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Rocco Hunt: “Sono ambizioso, vengo dalla fame e non ci voglio tornare”

Dopo un’estate da protagonista con “Caramello”, Rocco Hunt è tornato con “A vit senz’è te”: il suo racconto tra il Festival di Sanremo e il sogno a Salerno.
A cura di Vincenzo Nasto
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Rocco Hunt 2022, foto di Roberto Graziano Moro
Rocco Hunt 2022, foto di Roberto Graziano Moro

Rocco Hunt è diventato un ambasciatore italiano, una person of interest del mondo latino, un cantante in grado di travalicare confini pop come se fossimo nei primi anni 2000. L'ha fatto seguendo la sua strada, regalandosi dischi di platino in Italia, in Spagna e addirittura un disco di diamante in Francia. Quest'estate, la sua ennesima con una hit come "Caramello" con Lola Indigo ed Elettra Lamborghini, è stato anche il momento per ritornare alla musica live, con un tour nei club: "È stato un tour pieno di emozioni, anche perché credo che sia stato il mio primo e vero tour nei club. Prima suonavo sempre in giro e quindi non mi focalizzavo tanto sull’idea di tour". Nelle ultime settimane ha pubblicato "A vita senz'e te (me fa paura)", un ritorno al dialetto con quelle note malinconiche hanno contraddistinto la sua penna. Un futuro ancora da scrivere e quel sogno: ritornare nella sua città, a Salerno, per un grande concerto in una struttura, che attualmente, non esiste: "Il mio sogno, quando avrò meno impegni, è di fare qualcosa di significativo per la mia città. Dando magari anche l’opportunità ai ragazzi di esporsi, quella che non ho avuto io". Qui l'intervista a Rocco Hunt.

Come nasce il nuovo singolo "A vita senz'e te"?

Il nuovo singolo nasce dall’esigenza di ritornare al mio retaggio, dopo un’estate spensierata con "Caramello". Avevo voglia di tornare nella mia comfort zone, con una canzone in napoletano.

Facendo un passo indietro all’estate, com’è stato rivivere per l'ennesima volta il successo con "Caramello"?

È stata una bella estate, la coppia con Elettra Lamborghini e Lola Indigo, artista spagnola, ha portato a una canzone che è piaciuta a tutti, grandi e piccoli. Una canzone senza alcuna pretesa e proprio per questo, è piaciuta.

Siamo ormai alla terza estate, e non è ancora finita…

Sono tre estati che va avanti questo filone, e vorrei che continuasse così. Anche questo mi rappresenta, perché sono un ragazzo solare e questa musica mi dà soddisfazioni. Chiaramente li alterno a pezzi più introspettivi, due sfumature che formano la mia anima.

Senti di essere un artista in grado di rappresentare un metaforico ponte tra Italia e Spagna, legando le due culture latine?

In Spagna abbiamo cominciato un bel percorso, soprattutto con le due hit con Ana Mena che in Spagna hanno raccolto oltre 10 dischi di platino, ma anche il disco di diamante in Francia di "A un paso de la luna". Oltre ai numeri, però, è stato un percorso di crescita continuo, anche osservando il modo di vivere la musica lì.

Quali sono gli elementi connettivi tra i due paesi?

Ovviamente c’è una connessione, come la dominazione dei Borboni al Sud Italia. Hanno lasciato un imprinting, anche e soprattutto linguistico: ci sono parole tra il dialetto antico napoletano e lo spagnolo. E questo ponte mi ha permesso di lavorare con Ana Mena in Spagna, ma anche di essere accolto con tanto calore dalla gente lì. Amano gli artisti italiani, come Laura Pausini, Nek, Tiziano Ferro: una forte tradizione.

Poi siete arrivati artisti come te, Fred De Palma e altri.

Serviva uno switch, soprattutto con la musica urban, e fortunatamente sono stato accolto alla grande.

C'è qualcosa della cultura spagnola che integreresti in quella italiana?

L’Italia non ha niente da invidiare agli altri paesi. Basti pensare come viene presa d’esempio la musica italiana all’estero, ma non solo: il cinema, la cultura pop, è qualcosa di figo. In Spagna ci amano per questo: quindi ben venga la contaminazione culturale, senza dimenticare che abbiamo una tradizione culturale da tramandare.

Invece, ritornando all'Italia, come in "Stu cor m’apparten" e "Che me chiamm a fa", la scrittura in dialetto quasi si sussegue nella tua linea malinconica.

Le note malinconiche hanno contraddistinto la mia penna. Personalmente scrivo quando ho bisogno di sfogare, quando la penna ha bisogno di scorrere. Raramente scrivo quando sono felice. Faccio molta fatica a scrivere quando sono allegro, perché la musica per me è uno sfogo. Quest’ultimo singolo però ha dentro anche un tocco d’ironia.

