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Tormento torna con “Per quel che ne so”: “Mi davano per disperso, non mi sono mai fermato”

Tormento sta tornando. Il rapper, ex Sottotono, nome storico del genere, ha pubblicato il video del nuovo singolo “Per quel che ne so”, in coppia con Federico Zampaglione e i suoi Tiromancino. In un periodo in cui il rap è tornato prepotentemente di moda, tra giovanissimi e fratelli maggiori, la voce di Tormento si staglia come una novità rispetto al panorama.
A cura di Francesco Raiola
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Tormento sta tornando. Il rapper, ex Sottotono, nome storico del genere, ha pubblicato il video del nuovo singolo "Per quel che ne so", in coppia con Federico Zampaglione e i suoi Tiromancino. In un periodo in cui il rap è tornato prepotentemente di moda, tra giovanissimi e fratelli maggiori, la voce di Tormento si staglia come una novità rispetto al panorama. Senza cedere alle mode del momento, infatti, il cantante tiene duro e continua con le sue ispirazioni più black, soul, accompagnato da un'altra voce che ha caratterizzato la musica italiana di questi anni. Il brano, scritto insieme a Federico Zampaglione, Raige, Dutch Nazari e Matteo Di Nunzio, con la produzione degli SDJM anticipa l'album che uscirà nel 2020: "Mi spiace che dopo tanti anni, il rap in Italia sia ancora visto come un genere per adolescenti di cui spesso si ha più timore che riconoscenza".

Il videoclip di “Per quel che ne so”, girato da Mauro Russo (soggetto di Federico Zampaglione e Giacomo Gensini), vede la partecipazione di Aurora Moroni e Mauro Veltri: "Negli ultimi anni sono alla ricerca di una leggerezza che con il tempo sentivo di aver perso. Profondità e semplicità sono le mie parole d’ordine" dice parlando dell'album che sarà

Pian piano stai tornando con una serie di singoli, dopo un periodo di silenzio. Che riscontro stai avendo?

Stupendo! Un sacco di persone mi davano per disperso e stanno scoprendo solo adesso che in questi anni non mi sono mai fermato. I commenti che leggo sono molto belli e la gioia più grande arriva da un pubblico di bimbi che ha molto apprezzato i miei primi due singoli, sempre attenti alle novità e oggi molto più informati dei genitori sulle canzoni.

Hai fatto la storia del rap, ma i tempi sono cambiati tantissimo: che effetto hanno avuto su di te?

Beh quando rivedo qualche live dei Sottotono mi accorgo che eravamo proprio dei selvaggi! Tanto istinto, sicuramente tanta genuinità, ma eravamo giovani e scalmanati. Sono molto contento della maturità vocale che ho raggiunto con il tempo. Poter giocare con il timbro passando da canzoni più leggere come "2 Gocce di vodka" a brani più intimi come il nuovo singolo come i Tiromancino è un bel traguardo per me. Mi spiace che dopo tanti anni il rap in Italia sia ancora visto come un genere per adolescenti di cui spesso si ha più timore che riconoscenza. È una fortuna che i giovani si raccontino attraverso la musica, dovremmo sfruttarla di più come mezzo per comprenderli.

Raccontaci questa prima volta con Federico che, ho letto, apprezzi da un bel po’…

Sì, sono pochi gli artisti che in Italia sanno portare il pop in nuovi territori senza suonare sperimentali a tutti i costi. Quest’estate ci siamo rivisti dopo molti anni a Battiti e abbiamo passato la serata a parlare di musica e vita in generale. La mattina dopo mentre andavamo in aeroporto gli ho fatto sentire il demo di “Per quel che ne so”, a cui mancava un bel ritornello. Federico se n’è innamorato al primo ascolto. Giusto il tempo di rientrare a Roma e la sera mi manda un video mentre canta il ritornello appena scritto, accompagnandosi al pianoforte. Stavo quasi per svenire!

"Per quel che ne so" è scritta da un po’ di autori. Ci racconti come nasce? Come si sono unite le varie anime che hanno scritto questo pezzo?

Sto lavorando da due anni con Raige, non avevo mai lavorato con un autore. Ma con Raige è diverso, lo conosco dal suo primo demo con i OneMic e ho sempre trovato molte similitudini con il mio stile, nel suo approccio alla musica. Lui ha un sacco di idee buttate giù con tanti artisti italiani e quando ho sentito Dutch Nazzari in un demo accennare il testo di “Per quel che ne so” sapevo che poteva essere perfetta per la mia voce.

Hai scelto una direzione diversa dalla moda del momento, più affine, ovviamente, alla tua natura più soul. Immagino sia un po’ più complesso farsi ascoltare, ma forse oggi la diversità è proprio l’unico modo per non finire nel calderone… Qual è, secondo te, un percorso possibile oggi per cercare di dare una strada diversa?

