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WMA 2013, la musica fallita che si celebra da sola

Wind Music Awards 2013, una manifestazione in cui si premiano coloro che hanno venduto più dischi, quando i dischi sono rimasti in pochi a comprarli. Ecco l’esempio di un rito assolutorio in cui ci si incontra per auto convincersi di quanto si sia stati bravi.
A cura di Andrea Parrella
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Due semplici citazioni. La prima: Mika, prossimo giudice di uno dei talent show più celebri della nostra tv, afferma molto sinteticamente che "Vendere dischi in Italia è molto difficile". Seconda citazione, quella di Gianna Nannini, nelle fasi iniziali dei Wind Music Awards: "Investite sulla musica  italiana, sui giovani". Lo dice mentre riceve il suo premio, il primo di una sfilza di riconoscimenti a buona parte dei senatori del firmamento musicale italiano. Ecco quanto, l'esortazione della Nannini non fa una piega, ma avviene in occasione di una manifestazione che di questo invito è il mascherato, esatto contrario. Non ci vuole molto a capirlo, beninteso, che sia una bella cerimonia per dirsi "Bravi, siamo bravi tutti quanti e mò, prima dell'estate, troviamo il modo di farci i complimenti tra di noi".

Che poi la colpa non è di chi ha partecipato, non di Ligabue, dei Negramaro, di Emma o di Mengoni, né di tutti gli altri presenti. Tutti insieme, lì come stavano, assolvevano al ruolo di descrivere esattamente lo stato della musica nostrana. Che sta là divelta, disfatta, deperita, nell'impotenza di poter dare la colpa a qualcuno di preciso, con qualche punta d'eccellenza che ne salva l'onore. Colpa di un circolo vizioso acefalo che, in maniera ingannevole, ti fa credere l'assassino sia Emma Marrone (per fare un nome tanto discusso, che molti affiancano inevitabilmente a quel modello Amici che piace così poco), quando lei non ce ne ha di colpa, anzi è una vittima. La manifestazione dei Wind Music Awards ha premiato le vendite dei dischi oggi che i dischi non se li compra più nessuno (vero e scontato quanto lo sia che non esistono più le mezze stagioni), ma chissà come mai si trova l'esigenza di far salire su un palco i fiori all'occhiello. Viene abbastanza facile concludere che la cerimonia di ieri non fosse molto più di uno specchietto per le allodole, un rito assolutorio, una lavanderia, in un ambiente fortemente affetto dal nepotismo e dal "lui è un mio grande amico; lui è come un fratello per me".

Ci si scommetterebbe una bella cifra sul fatto che all'ottava edizione dei Wind Music Awards, quella dell'anno prossimo, si assisterà alla sfilata di buona parte dei nomi che abbiamo già sentito nella serata appena trascorsa. L'interesse reale per la crescita e l'evoluzione per la musica italiana lo ha dichiarato la scaletta, con la scelta (che è cartina tornasole della vera verità) di piazzare Renzo Rubino a margine della kermesse, come ultimo ad esibirsi, nonostante il premio assegnatogli, quello del miglior emergente, dovrebbe essere quello su cui concentrare maggiore attenzione. Che poi Renzo Rubino sia bravissimo e riuscirà a divincolarsi da questa marginalizzazione, è altra storia. Arrivederci alla prossima fiera.

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