E dopo due anni di assenza, quanto è stato importante il ritorno nei club?

È stato un tour pieno di emozioni, anche perché credo che sia stato il mio primo e vero tour nei club. Prima suonavo sempre in giro e quindi non mi focalizzavo tanto sull’idea di tour. Abbiamo avuto tante soddisfazioni, ma anche tanti grattacapi: fortunatamente con il mio staff e con la mia band siamo riusciti a risolvere tutto per il meglio. Avevamo bisogno di girare: dopo il doppio esordio a Napoli, abbiamo girato le città più importanti d’Italia e per me è stata una soddisfazione immensa.

La tua famiglia come ha vissuto la tua "partenza"?

Mia moglie e mio figlio sono venuti a quasi tutte le date, abbiamo vissuto questa esperienza insieme. Anche loro erano felici che io fossi tornato a girare, a fare quello che più amo: la musica dal vivo.

Musica dal vivo, ma anche televisione, radio: un lato imprenditoriale che è uscito fuori anche in molte chiacchierate su di te con altri artisti, come Clementino.

Io sono uno che riposa poco, anche quando dormo penso sempre alla musica. Sono una persona che non si è mai messa paletti o limiti, ho fatto veramente qualsiasi cosa nella mia carriera. Io mi sveglio la mattina e voglio avere un obiettivo, anche perché altrimenti avrei un’esistenza senza senso. Il mio futuro è dettato dalla forte ambizione che ho, ho raggiunto grandi obiettivi, ma io vengo dalla fame, dal niente e non ci voglio tornare.

Non può mancare, a 10 anni da "O' mar e o' sol", la classica domanda: quando arriva il joint album?

Se dovessi pensare a un album di coppia, la persona a cui penso è sicuramente Clementino: siamo stati sfortunati quando dovevamo farlo, abbiamo avuto complicazioni. In questo momento, lui è concentrato nelle sue cose e io ho un focus su determinati aspetti, è difficile conciliare le cose. L’abbiamo promesso ai fan ed è un sogno che vorrei avverare. D’accordo con Clemente, abbiamo deciso di farlo quando realmente ci sarà la possibilità di farlo al 100 per cento.

Anche perché ormai i featuring sono tanti.

Con lui ho già 10 canzoni, quindi un album è già uscito. Però no, sarebbe bello mettersi insieme e realizzare qualcosa.

E invece il Festival di Sanremo?

Sanremo è una cosa a cui penso spesso: è un palco che mi ha cambiato la vita. Sono stato il primo rapper a calcarlo con fortuna, basta vedere gli esempi prima di me. Sono andato lì con una canzone manifesto, una denuncia sociale. Quindi ogni anno penso a Sanremo, ma non tanto a partecipare.

Soprattutto dopo la vittoria nel 2014.

"Nu juorno buono" è andata bene perché non pensavo a Sanremo ma alla canzone, e quella è stata la sua giusta vetrina. L’ossessione di scrivere una canzone per Sanremo è frustrante, invece io voglio avere una canzone già costruita e adatta per quel contesto.

Prima la canzone e poi il contesto.

Sono stato lì con "Wake Up" che era una denuncia e non voglio andare a Sanremo per fare promozione a un’opera o a un album. Voglio che Sanremo sia significativo. Poi magari tra qualche anno, cambierò idea. Per adesso, ci sono stato in gara, come ospite, come autore, forse manca presentarlo.

L'idea ti stuzzica?

Eh, sì.

Tornando alla città, a Salerno: credi ci sia la possibilità di avere grandi eventi, festival?

Molti si chiedono perché io faccia a Napoli i miei concerti. A Salerno manca una struttura, un palazzetto. Quindi se devo spostarmi in provincia, magari più vicino alla Basilicata che alla città, preferisco spostarmi a Napoli, che è una città che accoglie molti miei fan. Salerno non ha una struttura e non dà opportunità, come 10 anni fa, quando io mi sentivo totalmente estraneo e dovevo cercare la mia realtà in altre città.

La storia non sembra essere cambiata.

Questa è una cosa che non mi fa abbattere e spero di poter fare qualcosa di significativo. Nella mia città non ho mai fatto pagare un concerto, come a Rione Zevi per il disco d’oro. Ma anche a Piazza Amendola dopo la vittoria del Festival di Sanremo.

Quale potrebbe essere la spinta maggiore, a questo punto?

Il mio sogno, quando avrò meno impegni, è di fare qualcosa di significativo per la mia città. Dando magari anche l’opportunità ai ragazzi di esporsi, quella che non ho avuto io.

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