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Tony Maiello, “In Alto” dopo X Factor e Sanremo: “Temevo questo ritorno, ma me lo dovevo”

Tony Maiello è tornato con “In alto”, il nuovo singolo che anticipa l’uscita del suo nuovo album: un ritorno in prima persona dopo l’esperienza di X Factor, la vittoria a Sanremo, le difficoltà e la csarriera da autore per nomi importanti del panorama italiano.
A cura di Francesco Raiola
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Ha partecipato a X Factor prima e al Festival di Sanremo, poi, ha avuto non poche difficoltà a restare nel mondo della musica, ma a lungo il lavoro e la passione hanno pagato. Tony Maiello, infatti, arrivò quarto alla prima edizione del talent ex Rai, capitanato da Mara Maionchi, e vincendo, nel 2010, il Festival di Sanremo nella “Nuova Generazione” con la canzone "Il linguaggio della resa", dopo, poi, qualche anno non semplice in cui, però, il ragazzo di Castellammare di Stabia non si è mai fermato, anzi. Maiello, infatti, si è costruito una carriera da autore, finendo di scrivere per artisti come Laura Pausini, Marco Mengoni, Francesco Renga e Giorgia, tra gli altri: "Credo che ad oggi la canzone che mi ha dato più soddisfazioni sia ‘200 Note' cantata da Laura Pausini" racconta a Fanpage.it, dopo aver presentato il nuovo singolo "In alto" – che anticipa l'uscita dell'album il prossimo autunno -, una preghiera moderna in cui sottolinea che "Siamo quello che pensiamo di ‘essere', per questo possiamo ‘diventare'".

Bentornato Tony, anche se, in realtà, non eri mai andato via: "In alto", però, segna il tuo ritorno mettendoci la faccia, che effetto ti fa?

A distanza di un po' di anni devo dire che è sempre un'emozione potersi esprimere con nuove canzoni. C'è la curiosità di sapere cosa pensa chi ti ascolta, leggere i commenti di chi acquista il brano. Non mi confrontavo con il pubblico da tanto tempo e un po' temevo questo "ritorno", ma credo che lo dovevo a me stesso… è un qualcosa di cui non posso fare a meno, è come respirare.

L'hai descritta come una preghiera moderna, ci leggo molta speranza e il bisogno di affrontare la vita senza paura: ci racconti come nasce? C'è stato un accadimento particolare da cui è scaturita?

"In Alto" nasce da un bisogno di leggerezza interiore. Troppe volte ci lasciamo trascinare dagli eventi, altre ci facciamo schiacciare sotto il peso dei nostri stessi pensieri. Non voglio fare la morale a nessuno, l'ho scritta perché avevo davvero bisogno di distaccarmi da tutto quello che mi circondava e guardare la vita da un'altra prospettiva. Credo davvero che – come ha scritto qualcuno – "il pensiero crea". Siamo quello che pensiamo di "essere", per questo possiamo "diventare".

Tra l'altro ci sono non pochi riferimenti alla religione, soprattutto nelle prime strofe…

Credo in Dio, senza alcun dubbio. Un Dio presente e che mi ha salvato un po' di volte in questo passaggio di vita. Sorrido davanti agli illusi che, molte volte per moda o per sentirsi fighi, credono di far parte di chissà quale organizzazione superiore tatuandosi triangoli ed occhi sulla pelle. Ci sono molti fanatici nel mondo musicale e mi fanno davvero tenerezza. Se sapessero davvero cosa comporta vendere l'anima ci penserebbero dieci volte, se provassero soltanto un istante cosa vuol dire sentirsi vuoti dentro rinuncerebbero a tutta la loro fortuna, ma non bastano tutti i soldi del mondo per essere liberi.

In questi ultimi anni hai scritto canzoni che sono state sulla bocca di tutti. Che effetto fa questo stare dietro le quinte per chi, comunque, ha nelle proprie corde anche il palco?

È quasi lo stesso, certo il palco è sempre il palco… lì sopra succede qualcosa di raro, inspiegabile. Sentire però le tue parole cantate da un'altra voce è emozionante, è come se in qualche modo tutto l'amore che hai messo in quel testo si trasferisse in un altro cuore, è magico.

"In alto" è l'inizio di un percorso che ti porterà al tuo nuovo album, che uscirà il prossimo autunno. Che Tony ci troveremo dentro?

