Vasto Siren Festival, buona la prima
"All the very best of us, string ourselves up for love" canta Matt Berninger in quello che è ormai diventato un rito per tutti i fan dei The National: alla fine del concerto, infatti, la band regala al pubblico una versione acustica di "Vanderlyle Crybaby Geeks", pezzo che chiude il loro "High Violet". Il pubblico lo sa, e aspetta il momento per poter cantare a squarciagola come tutti i migliori tra noi, si impicchino per amore, con Berninger che mima il cappio al collo con la cravatta. O almeno questo è quello che è successo a Vasto, durante la prima edizione del Siren Festival, la manifestazione targata DNA di cui i The National erano senza dubbio la band più attesa, come anche la quantità di gente presente venerdì 24 ha dimostrato. Una band che è cresciuta nel tempo, lentamente e senza il singolone trainante, riuscita negli anni a scalare classifiche di vendita e gradimento e aumentando le date italiane a un anno di distanza dal tour di "Trouble Will Find Me", quando in Italia fecero sold out all'Auditorium Parco della Musica e si esibirono con pienone assieme a Johnny Marr e Colapesce per il "City Sound" di Milano. Il secondo giorno del Siren si è concluso così, dopo che il cantante aveva onorato l'altra tradizione, ovvero quella di gettarsi microfono alla mano tra il pubblico e sfruttando una signora affacciata al balcone di Piazza del Popolo per improvvisare una serenata (diventata già culto), dopo aver preparato un paio di cocktail per il pubblico. Uno spettacolo lungo e pieno, che alcuni definiscono "sempre uguale", che è un po' come lamentarsi, dopo aver visto a teatro lo stesso spettacolo tre volte, di non aver notato grandi (o alcun) cambiamento.
Primi passi per diventare un festival internazionale
Ma Vasto non è stato solo The National, anzi, sebbene la band americana sia stata il banco di prova per questa prima edizione di un festival che a detta dell'organizzatore Pietro Fuccio, vuole diventare una costante estiva, ispirandosi ai maggiori festival internazionali, in grado di unire la musica a un piccolo paese col mare. Sfruttare gli spazi vicini e la Costa adriatica per poter portare sempre più gente anche dall'estero (e la media partnership con la rivista The Quietus, andava in questa direzione). Una prima edizione che ha visto molte cose buone, benché, a naso, la città evidentemente non si aspettava un tale afflusso di gente per una serie di gruppi di cui in molti non avevano mai sentito parlare.
Dialogo vero
"Scusate ma chi suona stasera?"
"Guardi ci sono vari gruppi italiani e internazionali"
"Ma che musica fanno?"
"Varia, diciamo rock, per semplificare"
"Ah, quindi non c'è una chitarra classica?"
"Chitarra classica?"
"Eh, sì, qualcosa tipo Alex Britti"
Ottimo mix di italiani e stranieri
Alex Britti a parte, comunque, la città è comunque riuscita a contenere l'afflusso di ragazzi (e non) che ha riempito la 4 giorni abruzzese (ma in realtà sono due giorni pieni più un'apertura serale che ha visto l'anteprima del documentario sui The National "Mistaken for Strangers" e i Giardini di Mirò e una chiusura affidata a Anna Von Hausswolff). Non abbiamo ancora dati sulle presenze, ma si può dire che la line up coi National protagonisti ha certamente portato più gente, anche se il terzo giorno aveva una quantità maggiore di teste di serie e una scelta più ampia tra i generi. Se ad precedere i The National sul palco principale c'erano stati i Dry the River e i the Drones, con i Soft Moon a scaldare i motori agli headliner nel palco del cortile del Palazzo d'Avalos, il giorno dopo assieme ai Mogwai, hanno suonato John Grant, Tycho e Fuck the Buttons, oltre a una serie di artisti italiani che si sono alternati sui due palchi restanti, ai Giardini d'Avalos (location piccola ma molto suggestiva) e l'Arena delle Grazie, dove nei due giorni si sono alternate artisti e band come Adriano Viterbini, Boxerine Club, Ninos Du Brasil, Jennifer Gentle, Tiger!Shit! Tiger! Tiger! e Joycut (oltre ai dj set a Vasto Marina).
Anche il tempo è stato clemente con questa prima edizione, a guardare il bicchiere mezzo pieno. Se nei giorni precedenti, infatti, il meteo dava pioggia durante quasi tutto il festival, questa si è vista solo nel pomeriggio del sabato, lasciando il pubblico godersi il sole il venerdì e spaventandoli solo il sabato sera, quando due schizzi sono caduti durante il live esplosivo dei Fuck Buttons, che hanno tenuto incollati al Cortile tutti fino alla fine, facendo perdere solo l'inizio del concerto dei Mogwai. Un concerto preceduto dal live di Alexis Taylor e soprattutto da quello di John Grant, che dopo i primi pezzi di un live che dava l'impressione di una location troppo poco intima per lui, è riuscito a tenere alla grande la situazione, anche grazie alla parte più elettronica della propria discografia. Ottimo live, tra le cose viste, quello di Tycho, il musicista californiano che ha aperto proprio i Fuck Buttons, ma è stato il post rock dei Mogwai l'epilogo perfetto della terza giornata. La band di Glasgow, infatti, ha suonato un'ora e mezza, alternando ai pezzi del loro ultimo "Rave Tapes" ("Remurdered", "Deesh", "Master Class", brani storici come "Rano Pano" e "How To Be a Werewolf", fino ai due bis "Haunted By A Freak" e "Fear Satan").
A parte qualche cosa da mettere a sistema (come ad esempio l'afflusso durante gli spostamenti da un palco all'altro), il Vasto potrebbe veramente rivelarsi una delle sorprese dei prossimi anni. Tutto starà nel dare continuità al progetto, riuscire a contenere pubblici maggiori, soprattutto nelle location più piccole, come il Cortile, e capire quanto la città di Vasto abbia accolto positivamente un evento come questo.
La fotogallery di Alessandro Caiazzo
Ecco alcune foto di Alessandro Caiazzo, blogger di Fanpage