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Rocco Hunt: “Mi chiesero di cambiare le parole in napoletano di Nu juorno buono. Oggi direi no”

Rocco Hunt ha raccontato a Fanpage il successo di Non litighiamo più, lo spettacolo L’ammore overo, l’Eurovision, Sanremo e quando gli chiesero di cambiare le parole di Nu juorno buono.
A cura di Francesco Raiola
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Il successo di "Non litighiamo più" ha colto di sorpresa anche Rocco Hunt che nel cassetto aveva un altro singolo da far uscire a ridosso dell'estate. Visto come è stato accolto il singolo, però, forse quella canzone resterà un altro po' nel cassetto. A Fanpage.it il rapper, che da anni è anche uno degli autori più prolifici del pop italiano, ha parlato ance dello spettacolo "L'ammore overo" per cui ha voluto al suo fianco come regista e direttore artistico Alessandro Siani, parlando ance della sua esperienza a Sanremo e ricordando quando gli chiesero di cambiare le parole di "Nu juorno buono" perché il napoletano era poco radiofonico.

Non litighiamo più segna un altro successo per te. Te l'aspettavi?

No, ma vedendo come è stato recepito dalle persone abbiamo deciso di allungarne la vita e ora ce lo stiamo godendo appieno, tant'è che non sappiamo più se il singolo che doveva seguirlo vedrà mai la luce.

Parli di una canzone con vari significati, ce li racconti?

Il significato alla base del testo di questa canzone è la positività, ma anche l'amore e un discorso di pace, soprattutto in questo momento in cui c'è la guerra qua vicino e i Paesi continuano ad armare altri Paesi: secondo me è anche sinonimo che l'umanità sta un po' fallendo.

Prima dicevi che la canzone ti è quasi esplosa in mano, non ti sei abituato a questa cosa?

No, non mi sono mai abituato al fatto che le canzoni esplodano, mi sono abituato alla tensione che ho prima di pubblicare una canzone: meglio non aspettarsela una cosa e godersi la sorpresa che magari avere grandi aspettative che poi vengono deluse.

E le nostre aspettative per lo spettacolo L'ammore overo quali devono essere?

L'ammore overo saranno due concerti-spettacolo, abbiamo apportato una grossa novità che è quella del direttore artistico e la regia, che è fatta da Alessandro Siani. Sono molto felice per questa collaborazione, perché venivo già da due concerti fatti al Palapartenope di Napoli, l'anno scorso, che erano principalmente musicali e arrivavano dopo due anni di pandemia. Tornando con lo stesso album, volevo dare uno spettacolo diverso.

Siani di cosa si occuperà?

Alessandro si occupa principalmente della regia e della direzione artistica, c'è un'attenzione enorme sullo spettacolo, nata dalla voglia di crescere e alzare l'asticella cercando di fare qualcosa che non avevo mai fatto prima.

Hai idea di lavorare ancora per il mercato latino?

No, non ho pensato a quel mercato, vengo da tre anni in cui abbiamo fatto sia le versioni italiane che spagnole delle mie canzoni ed è diventato un format che hanno replicato anche altri, e di cui mi sento anche l'innovatore. Con Non litighiamo più sono uscito da quella comfort zone che avevo creato in questi tre anni: sono Rocco Hunt anche senza la bella ragazza a fianco e senza il ritmo accattivante latino. Questa canzone mi ha dato tante soddisfazioni e una bella botta di autostima perché erano anni che non pubblicavo un singolo da solo ed era giusto accendere un faro su quello che sono io in questo momento.

Sono stati tempi di Eurovision, ti è mai capitato di pensare di voler essere lì?

Sì, ogni tanto ci ho pensato, essere all'Eurovision è un sogno. Peccato che per arrivarci devi realizzare un altro sogno, ovvero vincere Sanremo: quindi è un sogno che porta a un altro sogno e in questo momento la vedo come una cosa impossibile. Se dovessi tornare al festival il piano è quello di avere una bella canzone, un bel manifesto, che faccia sentire orgogliosi anche gli altri bambini che ho portato su quel palco, ovvero "Nu juorno buono" e "Wake Up" che erano canzoni di denuncia. Vorrei tornarci con qualcosa da dire.

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Visto il percorso che hai avuto in questi ultimi anni hai cambiato idea rispetto a quando eri sconfortato e quasi volevi mollare tutto?

Sì, devo dire che c'è stato un grande cambiamento, è cambiata la mia visione della musica e ho imparato anche a conoscere meglio me stesso, ciò che musicalmente parlando desideravo. Ho apprezzato il mio essere pop, ne ho tratto degli enormi benefici e una forte autostima, sono felice di ciò che ho creato. Cambiare idea è sempre un pregio, anzi, chi non lo fa è come se non avesse mai maturato esperienza.

Napoli vive un periodo importante, come scena, ti senti un fratello maggiore?

Io mi sento ancora giovanissimo, ma sono orgoglioso di vedere che alcune persone che ora stanno spaccando hanno preso me come riferimento, mi vedono come il precursore di alcune cose, magari di aver creduto nella lingua napoletana in un momento molto difficile, quando c'erano tanti pregiudizi. Io firmai con Sony e andai a Sanremo con un brano rap col testo in napoletano, potenzialmente potevo essere  al centro di qualcuno pregiudizio, sia per la lingua che per il genere. Siamo stati testardi a crederci e sono felice di vedere ragazzi che sono fenomeni andare fortissimo e che non devono scendere a quei compromessi e fare scelte che bisognava fare anni fa per emergere in un contesto nazionale con la propria identità. Adesso le cose sono cambiate, la lingua napoletana è cool, la Campania è cool, è tutto figo forse anche grazie ai sacrifici che abbiamo fatto negli anni scorsi e se dovessero tornare di nuovo a chiedermi di cambiare parole di Nu juorno buono per farla passare in radio perché deve essere più comprensibile adesso avrei la cazzimma di dire no.

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