Roger Waters giganteggia su Roma (VIDEO)
Lui è il "tappeto musicale" dei Pink Floyd, il più creativo, il più esuberante. Il migliore? Riduttivo per gli altri, ma lui è Roger Waters e tanto basta. Ecco, allora, che la serata di ieri all'Olimpico, resterà come una delle migliori della vita di chi era presente a quella sconcertante armonia di suoni e proiezioni, un simbolismo sempre presente lungo tutto il concerto che, ad anni di distanza, dimostra ancora una volta il valore pioneristico ed innovativo dei Pink Floyd. Aerei che attraversano lo stadio, fuochi d'artificio, laser, pupazzi enormi, il maiale con il simbolo del dollaro, la falce e il martello, la Shell, la stella di David, poi immagini veloci e ossessive, tra i visi di Stalin, Mao, Bush.
Una band di 12 elementi, tra cui anche il figlio Harry alle tastiere, che ha presentato con maestria brani come Mother, Comfortably numb, Don't Leave me Now, In the flash, The Happiest Day of Our Lives, Empty Space, Good Bye Blue Sky, Good Bye Cruel Worlds. Non potevano mancare Another Brick in The Wall (part 1 & 2), Hey You, Is there anybody out there?, Stop e la chiusura con The Trial. Con questo concerto, Roger Waters ha dimostrato quanto The Wall fosse soprattutto roba sua. Alla soglia dei settant'anni ha dimostrato, di essere ancora in parte, di essere ancora nel vivo, di essere ancora presente. Un muro commovente, costante, presente e che, alla fine, crolla su se stesso.