The Next Day è oggi, David Bowie pubblica il nuovo album (RECENSIONE)
E' finalmente uscito The Next Day, il nuovo album di David Bowie dopo dieci anni di distanza dall'ultimo inedito, Reality. Dell'album si è ormai detto praticamente già tutto, avendo goduto di una promozione praticamente autopoietica . Ascoltato in anteprima streaming su iTunes, in contemporanea con l'arrivo dei promo sulle scrivanie delle redazioni specializzate e non, The Next Day è un album che potrebbe trarre in inganno sia per la presenza di una ballata come Where are we now?, sia per quella cover così simile a quella di Heroes. Non è un ritorno al periodo berlinese, per quanto la città che di fatto gli ha permesso di allungarsi la vita sia fortemente presente. E' un album che gli da lo spazio per un ulteriore trasformazione, l'ennesima, così Where are we now?, uscito in occasione del suo 60esimo compleanno lo scorso 8 gennaio, suggeriva una presa di coscienza da parte de Duca Bianco della fine di tutto, la fine di un ciclo vitale, inevitabile. Sbagliato. Bowie spiazza e traccia nuove strade, pur citando se stesso.
The Next Day, title track che apre il disco, ci comunica già tutto l'humus di Bowie, quel rock ritmico dei fine Settanta. Berlino si risente in Dirty Boys, poi spazio al secondo singolo The Stars (are out tonight), dove lì Bowie spiazza ancora una volta. Frenetico nel ritmo, quasi "lynchiano" nel video realizzato, nemmeno a dirlo, dalla pescarese Floria Sigismondi, una delle sue preferite. Valentine's Day è la dimostrazione pratica che quando David Bowie fa pop, sforna capolavori ad occhi chiusi. E' un album meraviglioso nel suo complesso, che si lascia ascoltare in continuazione, anche nei suoi continui cambi di frequenza (da If you can see me a (You will) Set the world on fire). In I'd rather be high è negli anni Sessanta della psichedelia, somiglia ad una See Emily Play dei Pink Floyd decelerata. E, a proposito dei Sessanta c'é You Feel So Lonely You Could Day, ricco di citazioni soprattutto a se stesso (la batteria finale suona come Five Years, fateci caso). Dancing Out in Space, il titolo non tragga in inganno, non c'è la memoria storica di Ziggy Stardurt, quanto il pop degli anni Ottanta. In How Does the Grass Grow? insegna ai "Paul Weller" come si fanno le operazioni nostalgia. Bowie camaleonte che se vuole si fa punk, poi elettronico, poi suona pop, poi rock. Fa quello che gli pare, lo sa e può fare. E' Bowie. Da avere assolutamente.