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Sangiovanni: “Sono un privilegiato, ma adesso sogno la normalità da cui fuggivo”

Sangiovanni ha parlato a Fanpage.it del suo ultimo album Cadere Volare, di fama, popolarità, polemiche e del ritorno ad Amici.
A cura di Francesco Raiola
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Ascoltando le 12 canzoni di "Cadere volare" si capisce il perché mai titolo (e copertina) fu più azzeccato. Sangiovanni, infatti, racconta con varie sfumature cosa voglia dire confrontarsi con la popolarità, la sensazione di volare data dalla possibilità di raggiungere tantissime persone con la propria musica e il proprio messaggio – passaggio fondamentale nell'idea artistica del cantautore – e la caduta che le responsabilità portano con sé. Sangiovanni scrive quasi da solo le parole di un album che cerca di trovare una strada pop, avvalendosi anche dell'aiuto di alcuni tra i produttori più in voga del momento. È un album che ha spunti interessanti – pur inciampando nella N-Word -, un target molto preciso, anche se Sangio spera di arrivare anche a un pubblico più adulto, come dice a Fanpage.it augurandosi che ci si approcci a lui senza pregiudizi.

Ascoltando "Cadere Volare" ho capito cosa intendevi quando, a Sanremo, ci dicesti che vorresti essere percepito "come un artista che non fa solo hit pop da radio, ma che è in grado di comunicare delle cose che possono fare bene alle persone". È un album molto personale e amaro, ma sembra sincero.

Ho sempre avuto questa cosa dentro di me, anche prima di Amici e prima di aver fatto tutto quello per cui le persone mi conoscono, al punto che molte volte mi sono detto che era il caso di pubblicare questi pezzi da qualche parte, tipo Soundcloud. Alla fine non l'ho mai fatto, ma ne ho scritti 12 nuovi che sono in questo disco, che parlano in maniera molto sincera di me, della mia vita, di quello che sono, perché quando ho iniziato a fare musica non pensavo di fare le hit pop e forse non ero neanche capace di farlo. Scrivevo di queste cose qua in maniera sincera, solo che forse ci sono state dinamiche che sono diventate più grandi di me e hanno fatto vedere alle persone solo una parte di quello che sono, ma con questo disco sono sicuro che si vedrà tutto il resto.

Sono dinamiche che racconti, per esempio, in Cortocircuito, nato subito dopo Amici, brano in cui c'è anche molta fragilità…

Sì, penso che la fragilità sia un grande punto di forza, raccontare le proprie fragilità anche in maniera non sempre leggera e felice può essere anche uno spunto per le persone, per rivedersi in qualcosa, per non sentirsi sole. Ci sono tanti momenti di questo disco che sia la mia generazione ma anche quelle adulte vivono in qualche modo ed è bello quando qualcosa anche di brutto si vive insieme. Questo disco ha questo scopo.

I testi sono quasi tutti a firma esclusivamente tua, mentre per la musica e la produzione hai chiesto una mano a vari produttori. Che idea perseguivi?

L'album è molto vario perché ho lavorato con diversi produttori, senza alcun tipo di pretesa, semplicemente organizzavamo un giorno una sessione con un produttore, io arrivavo con un determinato tipo di mood e lo seguivamo, infatti spesso le basi e le produzioni lo rispecchiano. Insomma, andavo in studio e le condividevo con i produttori che mi hanno permesso di esprimere la mia idea al meglio. Io non suono e non conosco gli accordi, ma sicuramente ho un'idea di produzione: "Che gente siamo", per esempio, è nata tutta da una mia idea di produzione, di varie reference che avevo, volevo mettere certi suoni, certi strumenti, quel drop e per tanti altri pezzi è stato uguale, in questo mi sono divertito.

In futuro pensi di studiare musica?

Sì, spero un giorno di essere proprio io in prima persona a suonare delle cose nel disco. Devo imparare, ma è un mio obiettivo, appena avrò il tempo mi concentrerò su quella cosa lì, perché voglio che diventi una priorità.

Le note no, ma la voce sì: vari molto anche col canto, cosa è cambiato rispetto a quando uscisti da Amici?

Ho lavorato tantissimo sulla voce in questi ultimi mesi col mio vocal coach, Paki, che voglio citare perché oltre a essere uno dei migliori vocal coach è anche una persona speciale. Ha inventato un vero e proprio metodo di vocal coaching, mi sono affidato a lui e mi ha permesso di lavorare sulla mia voce in maniera incredibile. Adesso ho la possibilità di cantare molte più cose in molti più modi e tutte le mie emozioni hanno voce, prima c'erano emozioni che con la voce non riuscivo a riprodurre, ma ora sta migliorando sempre di più, scopro nuove cose, ho voglia di sperimentarle. Penso, per esempio, a "Cielo dammi la luna" che qualche mese fa non sarei mai riuscito a cantare, invece lui mi ha permesso di fare un upgrade e anche questo è un bel lavoro perché ti dà tanti stimoli, obiettivi da raggiungere e ti permette di vedere come con tanto lavoro tu possa migliorare.

Prima citavi "Che gente siamo", come nasce?