Ci troverete un ragazzo che racconta la vita dalla prospettiva dei suoi 28 anni, un ragazzo che dopo le esperienze di X Factor e Sanremo si è ritrovato ad infornare muffin e a lavorare come broker, ma nonostante tutto ha continuato a scrivere e a credere in questa musica, l'unico gancio che l'ha tenuto aggrappato a questa vita.

Infornare muffin e lavorare come broker? 

Dopo l'esperienza sanremese mi ritrovai senza contratto alla fine di quello stesso anno, perché l'etichetta mi disse che non aveva più risorse economiche e umane per andare avanti. Loro provarono a mandare al Festival un altro brano, "200 note – che poi andò alla Pausini – ma non avemmo mai avuto risposta. Il 2011 passò in maniera abbastanza tranquilla, poi sai, non sei esposto, non escono brani nuovi, non fai nuovi progetti e mi ritrovai a fare i conti con l'affitto della mia casa a Milano e con le spese che ci sono e ci saranno sempre. Fu un periodo difficile per motivi personali – soffrivo di ansia dovuta alle aspettative che uno si pone, senza contare che all'epoca avevo 21 anni – ed ero provato da tutto questo peso e dovetti inventarmi qualcosa per restare a Milano, per i contatti: in un primo momento mi sono messo a fare i muffin e rivenderli ai bar della zona (ci mandavo mio fratello, però, così da non espormi troppo), poi tramite un'amicizia di mio padre andai a lavorare come broker assicurativo, ramo medicina, avvocati: stavo nel backoffice, preparavo le polizze etc. Lì avevo un contratto a tempo indeterminato, però quelle quattro mura mi fecero tornare il panico. Nel frattempo, però, scrivevo, anche perché durante le notti facevo anche le grafiche per alcuni siti e continuavo a scrivere e produrre le mie cose con alcuni amici che mi aiutavano a completarle. A un certo punto decisi di licenziarmi. Quando tornai a casa stilai una lista di persone da avvicinare, 10 nomi da contattare e se non fossi riuscito a far nulla me ne sarei tornato a Napoli e basta. Cominciai a mandare mail e contattare queste persone via Facebook, ma nessuno mi rispondeva o aggiungeva, arrivai anche a scavalcare il cancello di una multinazionale, da cui, però, mi cacciarono di peso, ma lo rifarei altre 1000 volte. Poi una persona mi ascoltò, anche scocciato dal mio pressing, mi diede un appuntamento e da lì capii che di presentarmi da cantante non era il momento e che dovevo cercare un'altra strada, quindi chiesi di fare ascoltare i miei brani a qualcuno e dissi che avevo un brano che volevo mandare a Laura Pausini. Lui mi guardò e mi disse ‘Tu sei scemo. Ma proprio per questo ti do il contatto della manager': le mandai il brano e da lì partì tutto.

Qual è stata la canzone che ti ha dato più soddisfazioni?

Credo che ad oggi sia stata proprio "200 Note" cantata da Laura (Pausini, ndr), la prima che le mandai. Sono particolarmente affezionato a quel brano, è nato un bel po' di anni fa, in un periodo particolare della mia vita. Il mio percorso da autore è partito con questo brano che, appunto, avevo proposto per il Sanremo 2011, senza ricevere mai risposta. Questo è il bello della musica, che è sempre soggettiva… per fortuna.

"Sono un lettore attento" scrivi nella presentazione del singolo: c'è qualcuno in particolare che studi?

Io sono un tipo che va a scovare brani anche dalle classifiche cinesi fino ad arrivare alla Billboard… non ho un riferimento preciso. Ho i miei cantanti preferiti, ma ci sono così tanti brani da ascoltare che sarebbe davvero un peccato lasciarli nei meandri di Spotify.

Tu fai parte di una generazione di giovani autori (penso a te, Meta, Abbate, Faini etc) che in questi ultimi anni si sta levando non poche soddisfazioni: cosa è cambiato, secondo te?

Cambiato forse nulla, si sta semplicemente ritornando ad ascoltare la "verità" come un tempo. Per assurdo stiamo tornando indietro, ma ben venga. Prima i cantautori scrivevano e cantavano quello che provavano e pensavano. Anche il lavoro sugli interpreti era diverso, c'era molta più verità. Oggi la maggior parte delle cose che ascolti in radio non sono altro che tentativi di riprodurre sonorità d'oltreoceano, che non fanno sicuramente parte della nostra cultura… è musica usa e getta e che non lascia segni nel tempo. Molte volte è meglio fermarsi e fare un passo indietro invece di continuare a camminare come pecore. Ma sì, qualcosa sta cambiando.

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