più tardi, dopo la morte nel sonno di Bonham dopo una pazza sbronza. Eppure in quel momento perfetto, in quel 12 agosto 1968, nelle viscere della terra erano nati i Led Zeppelin: il mondo non sarebbe più stato lo stesso.