Nasce una notte in un hotel, mi sono svegliato alle 5 di mattina con questo testo in mente, quelle cose le pensavo da un po'. Poi l'ho tenuto da parte perché sapevo che i miei pensieri non erano finiti, ho aspettato un po', ne ho accumulati altri e a due mesi dalla prima volta che l'ho cominciata a scrivere l'ho chiusa definitivamente in studio, aggiungendo parti nuove di testo e la produzione. Nasce da uno sfogo, una frustrazione.

Usi la parola ne*gro nel testo, immagino che potessi aspettarti il casino che si è creato in questi giorni, no?

Scatena il casino per le persone che non riescono a comprendere quello che voglio dire, la mia frase dice: "Se mai andrò in prigione è perché ho detto ne*ro in tele, mentre il politico razzista rappresenta il mio Paese". Voleva essere una frase populista, tipo che spesso siamo vittime di quello che succede, come se fosse colpa nostra mentre credo che il problema sia molto più in alto. Credo che stia anche a significare come effettivamente in Italia, al giorno d'oggi, non ci sia molta libertà d'espressione. Poi su questi temi è giusto che non ci sia una certa libertà, ci vuole sempre rispetto per le parole che si usano, ma a volte si guarda la cosa di un singolo individuo mentre la società intera è rappresentata da politici razzisti.

È chiaro che non c'era intento razzista, ma come dicevi si può dire tutto fino a un certo punto, basta non usarlo come alibi per poter dire veramente tutto anche in maniera offensiva…

Probabilmente mi associano a qualche altro esempio di persona che la usa perché non pensa sia un'offesa o comunque la usa in maniera frivola. Io non sono una di quelle persone che la usa, neanche nella vita privata, la sentivo usata tra i miei amici di colore, presa anche molto dagli americani. Poi ci sta che qualcuno possa offendersi, perché un conto è farlo tra amici, ma se arriva da qualcuno che lo fa con un tono offensivo è un altro discorso, però non si può fare di tutta l'erba un fascio perché si rischia, come dico nel pezzo, che non si possa dire più un cazzo.

Sei tornato ad Amici da vincitore, con Maria che si è detta orgogliosa di quello che hai fatto e quello che sei, e il pubblico che ti ha accolto con enorme calore…

Mi hanno lasciato senza parole, l'emozione era tanta, tornare su quel palco, dopo tutto questo tempo e quello che ho costruito, per presentare il mio nuovo album che non avevo ancora cantato da nessuna parte. Sono contento di essere amato e voluto bene da quelle persone, perché mi hanno compreso e capito, permettendomi di essere me stesso e di questo, al di là del successo e dei risultati, gliene sarò sempre grato, hanno fatto bene a me e all'interno sistema. Sono contento delle cose più intime, come l'orgoglio di Maria o il pubblico che si alza in piedi perché riconosce che in quel contesto ho fatto qualcosa di bello. Essere ricordato per qualcosa di positivo è già qualcosa nel mondo di oggi.

Racconti l'ansia che ti porti appresso in "Amica mia", hai creato un casino col taglio dei capelli, susciti polemiche, amore, affronti la popolarità… quanto è difficile essere Sangiovanni, oggi?

È complesso più di quanto le persone possano immaginare. Renato Zero dice una frase molto bella, ovvero che Renato Zero gli ha tolto un po' della sua vita e credo che in generale sia un po' così anche per me, Sangiovanni mi ha tolto un po' della mia vita, nel senso che non ho più la tranquillità e la semplicità di prima. La cosa assurda è che prima da quella cosa ci scappavo, dal vivere in maniera normale e semplice, ora invece ne ho bisogno: mi piacciono entrambe le situazioni e secondo me l'equilibrio giusto è mischiare le cose, vivere un po' da Giovanni Pietro e un po' da Sangiovanni, perché entrambe le vite hanno lati belli e brutti, come per tutti. Sicuramente faccio un lavoro per cui mi sento privilegiato, ma questo significa che anche noi, essendo umani, abbiamo i nostri problemi, poi figurati, facendo questo lavoro alcune cose sono amplificate e si sentono anche di più di quanto si dovrebbero sentire nella normalità.

Come vorresti che fosse percepito "Cadere Volare" all'esterno anche da chi non ti ascolta normalmente?

Mi piacerebbe che fosse percepito come un bel disco, sincero, come un disco che possa dare qualcosa alla musica italiana. Ultimamente sento spesso parlare dell'"entrare nel mondo dei grandi" e spero che questo disco mi permetta di farlo. Se non sarà questo disco, però, spero che piano piano io ce la possa fare, anche per un discorso mio di obiettivi e aspirazioni, perché, come disse Gianni Morandi a Sanremo: "Non prendiamoci in giro, tutti vogliamo vincere". Se non sarà questo disco sarà nel prossimo, mi interessa comunque fare il meglio possibile per le persone, riconosco che tanti hanno pregiudizi nei miei confronti, tante volte mi interrogo su quello che ho sbagliato io, se avessi potuto fare qualcosa diversamente, perché credo che le cose che dico possano aiutare delle persone, di qualsiasi generazione, e mi piacerebbe che le persone si aprissero a me e alla mia musica.

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