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Tony Maiello torna con “Spettacolo”: “Mi sento libero, oggi non devo dimostrare niente a nessuno”

Da anni scrive successi per artisti del calibro di Laura Pausini, Francesco Renga, Giorgia e Marco Mengoni, ma poche settimane fa Tony Maiello è riuscito a chiudere e pubblicare il suo nuovo album, “Spettacolo”, lavoro per cui ha impiegato anni e in cui ha riversato tutto quello che è privatamente e artisticamente.
A cura di Francesco Raiola
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Qualche mese fa, ai microfoni di Fanpage.it Tony Maiello anticipò il nome del suo album, "Spettacolo", che è uscito lo scorso 13 aprile. Dopo aver partecipato, nel 2008 a X Factor, Maiello ha attraversato un periodo altalenante, con una vittoria al Festival di Sanremo Giovani che, però, invece di aprirgli le porte al grande pubblico gliele chiuse, praticamente. Dopo aver abbandonato per un attimo i palcoscenici più importanti, essersi allontanato un attimo dallo showbiz, aver attraversato un periodo complesso, Maiello decise di tentare il tutto per tutto bussando alle porte di tutte le major e riuscendo, alla fine, a dare uno dei suoi pezzi a Laura Pausini che, nel tempo, avrebbe continuato a cantare i suoi pezzi.

Nel mondo della discografia che conta, insomma, Maiello è ritornato dalla finestra della scrittura e nel tempo ha donato alcune delle sue canzoni ad artisti come Marco Mengoni, Francesco Renga e Giorgia, riuscendo a piazzarli sempre come singoli: da "Guardami amore" per Renga a "Credo" di Giorgia e "Come neve" della cantante con Mengoni, passando per "“Il coraggio di andare" sempre per la Pausini. Ma c'erano canzoni che chiamavano a gran voce il bisogno di averlo come interprete e per questo motivo è nato questo "Spettacolo", album che affonda le radici in un pop contemporaneo che alterna pezzi uptempo a ballads e non ha paura di affrontare anche alcuni demoni che il cantante ha dovuto affrontare in questi anni, come si ascolta bene in "Terremoto".

Ciao Tony,  parliamo un po' di "Spettacolo" e di come nasce.

Dopo aver fatto un bel po' di cose come autore, ho avuto anche il cuore un po' più libero per dedicarmi ad altro non con la pesantezza con cui l'affrontavo prima, quindi dover fare un disco per forza perché dovevi cavalcare l'onda di qualcosa che era successo, tipo Sanremo, invece questo è un disco che nasce dall'esigenza di esprimermi e di dire qualcosa, ma più un bisogno personale che per dimostrare qualcosa a qualcuno. Poi c'è l'esperienza live, ovvero poter portare qualcosa in giro e non solo le canzoni che ho scritto anni e anni fa, quando avevo 21 anni.

Quanto ci hai messo a lavorare a queste canzoni?

Alcune sono nate anche diversi anni fa, è un disco costruito in otto anni, mentre l'ultima che ha chiuso il disco è stata "Spettacolo", che non ho fatto ascoltare a nessuno proprio perché era il brano che doveva chiudere quest'album, dando un senso a tutte le storie. La più vecchia,s e ricordo bene, è "In alto", anche se è stato il primo singolo.

La libertà di cui parlavi prima l'ho notata anche nel suono, ha vari colori, come il passaggio tra "Possibile" e "Il mio funky" dava lo spettro di quello che era…

Io sono molto fan di Jovanotti, quindi ascolto molti dei suoi album e anche lui fa queste cose anche perché credo che ogni canzone sia uno stato d'animo: quando stai più introspettivo vai sugli accordi minori, quando sei più felice tendi a fare cose più allegre. Io non vedo la musica come qualcosa di confezionato, cioè, devi avere uno stile, ovviamente, il mio è quello che spazia dall'elettronica all'acustico, ma mi piace sperimentare ed ecco perché c'è "Il mio funky" ma anche il duetto con Raige. Mi sono preso una libertà totale.

Senti, cosa vuol dire tornare a bomba in un mercato che ti ha preso, ti ha macinato, ti ha gettato e ti ha riaccolto?

