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Steeplejack: pittori di suoni

Dopo un‘attesa che sembrava essere destinata a non finire mai, è finalmente disponibile il nuovo album di un gruppo-cardine del rock psichedelico italiano. L‘odore del passato è forte, ma che nessuno nomini la retromania.
A cura di Federico Guglielmi
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Per la serie “vecchie storie che ritornano di attualità”, gli Steeplejack hanno pubblicato il secondo album addirittura ventisei anni dopo il primo. Il predecessore, “Pow Wow”, era uscito soltanto in vinile e con il marchio della Electric Eye quando l'interesse attorno alla scena neo-Sixties italiana (e internazionale) aveva già cominciato a spegnersi, sia perché così era normale che fosse, sia per la prepotente ascesa di una nuova tendenza denominata grunge. Di quel coloratissimo panorama fra garage, beat e psichedelia fiorito tre decenni fa, il gruppo toscano è stato senza dubbio protagonista, non tanto a livello di riscontri – anzi, il suo nome è rimasto di culto in un ambito già di per sé underground – quanto per spessore artistico; il summenzionato “Pow Wow” e il mini-LP “Serena Maboose” dell'anno prima, i cui brani sono contenuti assieme a parecchi altri dello stesso periodo fino ad allora inediti nel doppio CD “No One's Land” (2011), vantano infatti doti rare, sorretti come sono da un'ispirazione eclettica e dalla straordinaria brillantezza nello svilupparla muovendosi fra rock'n'roll primitivo, acid-folk, echi blues e deviazioni esoticheggianti in un appassionato ed evocativo intreccio di abrasività e melodia.

Da quell'ormai preistorico 1988, gli Steeplejack non erano in realtà scomparsi. Per alcuni anni, nei '90, avevano optato per una sorta di animazione sospesa, ma poi si sono rifatti vivi e nel 2006 hanno anche dato alle stampe il mini-CD di cover “Six Fishes From Unknown Seas”; Maurizio Curadi, il chitarrista/cantante che da sempre gestisce il progetto, è del resto talmente innamorato della musica che mai e poi mai potrebbe rinunciarvi. Lo prova il nuovo lavoro, annunciato da un paio d‘anni e rimasto nel cassetto perché la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, ora alla fine immesso sul mercato in una preziosa stampa “doppio 33 giri più CD” grazie all'impegno congiunto di due etichette (Area Pirata e Psych-Out) e del negozio di dischi fiorentino Rock Bottom. Come lo stesso formato fa intuire, non è un prodotto da dare in pasto al pubblico generico bensì una gemma da intenditori con gusti un po' particolari: gente, insomma, che venera i 13th Floor Elevators, il blues delle origini, John Fahey, Bo Diddley e/o grandi eccentrici quali Captain Beefheart (in scaletta, pure una rilettura della sua “Kandy Korn”) e Syd Barrett, cui Curadi ha reso omaggio adattandone in italiano vari episodi (“Octopus”, divenuto “Piovra”, è stato incluso nella raccolta di artisti pisani “Granducato Metarock”, in circolazione dallo scorso febbraio).

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Intitolato “Dream Market Radio”, il sospirato sequel degli Steeplejack – accanto al frontman ci sono, com‘è da un bel pezzo, il bassista Alessandro Tellini e il batterista Elio Gavarini – propone quasi ottanta minuti di sonorità creative e tendenzialmente “free form” spalmate in quindici fantasie rock che vanno dal minuto e venti della title track ai dieci abbondanti di “(The Horse Of The) Knight Errant”. Canzoni (in inglese) ora estatiche e ora convulse che profumano di terra, aria, acqua e fuoco, e che diffondono a mo' di aspersorio intriganti fragranze lisergiche. Alcune conquistano al primo ascolto e altre necessitano di qualche frequentazione in più, ma tutte posseggono il fascino del miglior artigianato e, in sequenza, lasciano segni più profondi di quanto non facciano singolarmente. Parlando dei suoi eroi Barrett e Beefheart, ambedue pittori oltre che musicisti, Curadi ha dichiarato che fra i suoi sogni c'era quello di “dipingere suoni”. Qualcuno lo convinca che, contando le esperienze precedenti con gli Useless Boys e i Birdmen Of Alkatraz, lo sta facendo da tre decenni, e che l'espressività dei suoi affreschi – oggi, in media, più “pacificati” e meno urticanti rispetto al passato – è paragonabile a quella delle opere di un Füssli, di un Munch, di un Bosch.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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