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Sting ai figli: “Niente eredità, devono lavorare”

In un’intervista al Mail On Sunday, Sting spiega perché vuole che i figli non facciano affidamento sui suoi soldi e parla del suo rapporto coi genitori, del suo ultimo musical, di successo e di liberalizzazione delle droghe leggere: “Quando mi blocco un po’ d’erba aiuta”.
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I figli di Sting dovranno sudarsi i propri soldi, senza fare troppo conto sulla ricchezza che in questi anni, l'ex cantante dei Police, ha guadagnato grazie alla sua attività di musicista. In una lunga e interessante intervista al Mail On Sunday, infatti, è lo stesso cantante a mettere in chiaro le cose; lui, che si è guadagnato ogni centesimo di quello che ha, provenendo da una famiglia non ricca, con un padre per nulla d'accordo con quelle che erano le sue ambizioni ("Non aveva tutti i torti. Volevo essere un musicista di successo e le possibilità che succedesse erano una su milioni. Pensava fosse ridicolo: "Trovati un lavoro vero!'"). E così nell'intervista spiega che "non rimarranno molti soldi, perché li stiamo spendendo. Abbiamo un sacco di impegni, ciò che arriva viene speso e non rimarrà molto" continua il cantante che  tra staff, musicisti, crew, le persone ha a busta paga sono più di 100 persone: "Devono lavorare. Tutti i miei ragazzi (sono sei, tre uomini e tre donne, ndr) e raramente mi chiedono qualcosa, e questo lo apprezzo e lo rispetto. Ovviamente se si trovassero nei guai li aiuterei, ma per ora non ho ancora dovuto farlo". Si stima che il cantante abbia guadagnato più di 200 milioni di euro nel corso della sua carriera.

Ma l'intervista, lunga e corposa, è basata molto sul suo rapporto coi genitori e il suo bisogno di emanciparsi dal suo paese natale e un padre che non credeva molto in lui. Una storia che il cantante racconta in quello che sarà il suo prossimo musical "Last Ship", che nasce dopo un periodo in cui era stato colpito dal blocco dello scrittore. Al Mail On Sunday Sting racconta che avrebbe capito che il suo futuro non era quello che voleva suo padre quando da piccolo vide la Regina passare in una Rolls Royce e decise che un giorno sarebbe stato ricco, famoso e avrebbe guidato la stessa macchina. Così, mentre di giorno insegnava (riuscendo a venir meno a quelli che erano i progetti più manuali che il padre aveva in serbo per lui che, però, voleva "studiare i classici e imparare il francese e il latino"), la sera andava con la sua band, i The Police, a suonare in piccoli pub, anche davanti a pochissime persone, finché un giorno "Roxanne" fece il botto e la storia ci racconta quello che Sting – con e senza Police – è, poi, diventato, vincendo 16 Grammy, raggiungendo più volte la prima posizione nelle classifiche e recitando anche in svariati film.

E ora che sta invecchiando? "Non ho mai nascosto la mia età. Sono un padre e un nonno e sono orgoglioso di questo. Ho ancora una storia da raccontare e parte di questa è che mi sto confrontando con la parte finale della mia vita. Ho vissuto più di quanto mi resti da vivere: è un ottima posizione per un artista, molto più interessante che scrivere della tua prima ragazza" e spiega che, ovviamente non è ancora pronto per la morte: "Ho paura? Certo, mi spaventa la morte improvvisa. Voglio morire consapevolmente. Voglio vederne il processo, credo che lo stia già facendo".

Intanto spiega anche il perché della sua battaglia per la liberalizzazione delle droghe, lui che non nasconde di farne uso e di fumare erba: "Quando mi blocco su un testo o un'idea non funziona, un po' di erba ti libera", ma specifica "raramente fumo con gli altri. È uno strumento, come una penna, ma non sono l'unico: molti artisti hanno usato droga per fare grande arte. Certo non dico che devi prendere droghe per fare arte, ma non si può vanificare il lavoro dei Beatles. Loro prendevano LSD e facevano grandissimi album. Comunque non sono qua per dare delle regole, o sindacare che dovrebbero esserci delle regole. Le droghe sono pericolose, senza dubbio. Allo stesso tempo possono essere uno strumento valido, ma devono essere pensate come uno strumento, nient'altro".

Sting parla anche del suo successo e di come non sarebbe riuscito a gestirne uno avvenuto come può succedere oggi in cui "puoi diventare una superstar internazionale improvvisamente a 18 o 19 anni con un solo video". Nessuna invidia, anzi: "Non capisco come puoi fare i conti con questa cosa senza un'altra vita a cui confrontarla. Ho un lavoro, un'ipoteca, dei figli, pago le tasse. Non parlo di fama, parlo di felicità.

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