Sono contento che tu abbia notato questa scelta artistica. Per me oggi è molto importante che la mia musica non sia frutto di una moda del momento. Mi piace molto la trap e il rap di oggi ma mi dispiace che in pochi anni un genere inizi ad essere sempre più simile a se stesso. La trap è nata come genere rivoluzionario e oggi ha quasi delle regole non scritte da cui non puoi uscire. Il rap ha invece dimostrato di essere un genere che cambia forma ma non passa mai di moda. Continua a ritornare sempre rinnovandosi. Questa è un’idea di musica che mi piace di più. La cosa più importante, lo studio che pratico sulla mi voce, è una forza espressiva che scateni emozioni fin dal primo ascolto. Anche se l’ascoltatore non dovesse fare troppo caso al testo, spero venga rapito dal suono della voce che, secondo me deve trasmettere su altri livelli. Se poi il testo unisce immagini poetiche molto evocative il gioco è fatto, chi ascolta non può che essere trasportato in una nuova dimensione.

Una certa scena americana si fonde molto col jazz, che praticamente sta vivendo una nuova vita. Che rapporto hai con l’anima nera del genere? In che modo la lavori nella tua arte?

Fin da piccolo, grazie a mio padre, sono cresciuto con il Jazz di Clifford Brown, Chet Baker, Miles Davis, Max Roach, Art Blakey, Dizz & Bird. Poi più avanti ho seguito l’evoluzione che hanno portato al Soul Erykah Badu, D’Angelo, Lauryn Hill, Roy Hargrove. Oggi vedere Robert Glasper o Thundercat collaborare con Kendrick Lamar è la naturale evoluzione della musica Black. L’unica cosa che mi dispiace è avere sempre delle conferme che in Italia quasi nessuno conosce questi nomi. Tanti amici jazzisti sono dovuti scappare per avere riconoscimenti, chi a Londra, chi a Parigi. Grandi musicisti italiani hanno trovato fortuna all’estero e questo non accade solo nel campo della musica, ma in tutti i lavori. Il paese invecchia e la cultura viene dimenticata in cambio di una globalizzazione Fast food. Spero solo ci sia un’inversione di tendenza in questo senso. Soprattuto per un paese che ha radici profonde come il nostro.

Che album sarà il tuo?

Sto lavorando a questo album da due anni con gli Sdjm e una grande squadra di autori. Ogni brano lo stiamo affrontando come se fosse un singolo. Abbiamo un sacco di canzoni che non vedo l’ora di condividere. La ricerca che abbiamo fatto ha portato a canzoni che hanno un sapore che oggi il rap ha un po’ perso. Testi con immagini profonde e sonorità all’avanguardia. Negli ultimi anni sono alla ricerca di una leggerezza che con il tempo sentivo di aver perso. Profondità e semplicità sono le mie parole d’ordine. Mi piace scandagliare l’animo umano e, come ti dicevo, studiare i testi e i suoni perché chi ascolta venga trasportato in un mondo alchemico. Brani che tocchino le nostre corde più profonde. Sentimenti che, in un mondo che viaggia in superficie come quello moderno, spesso nascondiamo anche a noi stessi. I singoli che sono usciti mi hanno già confermato la riuscita di questa impresa. “Acqua su Marte” ha riportato tutti agli anni ‘90, li racconta alla perfezione senza suonare retrò.

Ascolti la nuova scena? Cosa ti piace?

Mi piace un sacco la nuova scena trap, sia a livello mondiale che nazionale. Trovo geniali artisti come Travis Scott, Post Malone, Drake. Interpretano musicalmente questi tempi alla perfezione. Gli italiani anche se giovanissimi dimostrano una sensibilità non comune. Le linee melodiche di Plaza e Sfera. La tecnica impressionante di IZI o Lazza. La novità folle che rappresenta tha Supreme. Ma anche chi è più adulto ha portato il rap italiano su un altro livello: Salmo, Marracash, Fabri Fibra, Guè sono devastanti!

In tempi di reunion, tu e Fish avete mai pensato a un modo per far conoscere anche ai giovanissimi i Sottotono?

Non ti nascondo che l’idea ci stuzzica davvero molto. Vista l’importanza dei nostri progetti passati, che hanno segnato un’epoca, è difficile riproporli senza snaturarli. Per fortuna siamo entrambi immersi nell’evoluzione della musica e in questi anni siamo sempre stati “sul pezzo”. Grazie all’ultimo Sanremo che ci ha visto di nuovo insieme sul palco c’è stato un bel riavvicinamento. Siamo così immersi nei nostri progetti che negli ultimi anni ci siamo un po’ persi di vista. In questo periodo invece ci sentiamo quasi ogni giorno e sono sicuro che questo rapporto ritrovato darà al più presto i primi frutti

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