Fino a poco tempo fa avevo paura, poi m'è passato tutto il 13 quando è uscito l'album. S'è chiuso un cerchio, io avevo questa cosa in sospeso da anni e non succedeva nulla: è una mia piccola rivincita personale, la vedevo lontanissima questa cosa, ma a passi piccoli e con la giusta pazienza ci sono riuscito e adesso non vedo l'ora di farlo ascoltare in giro. Ho notato che la voglia di cantare non si è mai spenta, nonostante l'esperienza di autore.

Ecco, tu vieni da una carriera autorale in questi ultimi anni e volevo capire come ti muovi per la scelta delle canzoni da dare e quelle da tenere per te.

Guarda, è molto a sensazione, io sono dell'idea che non esistano cose di serie A e di serie B anche perché tutte le cose che ho dato sono state quasi tutti singoli, da Marco (Mengoni) a Laura (Pausini), Giorgia e Renga, quindi questo significa che non ho mai dato riempidischi. Io sono proprio contro l'idea della catena di montaggio, non ho mai fatto un brano per l'artista, anzi, nascono sempre per me e poi, prima di entrare in questo mondo, mi sono detto: "Vediamo di mandarli in giro" e gli artisti li hanno resi propri. Quello che ho tenuto per me è sempre stata per una scelta a pelle, storie che mi prendono molto più da vicino. Ci sono cose che non faccio proprio ascoltare per evitare casini, perché poi come dici di no?

"Ricordo di essermi perso, forse in un giorno di marzo" canti in Terremoto che, immagino, sia una di quelle che ti sei tenuto per te.

Una delle poche persone che ha ascoltato "Terremoto" è stato Michele Bravi, che la voleva per sé, ma gli ho detto che non potevo, è la canzone dell'album che più mi porto dentro e parla di un periodo non molto felice, di terremoti che abbiamo nell'anima, queste ferite che ci portiamo dentro e riempiamo con presenze, con persone che ci vogliono bene e cominciamo a ricostruire di nuovo sogni sulle macerie. Tutto partì da un giorno di marzo del 2012.

Il lungo periodo post Sanremo, giusto?

Sì, un paio d'anni dopo, in realtà, durante una crisi esistenziale: che faccio? Dove vado? Chi sono? Ti guardi allo specchio e non ti riconosci…

Adesso, però, immagino che la situazione sia migliorata un po', no?

Sì, è migliorata molto, ho fatto pace con un po' di mostri, alcuni dei quali però, me li porto ancora appresso, ma gli ho abbassato il volume. Impari a dare un nome a tutte le paure, non sarà mai un addio ma un arrivederci, ma sono quelli che ti fanno raccontare qualcosa, che ti tirano fuori il peggio, ma in parte anche il meglio.

Senti, com'è affrontare questo mondo completamente diverso rispetto a quello che affrontasti anni fa? Immagino non sia lo stesso di quello che hai affrontato da autore.

È cambiato tutto, io ricordo che quando feci Sanremo praticamente non lo vissi, mi lasciai trascinare dagli eventi e mi persi momenti importanti. Mi trovai in un vortice, ma oggi è cambiato tutto, anche solo per mettere una band, oltre a essere cambiata la scena musicale e uno come me, che fa pop melodico, si ritrova a doversi confrontare con un mondo che va verso il rap, la trap… A volte mi chiedo a chi vado a parlare poi ti accorgi che ci sono persone che ascoltano quello che fai, e ne sono contento, anche perché nonostante tutto c'è ancora una fanbase attiva.

Senti, qualche tempo fa mi hai detto che c'è stata una persona in particolare che ti è stata molto vicina in questi anni. A chi hai fatto ascoltare per primo questo disco, collaboratori stretti a parte?

Il metro di giudizio di quest'album è stata la mia ragazza, di cui non ho mai parlato in pubblico, nessuno sa che faccia abbia e spero rimarrà così. Il metro di giudizio, però, è lei, che sta con me da dieci anni, ed è una persona molto sensibile come me, quindi la prima ad aver ascoltato tutti i brani è stata lei.

Ed è stata critica?

Molto critica, soprattutto quando vedeva storie in cui non si rivedeva (ride, ndr). Ovviamente ci sono storie che ascolto, esterne alla mia vita che faccio mie, anche perché un cantautore non è uno che scrive per forza di sé. Io, ad esempio, sono una spugna, se tu mi racconti qualcosa, domani potresti anche ritrovarla in una canzone…

Mi stai dicendo di fare attenzione?

Molta attenzione.

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